«La scuola senza impegno è l’anticamera della povertà»

da Corriere della sera

Marzio Breda

«Investire nella scuola è la scelta più produttiva sia per le istituzioni sia per le famiglie. Accresce il capitale sociale del Paese. Rinunciare alla formazione, o vivere la scuola senza impegno, è spesso l’anticamera dell’emarginazione, della povertà, talvolta dell’illegalità».

Ha il tono di un memorandum al governo, il discorso di Sergio Mattarella all’Aquila, per inaugurare l’anno scolastico. Infatti, non si preoccupa solo di segnalare che il sistema educativo è in affanno, ma lancia un allarme e un’esortazione. «La mobilità sociale oggi è arenata: la scuola può farla ripartire, arrecando giustizia e sviluppo». Rischiamo, insomma, una generazione perduta, e per neutralizzare questo pericolo bisogna reagire subito con un grande piano d’interventi.

Certo, il presidente sa che non sarà facile trovare nei bilanci dello Stato le risorse necessarie. Ma — è il suo sottinteso — uno sforzo vale la pena di farlo, perché la scuola per tutti, oltre ad essere «una grande conquista democratica, è levatrice di libertà». Di più: il «carattere universale e la visione unitaria dell’impegno educativo costituiscono gli anticorpi dell’omologazione e della prepotenza». Ed è «per questo che non possiamo rassegnarci a discriminazioni che derivano da diversità di ceti sociali o da svantaggiate condizioni economiche». Insomma: «La scuola è una speranza, sempre e ovunque. Rappresenta la finestra di opportunità per il futuro di ciascun giovane. Compito della Repubblica è garantirla costantemente. Dobbiamo renderla più forte ed efficace».

Ecco il punto nel quale l’appello politico si somma con la pedagogia istituzionale. Mattarella incrocia i due piani elogiando «meriti e qualità dei nostri studenti» e l’impegno degli insegnanti, che «non sempre ricevono dalla società e dalle istituzioni il riconoscimento che è loro dovuto». E aggiunge, in una diagnosi che ha molto a che fare con il tempo presente: «La scuola e la famiglia devono parlarsi, incontrarsi, collaborare tra loro. Perché una società aggressiva, attraversata dal risentimento, orientata a esaltare l’interesse individuale a scapito della comunità, rischia di accentuare le fratture tra insegnanti e genitori».

Una prova di questo scenario conflittuale, di cui «fanno le spese soprattutto i ragazzi», la offrono troppe cronache e si ha «quando i loro genitori, per prenderne in qualunque caso le parti, arrivano a screditare o addirittura a insolentire gli insegnanti».

Episodi che rientrano fra le patologie di cui soffre il Paese, denuncia il capo dello Stato. Mentre invece «la nostra società ha bisogno di ascolto, di dialogo, di rispetto degli altri, di maggiore fiducia… e la fiducia comincia dalla scuola».

La stessa fiducia, rammenta Mattarella, di «quel ragazzino di 14 anni, che veniva dal Mali, che aveva attraversato il deserto ed è annegato in un naufragio nel Mediterraneo. Quando ne hanno ritrovato il corpo si è scoperto che aveva cucito nel vestito la sua pagella. La proteggeva come la sua carta d’identità e la sua speranza».