La scuola che funziona

da la Repubblica

Ilaria Venturi

Chi toglie i banchi dalle aule, chi gli zaini dalle spalle. Chi insegna, anche se piove, all’aria aperta, chi fa fare agli alunni almeno 20 minuti di movimento in classe ogni mattina. Poi c’è chi apre in agosto e chi insegna all’americana: ci sono l’aula d’inglese e quella di matematica, sono i ragazzi a ruotare. Scuole virtuose, innovative. Quelle che si organizzano dal basso, sperimentano senza clamore e nonostante tutto: scarse risorse, precariato in aumento, burocrazia che soffoca la creatività. Queste scuole osano, grazie a prof e presidi che si mettono in gioco e in rete proponendo modelli da copiare. Insomma: contagiano. Solo 5 anni fa 22 istituti hanno promosso il movimento “Avanguardie educative”. Indire, l’istituto di ricerca e innovazione, li ha connessi, ora sono 900.

Sono didattiche alternative che stravolgono la lezione frontale, ovvero l’insegnante in cattedra che spiega, gli studenti che ascoltano o rispondono. I più partono dall’esperienza per arrivare alla teoria. Tutti mettono al centro gli studenti e l’inclusione dei più fragili, migranti e disabili, e per farlo ripensano spazi, materiali, orari. Alle medie Mattarella di Modena ci sono laboratori-zattera che si spostano. Al tecnico-economico De Fazio di Lamezia Terme si va oltre le discipline: i ragazzi imparano le funzioni di primo grado o la partita doppia a partire dalla storia d’amore di Sara e Marco, inventata dagli insegnanti. «Si parte dal caso concreto, come la coppia che deve accendere un mutuo. Il contesto reale è un pretesto perché i ragazzi arrivino alle competenze necessarie per muoversi nel mondo», spiega Elisabetta Mughini di Indire. «Sono iniziative spontanee che nascono da chi crede nell’educazione e non si fa ingabbiare dalla normativa».

La rete delle “Scuole all’aperto” è la più giovane, conta 26 istituti. Poi ci sono le “Scuole in movimento”, quelle “Dada” che puntano sugli ambienti di apprendimento, la rete “We debate” che allena al confronto critico, nata in Lombardia da sei istituti guidati dal Tosi di Busto Arsizio. Il Majorana di Brindisi è capofila di “Book in progress”: via i libri di testo, si usano materiali alternativi. Didattica «motivante» la chiama Alessandra Rucci, preside dell’istituto marchigiano Savoia Benincasa dove ci sono aule anche senza banchi: «Ribaltare il modo d’insegnare è un lavoro faticoso, che richiede coinvolgimento e che il turnover e le supplenze mettono in difficoltà. Ma pensiamo di essere sulla strada giusta».

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Didattica Tavoli comuni e bimbi in classe senza zaino A Genova c’è un semaforo al posto dei voti

La clessidra segna il tempo, al centro dei tavoli quadrati. E i quaderni sono piccoli: «Perché un bambino piccolo, davanti a un quaderno grande, si perde», dice la maestra Cinzia Pennati, storica docente dell’elem

Sport Nelle Marche venti minuti di moto al giorno Qui anche le tabelline s’imparano saltando

Le tabelline? S’imparano saltando. Ed è quasi un gioco sillabare la parola «di-va-no»: lo si fa a passo ritmato. Insomma ci si muove in classe, venti minuti ogni giorno. Anche così le maestre insegnano italiano, matematica, storia. Senza togliere nulla all’ora di educazione fisica, che, anzi, in quarta e quinta elementare raddoppia, grazie a un tutor che affianca l’insegnante. Gli alunni della primaria Matteo Ricci di Polverigi, in provincia di Ancona, ma anche quelli dell’istituto comprensivo Cittadella e di altre 2.295 classi, non stanno mai fermi. È il progetto “Scuole in movimento” promosso dalla Regione Marche, che ci mette 1,2 milioni, con il Coni, il Centro sportivo italiano e il Comitato paralimpico. L’innovazione coinvolge 46mila alunni e ha già formato 400 maestre. «Così sposiamo l’antica sapienza di mens sana in corpore sano », spiega la preside Alessandra Bertini. «Un conto è veicolare un contenuto astratto, altro è viverlo nella dimensione della corporeità. E poi così si fa inclusione, perché tutti gli alunni sono coinvolti, e si combatte il male della troppa sedentarietà dei nostri bambini che stanno sempre di più a casa davanti ai videogiochi, una delle criticità della nostra società alla quale la scuola deve dare risposta».

