Un percorso (possibile) su Cittadinanza e Costituzione

Un percorso (possibile) su Cittadinanza e Costituzione

di Pier Gavino Sechi

Non s’insegna affatto agli uomini ad essere onest’uomini,
si insegna loro  tutto il resto. (B. Pascal)

Premessa.

A conclusione del primo quinquennio del Liceo Sportivo, che ha coinciso, come noto, con l’introduzione della riforma dell’esame di Stato e con un ruolo di rilievo assegnato alle tematiche di Cittadinanza e Costituzione e a pochi giorni dall’ inizio del nuovo anno scolastico, si può fare una prima serie di osservazioni, se non proprio un bilancio, su come gli allievi si sono preparati per  questa novità, ed in particolare per quella del colloquio in cui bisogna dimostrare il possesso delle competenze di Cittadinanza.

Il presente contributo cercherà, a tal fine, di dare conto del taglio dato, in una classe quinta del liceo scientifico sportivo presso il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Cagliari, ai diversi contenuti richiamati dalla formula Cittadinanza e Costituzione, secondo il punto di vista dell’insegnante di diritto, data quantomeno l’assonanza tra quella formula e i contenuti curriculari della propria materia di insegnamento.

Così, pur nella pluralità di percorsi possibili, dando risalto al termine Cittadinanza presente nella formula, si è deciso di assumere come fulcro le cosiddette life-skills.

Si è partiti dalla seguente loro formulazione risalente al 2006, per il vantaggio che offre, rispetto a quella della Raccomandazione UE del 2018, di mettere in correlazione le competenze con le discipline didattiche, fotografando più nitidamente, ad avviso di chi scrive, la situazione attuale dei programmi di insegnamento:

  1. Comunicazione nella madrelingua.
  2. Comunicazione nelle lingue straniere.
  3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia.
  4. Competenza digitale.
  5. Imparare ad imparare.
  6. Competenze sociali e civiche.
  7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità
  8. Consapevolezza ed espressione culturale.

Poiché alcune competenze coincidono con gli obiettivi specifici di talune materie ma altre ne prescindono, come l’imparare ad imparare che abbiamo inteso collegato al problem solving, per cui la sua trattazione richiede quella santa alleanza tra ambiti disciplinari auspicata da Edgar Morin nella sua opera La testa ben fatta, 2000, abbiamo scelto di metterlo alla base del nostro lavoro, in vista, appunto, del nuovo esame di stato.

I contenuti trattati nel corso dell’anno scolastico vengono di seguito esposti come un unico filo logico che attraversa le singole discipline nell’intento di tracciare un percorso che possa unificarle al fine di dotare gli alunni dell’ormai classica valigetta degli attrezzi con cui affrontare da cittadini consapevoli i problemi del domani.

FILOSOFIA

L’uomo deve apprendere (costantemente?) che bisogna comportarsi con rettitudine, a causa della sua debolezza originaria rispetto alle altre specie viventi, accresciuta in seguito dall’eliocentrismo, dal darwinismo, dalle teorie di Freud (per cui l’uomo non può nemmeno più dirsi padrone…in casa propria) e da ultimo dall’”artificialità” della sostituzione dei risultati della tecnica alla natura.

Di fronte a tutto ciò, per progettare l’agire, può essere utile individuare tre livelli di azione frutto del pensiero medievale: quello personale, quello sociale e quello planetario.

BIOLOGIA

A tale condizione di debolezza la specie umana ha reagito producendo quello che Rita Levi Montalcini ha chiamato “errore evolutivo”, dato dal formarsi nell’uomo di un cervello più giovane innestato in quello più antico, sede degli impulsi rettiliani. Si tratta di “due cervelli” non ancora ben coordinati fra loro, con effetti legati alla lotta tra razionalità e irrazionalità. Le acquisizioni delle neuroscienze sulla conformazione del cervello della millennial generation sono utili, in particolare, per capire l’adeguatezza e la necessità di cambiamento delle condizioni in cui avviene il dialogo educativo a scuola

DIRITTO

Poiché altra forma di reazione alla debolezza è stata l’istituzionalizzazione dei rapporti sociali, si è elaborato un regolamento all’interno del gruppo classe, volto a disciplinare i comportamenti di ciascuno in vista del perseguimento di un obiettivo che, secondo l’approccio win-win, giovi simultaneamente al singolo e al gruppo come il benessere e il coinvolgimento di tutti. Ciò permette di trattare attivamente il tema delle regole dell’interpretazione, con cenni all’ermeneutica e alle fallacie logiche.

MATEMATICA

La costruzione della società è vista come l’applicazione della teoria dei giochi con riferimento alla categoria dei “giochi” a somma diversa da zero in contrapposizione di quella dei giochi a somma zero (win-lose).

