La laicità dello Stato

La laicità dello Stato è una conquista delle moderne democrazie, una garanzia a tutela di ogni cittadino

Ha fatto molto discutere quanto dichiarato in una intervista alla Rai Radio 2 dal ministro dell’istruzione Fioramonti circa la sua contrarietà alla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. In realtà, il ministro si è limitato all’affermazione che la scuola deve essere laica, ma tanto è bastato a riaprire polemiche mai sopite tra le fazioni dei pro e contro, in un eterno sterile contrasto ideologico.

L’Associazione Nazionale Docenti con la seguente nota intende ribadire quanto già acquisito al patrimonio culturale comune degli italiani e ritiene inaccettabile l’evidente strumentalizzazione delle parole del ministro da parte di alcuni politici e mezzi di informazione.

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Il principio di laicità dello Stato è sancito dagli artt. 7 e 8 della nostra Costituzione (art. 7: lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani»; art. 8: tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge) ed è stato confermato e rafforzato nei successivi interventi  del legislatore e della giurisprudenza, anche costituzionale, che ne hanno sostanziato il contenuto  nel  pluralismo confessionale, nella parità tra i culti e nella posizione di equidistanza  dello Stato rispetto alle varie confessioni religiose.  

Uno stato laico è uno stato che distingue tra diritto e morale, tra politica e religione, tra sfere ed ambiti delle diverse competenze di questi e che garantisce la reciproca non ingerenza nelle rispettive questioni interne. È neutro, non deve cioè identificarsi in alcuna dottrina, né deve essere condizionato da alcun credo o da alcuna ideologia. Diversamente, richiamarsi preferibilmente ad una confessione religiosa, riconoscendo solo i suoi principi e valori morali e spirituali, finirebbe per avere efficacia escludente nei confronti dei cittadini che in quei valori non si riconoscono, creando discriminazioni tra essi. L’ostensione nelle aule scolastiche del simbolo per eccellenza della cristianità, improntando forzatamente la nostra cultura, sarebbe facilmente interpretabile come adesione tacita generalizzata a quella confessione di cui è espressione, a detrimento di valori universali che trascendono quelli specificamente religiosi oltreché di sensibilità diverse. Il ruolo di uno Stato che si professa solo laico è proprio quello di rendersi parte attiva per garantire che nessuno imponga la propria visione del mondo agli altri. I principi laici al quale deve informarsi l’azione statale non devono essere mutuati da alcuna religione, ma dal diritto positivo. Per questo motivo si preferirebbe che le pareti delle aule fossero decorate ed arredate lasciando libero spazio alla creatività degli allievi ed ai contenuti squisitamente culturali, senza interferenze religiose o ideologiche di alcun genere, salva la libertà di ciascuno di professare il proprio credo. Ugualmente inopportuna, dunque, è da ritenere l’affissione della croce in tutti gli spazi dove si esercitano le pubbliche funzioni (aule di tribunale, uffici amministrativi) poiché non si vede la ragione di connotare confessionalmente quei luoghi e quelle funzioni che solo nella legge devono trovare fonte e limite. Si pensi in particolare ai tribunali ove con le parole “La giustizia è amministrata in nome del popolo” è richiamato il c. 1 dell’art. 101 della Cost., quale significato può assumere il crocifisso quando addirittura è posto sopra la solenne esplicitazione della funzione giudiziaria? 

La progressione culturale della società ci impone di guardare alle religioni con maggiore spirito critico valutando gli aspetti positivi, ma anche quelli negativi prodotti nella storia dei popoli, che ci testimonia, da sempre, quanto possano essere dannose le appartenenze e gli integralismi.