– il.ve.

Anticipo Bologna, tutti sui banchi a fine agosto per iniziare le superiori con il piede giusto

«Proprio una mia idea non è stata». Però poi, ammette Caterina, 14 anni, non è «che a casa avrei fatto chissà cosa, diciamo che avrei buttato un occhio al telefonino».

La classe sorride: «Non solo un occhio…». All’istituto tecnico e professionale Tanari-Manfredi di Bologna, quest’anno le lezioni sono cominciate il 26 agosto. Su base volontaria, studenti e professori, ma il modello piace.

«Sarebbe da esportare a livello nazionale, le scuole devono rimanere aperte di più investendo sui professori», sostiene Giovanni Mascaro, il docente che accoglie i ragazzi tre settimane prima dell’avvio dell’anno scolastico. La sperimentazione si è diffusa quest’anno in sei istituti tecnici e licei, anche al classico Minghetti che ha avuto 70 domande per 50 posti. In tutto sono 240 i ragazzi coinvolti, in maggioranza “primini” al debutto alle superiori.

«Questo anticipo li aiuta a conoscere la scuola, a sentirsi a loro agio, a prendere confidenza con le materie e i professori e ad evitare lo stress da primo giorno per chi arriva dalle medie», spiegano presidi e professori. Alla mattina si ripassano le materie di base: italiano, matematica e inglese. Al pomeriggio vengono proposte attività sportive e laboratori di teatro, arte e musica. E alla fine i ragazzi non hanno dubbi: «Ti rendi conto che la scuola è bella». – il. ve.

Legame con la città A Firenze l’elementare con l’erba sui tetti e la biblioteca è aperta fino a mezzanotte

La prima campanella suona alle 8, l’ultima a mezzanotte. A Firenze esiste una scuola che non dorme mai. Finito il momento delle lezioni, tra laboratori di musica, passeggiate nello spazio con il visore 3D, cura delle piante nella serra biodinamica e corsi per “stampare” i biscotti, inizia il secondo tempo. Quello destinato a tutto il quartiere.

«Ogni sera le porte della biblioteca si aprono alla città, così come quelle della ludoteca e della palestra, dove le varie associazioni organizzano tornei di basket e pallavolo — spiega Sara Funaro, assessora all’Educazione — Poi l’anfiteatro e l’auditorium con schermo gigante da trasformare in cinema nelle notti d’estate».

La Dino Compagni se la ricordano tutti come la scuola media dell’amianto, un mostro grigio costruito negli anni ‘60.

Ora, dopo esser stata demolita e ricostruita in soli 250 giorni, è pronta per una nuova vita. «Con un investimento di 12 milioni abbiamo voluto costruire una scuola “green”, innovativa per l’architettura e per la didattica — precisa Funaro — La struttura accoglie 672 studenti con 24 classi e 11 laboratori. Ci sono pannelli solari, erba sui tetti, sistemi di controllo della temperatura e una vasca di raccolta dell’acqua piovana».