ITALIANO

Il gioco in cui, pur senza rendercene conto siamo costantemente impegnati è quello della comunicazione umana. Si tratta, a ben vedere, di un gioco la cui competenza si da per scontata tanto che poche sono le occasioni per un insegnamento-apprendimento effettivo anche solo a partire dai suoi assiomi e dai suoi effetti pragmatici, in quanto la comunicazione è innanzitutto comportamento, secondo gli insegnamenti tratti dal filone di opere della cosiddetta scuola di Palo Alto (fondata in USA nel 1959)  guidata da Gregory Bateson. Ciò che si pratica invece è una pura “trasmissione” di informazioni e, a scuola, di saperi, secondo l’approccio depositario secondo cui il maestro avrebbe il compito di riempire i vasi, di diversa capacità, costituiti dai propri allievi. Interessante in tal senso il testo di Daniele Novara  L’ascolto si impara. Domande legittime per una pedagogia dell’ascolto, 1997.

DIRITTO

Un collegamento tra la competenza del comunicare a livello personale e  quella da impiegare in chiave sociale, è costituita dai temi della presa delle decisioni, dei rapporti tra maggioranza (nelle sue diverse forme: semplice, assoluta e qualificata) e minoranza con un ritorno, opportuno, al piano individuale grazie alla trattazione sia della concezione non monolitica del potere di G. Sharp, e dell’assertività (alla base della cittadinanza attiva) intesa come il possesso di competenze connesse al saper chiedere, al saper opporre un rifiuto, al saper formulare e  ricevere una critica. Tutte sottocompetenze su cui è possibile effettuare in sede laboratoriale un’osservazione, stabilire un percorso di miglioramento e osservarne gli esiti in un arco temporale dato. Tale tema lo abbiamo visto legato a quelli del carisma e della reputazione considerate fondamentali sul piano economico. Il saper chiedere può essere inteso come saper esercitare i propri diritti e dunque saper soddisfare le proprie legittime aspettative. Così come il saper dire di no può essere inteso come sapersi opporre a richieste illegittime sino alle diverse forme di resistenza. Dal canto loro, infine, il saper fare le critiche vuol dire anche saper manifestare la propria opinione, esercitare il potere di critica, e il saper ricevere le critiche può senz’altro corrispondere al saper cogliere i feedback nella lettura dei contesti sociali e presupposto per il problem posing e il problem solving a livello sociale.

A partire dai giochi a somma diversa da zero, l’assertivo viene identificato come chi, pur partendo da una posizione di accerchiamento da parte di altre “posizioni esistenziali” (il prevaricatore e il remissivo, in primis, ma anche il distruttivo, nella misura in cui non rappresenta una fonte di risorse su cui poter contare) è in grado di stabilire una strategia cooperativa grazie all’esercizio del “dilemma del prigioniero” per come descritto nel testo Enrico Euli, Antonello Soriga, Pier Gavino Sechi e Stefano Puddu Crespellani, Percorsi di formazione alla nonviolenza, 1992.

MATEMATICA

A tale “gioco”, Robert Axelrod ha dedicato il fondamentale testo Giochi di reciprocità, 1984, che indica come strategia vincente quella Tit for Tat, “colpo su colpo”, che ha il pregio di basare la sua efficacia non tanto su considerazioni morali, quanto su “conti alla mano”.

FILOSOFIA

Ciò permette di ridefinire in chiave positiva l’egoismo secondo le indicazioni del testo di Vittorio Hösle, Filosofia della crisi ecologica, 1997. La suddetta strategia colpo su colpo viene praticata nel contesto di una serie di presupposti morali, che, come per il detto “occhio per occhio…”, cercano di garantire la proporzione della reazione rispetto al torto subito. Essi sono fondamentalmente tre: 1)-cooperare sempre fino a che non si subisce l’azione opportunistica; 2)-reagire ma entro la stessa misura nei confronti dell’opportunista (qualcosa di non dissimile dal concetto di difesa legittima); 3)-riprendere a cooperare con l’opportunista sino a che eventualmente non se ne subisca nuovamente la prevaricazione: l’obbligo morale insito in ciò consiste nel divieto della cosiddetta vendetta irreversibile e smisurata (cosiddetta defezione ad oltranza). Ci si può (deve) difendere, dunque, senza cessare di essere cooperativi, poichè la “cooperazione ad oltranza”, per quanto significativa a livello di morale individuale, lascia campo libero alle strategie distruttive. In altri termini l’imperativo categorico non è solo quello di essere cooperativi, ma anche quello di fare in modo che la relativa strategia sappia conservarsi e (persino) diffondersi.

BIOLOGIA

Rispetto a questo secondo obiettivo, però, viene in evidenza la problematicità del rapporto tra livello sociale (quello mediano accennato all’inizio) e livello planetario, nella misura in cui dallo stesso dilemma del prigioniero ricaviamo la necessità che, perché si affermi la cooperazione, è necessaria la presenza in misura sufficiente del fattore tempo. Elemento questo invece assai ridotto, per stare alle attuali condizioni del nostro pianeta. Da questo punto di vista un approfondimento sulla necessità di superare gli attuali  modelli di produzione e consumo non può trascurare le opere di un autore come Jeremy Rifkin.

