Nel piano per la scuola più soldi in busta paga ma via il bonus ai prof

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA — Ha cambiato già tutto, Lorenzo Fioramonti, al ministero dell’istruzione. Gabinetto, segreteria, comunicazione, cerimoniale. Volti nuovi, anche se non c’è stato il tempo di cambiare le targhe alle porte. Le figure ammassate al secondo piano di Viale Trastevere da Marco Bussetti (ex), stipate in regime di collaborazione diretta e fiduciaria, sono andate a casa: «Tabula rasa e si riparte senza zavorre», ama dire ai suoi, e così ha detto a chi ha mandato a casa, Fioramonti.

La “tabula rasa” riguarderà, innanzitutto, il bonus per i docenti, il voucher da 500 euro che i migliori insegnanti — indicati dal dirigente scolastico su indicazione (spesso virtuale) della comunità scolastica — possono spendere in prodotti culturali. Come ogni indicatore di merito, il “bonus” non è gradito a due terzi degli insegnanti italiani (sondaggio del sindacato Gilda) e ha conosciuto nel tempo due significative storture: in diversi istituti il premio viene spalmato, abbassandone il valore, su tutti i docenti. E in diversi casi viene speso per smartphone ed elettrodomestici, non proprio prodotti culturali in senso stretto. Il neoministro ha già detto che vuole girare la quota premiale in stipendio fisso, ma l’importo dedicato a quella voce nel 2018-2019 è pari a 148 milioni: con questo volume si può solo garantire un aumento medio di 12 euro mensili lordi. Serviranno altre risorse pubbliche per arrivare ai 100 euro in più promessi in busta paga.

Con le persone, al ministero dell’Istruzione, è cambiato il metodo di lavoro. Ieri sera Fioramonti ha affrontato le urgenze — al Miur ci sono sempre urgenze — fino a tarda ora con la viceministra Ascani (Pd), i due sottosegretari Azzolina (M5S) e De Cristofarlo (Leu), gli staff attorno. Tra due giovedì si deve portare in Consiglio dei ministri un nuovo decreto Salvaprecari: si era arenato con il precedente governo per l’opposizione dei grillini (Azzolina, da deputata, in testa), poi la crisi aveva destinato quel “salvo intese” al nulla. Fioramonti ora dice: «I precari della Terza fascia tengono in piedi la scuola». Oggi, però, sono destinati a una precarietà eterna, visto che non hanno abilitazione all’insegnamento e non possono partecipare a concorsi. Il decreto, comunque, riparte: cambierà nome e avrà — rispetto al precedente — selezione e formazione. «Dobbiamo sapere chi sono questi supplenti che ambiscono al ruolo», dicono i collaboratori del ministro.

Il piano di Bussetti era: 55mila precari di Terza fascia con tre anni di insegnamento su otto stagioni saranno avviati a un Percorso speciale lungo un anno in un’università italiana. Al termine passeranno in seconda fascia e avranno accesso ai concorsi per una cattedra. Tutto questo sarà rivisto. Si sta ragionando sull’introduzione di una selezione da organizzare durante il Pas per comprendere il livello di preparazione dei docenti. Il decreto cassato prevedeva, ancora, che metà degli stessi “Terza fascia” avrebbero potuto partecipare al concorsone ordinario per le medie e superiori — 48.536 posti — da bandire in autunno. La nuova discussione rimette in gioco sia le modalità che i numeri di accesso. Di una cosa ministro e vice sono certi: «Il bando straordinario deve partire entro novembre».

Simone Dundam, portavoce dei precari di Terza fascia: «L’unica selezione che accettiamo è quella sui titoli che possediamo e sui servizi che abbiamo fatto a scuola».

L’ultima novità in progetto è quella della mobilità volontaria su cattedra vacante, anche fuori dalla propria regione. «Piuttosto che precari in una regione senza posti», ha spiegato Fioramonti, «ai docenti sarà data la possibilità di trasferirsi in un’altra regione che ha disponibilità per entrare in ruolo. In un anno dimezzeremo il precariato». Archiviata la stagione dell’autonomia differenziata, il ministro dice infine: «Per attrarre docenti le Regioni con un più alto costo del lavoro potranno introdurre benefici per l’affitto e l’acquisto dell’auto ».