– Valeria Strambi

Architettura Acustica anti-urla, emeroteca e area relax Le medie di Torino che guardano al futuro

Due scuole portate nel futuro della didattica con il progetto “Torino fa scuola”. Alle Fermi ora non sono più i professori a raggiungere la classe, ma sono i ragazzi a spostarsi nelle aule in base alle materie, mentre il piano terreno ospita un bar accessibile al quartiere Lingotto. Alla Pascoli invece ci sono una biblioteca diffusa in ogni piano della scuola, una sala relax con poltrone e tappeti, ma anche un’emeroteca aperta ai torinesi e un terrazzo dove studenti e prof potranno trascorrere i momenti di pausa. E gli architetti che hanno progettato la ristrutturazione hanno creato aule con un’acustica studiata per evitare a tutti, studenti e docenti, di urlare troppo. I lavori che hanno rivoluzionato due scuole di Torino sono durati un anno e il 9 settembre la sindaca Appendino le ha inaugurate con i presidenti della fondazione Agnelli, John Elkann, e della Compagnia di San Paolo, Francesco Profumo. Sono loro ad aver messo i fondi, 11 milioni, per le ristrutturazioni pensate con allievi, docenti e famiglie: «Abbiamo sperimentato un inedito metodo di lavoro fra pubblico e privato», spiega Elkann. «Facciamo da apripista e metteremo la nostra esperienza a disposizione – racconta Profumo – Con Cassa depositi e prestiti possiamo lanciare un fondo per l’edilizia scolastica in tutta Italia».

– Jacopo Ricca

Dispersione La preside di Palermo che col porta a porta ha quasi azzerato l’abbandono a Brancaccio

Tiene la scuola sempre aperta, non ha orari di ricevimento, ferma mamme e nonne alla fermata dell’autobus e coinvolge tutto il territorio al momento delle iscrizioni. Così Antonella Di Bartolo, preside dell’istituto comprensivo Sperone-Pertini di Brancaccio, periferia di Palermo, ha sconfitto la dispersione scolastica. Sei anni fa superava il 30 per cento, adesso è appena al 3. E la scuola che rischiava di chiudere perché non aveva un numero di alunni sufficiente oggi è a quota 1.200 iscritti. Gli alunni tutti i pomeriggi, ma anche il sabato, trovano le porte aperte per praticare sport o seguire laboratori di ogni tipo. «Ci abbiamo creduto tutti insieme — dice Di Bartolo — con i professori e i collaboratori scolastici siamo una squadra. E siamo convinti che la chiave giusta sia dialogare con il territorio e con le famiglie.

Fare sentire le mamme e i papà con i loro figli protagonisti della scuola». La prossima battaglia sarà realizzare un asilo nido in quella che era la piazza dello spaccio. «Siamo riusciti ad avviare 12 classi dell’infanzia che non esistevano — dice la preside — adesso bisogna regalare a Brancaccio il suo asilo nido per i piccoli e per le loro mamme.

Anche questa è una strada per prevenire la dispersione scolastica».

– Claudia Brunetto

entare Daneo, nel centro storico di Genova. Tre anni fa ha preso il via il progetto “Scuola senza zaino”, che elimina la didattica frontale e utilizza solo materiali condivisi; lo zaino non c’è perché tutto quel che serve è già a scuola. Oggi in 8 classi su 13 si fa lezione così. Al posto dei banchi tre tavoli quadrati per una ventina di allievi. E si lavora a rotazione con la maestra. «Siedo a uno dei tavoli a parlare di un nuovo argomento — spiega Pennati — mentre negli altri i bimbi fanno lavori collettivi.

Chi finisce può spostarsi nei laboratori di lingue e matematica, esercitandosi da solo con materiali preparati. O leggere un libro nello spazio morbido dell’Agorà. Finché tutta la sabbia non è scesa nelle clessidre, non bisogna disturbare il maestro». Alla Daneo negli anni 90 c’erano classi con l’80% di alunni stranieri. Una sfida trasformata in opportunità blindando il tempo pieno, creando laboratori gratuiti dalla fotografia alla pallastrada, un orto e biblioteche in ogni aula. E al posto del voto, c’è un semaforo: «I bambini stessi si assegnano un colore: verde “ho capito”, giallo “sono insicuro”, rosso “non ho capito”. Poi ne parliamo insieme».

– Michela Bompani