ECONOMIA

Tale consapevolezza sostiene un diverso approccio rispetto alla realtà, poiché spinge a focalizzare un aspetto della Cittadinanza che è rappresentato dalla propria versione attiva, al fine di riprogettare l’uso delle risorse proprie e del contesto secondo la metafora della macchina del tempo o dell’astronave usata dagli scienziati per richiamare l’attenzione sulla finitezza delle risorse e sul decadimento delle condizioni di vita (entropia secondo gli insegnamenti di Georgescu-Roegen)

ARTE ED ESPRESSIONE CULTURALE

A partire dalle immagini ambivalenti sino ad esercizi proposti dalla Gestalt per poi proseguire anche con semplici esercizi di logica è possibile operare un collegamento col problem solving e col pensiero laterale con un cenno all’importante fenomeno della serendipità dato il suo ruolo anche in campo scientifico.

Il problem solving viene assunto come l’elemento fondante dell’approccio critico in grado di cogliere l’ambivalenza sempre presente negli accadimenti i quali devono essere sempre spiegati col ricorso non solo alla logica lineare ma pure, secondo l’indicazione della legge economica della parsimonia, alla logica circolare specie per spiegare il comportamento umano e gli effetti della comunicazione (cosiddetta, come detto, pragmatica).

FILOSOFIA

Tenere tale tipo di approccio implica resilienza secondo i suggerimenti forniti dal testo di Martin Seligman, Imparare l’ottimismo, 2010, che propone la saldatura con il filone che va dalla maieutica di Socrate, sino, attraverso i contributi di Carl Rogers, alle proposte della maieutica reciproca di Danilo Dolci. Ad esse si connettono personali contributi utili per mantenere “in esercizio” il senso critico, educando gli alunni   a ricercare le cause di ciò che loro accade in fattori sui quali possano esercitare una effettiva influenza (dal mondo sportivo si possono prendere le metafore del coaching e dello sparring partner…).

STORIA E LETTERATURA

Una scelta in tal senso può permettere il collegamento ad una materia, come la storia, dalla quale mutuare esempi di soluzioni a problemi e difficoltà per analizzare le ragioni dei successi o delle sconfitte di personaggi storici. Non molto diversamente dalla letteratura in cui i personaggi delle opere possono prestarsi ad essere analizzati dal punto di vista delle soluzioni e delle strategie che adoperano per affrontare le proprie difficoltà esistenziali. A proposito invece delle strategie per i cambiamenti “messianici” vale la pena fare un riferimento ai testi di Serge Latouche e di Cornelius Castoriadis quest’ultimo assai critico nei riguardi dei grandi ma terribili tentativi storici di operare trasformazioni secondo paradigmi meccanicistici e rigidi, rei, aggiungiamo noi, come tipicamente tentato dai dittatori, di applicare forzosamente ai contesti sociali analisi e regole tipiche dei contesti personali. Ritorna così il riferimento a Vittorio Hösle sull’uso, ma in questo caso distorto, dell’egoismo. Per quanto concerne la storia il suggerimento iniziale potrebbe essere quello di trarre spunto dall’opera di Ervin Laszlo, Evoluzione, 1986 per un approccio al fenomeno storico che incrocia i parametri sia della sostenibilità ambientale che delle forme di energia che hanno alimentato e determinato il succedersi delle diverse civiltà.

In chiusura va sottolineato come sia indispensabile perché quello appena descritto o gli innumerevoli altri percorsi possibili siano efficaci, che i docenti del consiglio di classe condividano a loro volta uno spirito cooperativo, sappiano operare in team e sappiano prendere decisioni appropriate man mano che si sviluppa il percorso. In una parola siano a loro volta “esperti” nell’uso delle competenze che si ratta di mostrare agli alunni. Perché, a ben vedere, non c’è nulla di davvero decisivo per “sabotare” un percorso sulla carta pure estremamente interessante che questo: pretendere che i nostri allievi pensino, operino e maturino ciò che noi stessi per primi non conosciamo. Ma ciò richiederebbe una riflessione sui temi dell’aggiornamento in servizio  sia sulle competenze organizzative (che non sono altro che competenze di cittadinanza di cui dotare, stavolta i docenti), indispensabili nella conduzione delle fasi di lavoro in cui condividere decisioni programmatiche, sia su quelle didattiche, con una conoscenza, almeno per grandi linee, delle principali teorie che in campo psicologico e didattico non devono mancare nella valigia di un insegnante che si concepisce come professionista autoriflessivo, secondo le indicazioni di Donald Schön. Perché in fondo, il docente, agli occhi degli alunni,  non è altro che un modello di scelta, tra quelle anche per loro   possibili.

Di qui il fascino e al contempo la (dolce) responsabilità che rende unico il nostro lavoro.