Un forte legame tra corsi e imprese: l’80% trova lavoro

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da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Passano gli anni, cambiano i governi ma gli Its, le super scuole di tecnologia post diploma – a oggi l’unico canale terziario alternativo all’università – si confermano un formidabile passepartout per il lavoro: l’80% dei diplomati, a un anno dal titolo, ha un impiego; e nel 90% dei casi, per di più, in un’area coerente con il percorso svolto, in aula e sul campo.

Si tratta di due numeri, contenuti nel monitoraggio 2019, targato Miur-Indire (presentato lo scorso maggio), che spiccano in un’Italia dove il tasso di disoccupazione giovanile veleggia intorno al 30% (peggio di noi, solo Spagna e Grecia); e dove circa un terzo delle imprese lamenta difficoltà nel reperire profili tecnici a causa dell’elevato mismatch (come raccontiamo nelle pagine che seguono).

Il monitoraggio 2019 ha passato al setaccio 139 percorsi Its, con 3.367 iscritti e 2.601 diplomati. Il loro successo è legato essenzialmente a due fattori. Il primo è che questi istituti si collegano a un reale bisogno delle aziende. Il secondo, è che formano le persone direttamente per un “mestiere”. I docenti infatti che provengono dal mondo del lavoro sono il 70% e in stage si fa il 42% delle ore totali. Quasi il 40%, poi, dei partner degli Its, sono imprenditori che assumono o fanno assumere i ragazzi che specializzano. La stragrande maggioranza dei contratti firmati sono stabili: tempo indeterminato o apprendistato.

Certo, a una decina d’anni dal loro debutto, i dati restano di nicchia: le fondazioni, che gestiscono gli Its, hanno superato quota 100, sono esattamente 104, ma tutti gli studenti frequentanti sono circa 13mila; un dato di gran lunga inferiore alla Germania, per esempio, dove i giovani che frequentano sistemi di formazione terziaria professionalizzante sono 764.854. In Francia sono 529.163, in Spagna 400.341, nel Regno unito 272.487. Inoltre, dei 139 percorsi monitorati da Miur e Indire, 74 sono vere e proprie eccellenze (si trovano in Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Umbria, soprattutto – e principalmente nelle aree tecnologiche della meccanica, della mobilità sostenibile, della moda). Trentatrè percorsi sono bocciati o “rimandati” (in testa Sardegna, Calabria e Sicilia), 32 sono sufficienti.

I corsi Its durano in genere due anni e l’offerta formativa è strettamente legata ad aree tecnologiche considerate prioritarie per lo sviluppo economico e la competitività del Paese, dalla meccanica alla moda, dalla modalità sostenibile ai servizi alle imprese, passando per l’efficienza energetica e il turismo.

Il finanziamento pubblico degli Its è in parte statale, in capo al Miur (la manovra 2018 ha previsto 50 milioni di risorse aggiuntive sul triennio); e per la fetta maggiore regionale (regione Lombardia, ad esempio, è al top, mettendo sul piatto ogni anno 11 milioni per gli Its).

La nuova frontiera degli istituti tecnici superiori è, ora, Industria 4.0: nei percorsi biennali infatti sono sviluppati prototipi di robot e stampanti in 3D, si punta sulla realtà aumentata a supporto dei processi produttivi, si fanno simulazioni tra macchine interconnesse (per ottimizzare i processi); o, ancora, si analizzano ampie base dati per spingere prodotti e processi. Un’attività, insomma, di formazione innovativa e in linea con le esigenze delle imprese.

Del resto, secondo le ultime stime, il 35% dei posti di lavoro nell’Unione europea richiederà qualifiche elevate. Per questo uno dei principali obiettivi di Europa2020 prevede che, entro il 2020, appunto, almeno il 40% delle persone Ue tra i 30 e 34 anni sia in possesso di un diploma di istruzione terziaria o equivalente.

Qualche esempio concreto? Monica Poggio è ad di Bayer e presidente dell’Its Lombardia Meccatronica, oltre ad essere referente per la valorizzazione degli Its per Confindustria Lombardia: «Dalla gestione dati alle nuove tecnologie, passando per le competenze tecniche e le soft skill – ha spiegato Poggio -, oggi le imprese chiedono elevata specializzazione, e il canale terziario, non accademico, rappresentato dagli Istituti tecnici superiori è la risposta giusta. Nel nostro Its, per esempio, ci sono 105 soci, di cui oltre 50 aziende; abbiamo 11 percorsi attivi, in tre indirizzi della meccatronica industriale, autoferrotranviaria e dallo scorso anno, biomedicale. Qualche risultato? Dal 2014 al 2019 si sono diplomati 257 studenti, più del 95% è occupato in un campo coerente con il percorso di studio svolto in aula e on the job. La restante parte ha ricevuto offerte di impiego, ma i ragazzi hanno preferito proseguire negli studi universitari».

Dalla Lombardia al Piemonte il passo è breve. Anche qui, dove sono presenti due importanti distretti, Aerospaziale e Meccatronico ed Automotive (80% del Pil italiano di robotica è prodotto in Piemonte, ndr) temi come formazione “subito professionalizzante” e mismatch sono sentiti: «Nel territorio la domanda delle imprese supera di tre volte l’offerta e ai nostri corsi le candidature sono anche 10 volte superiori ai posti disponibili», racconta Stefano Serra, ad di Teseo Spa (gruppo EES Clemessy Italy) e presidente dell’Its mobilità sostenibile – aerospazio e meccatronica Piemonte. «La forza del Its Piemonte – ha sottolineato Serra – è nell’integrare la didattica con le pmi che ruotano intorno alle grandi aziende di riferimento (Leonardo, Thales Alenia Space ed Avioaero nell’aerospazio o Fca e Gm Powertrain nell’automotive). Tutte imprese che mettono a disposizione le proprie competenze per un terzo dei corsi, creando le condizioni per i ragazzi iscritti di dimostrare come lo studio tra aula e laboratorio porti dei risultati indiscutibili quando affrontano gli importanti stage aziendali per un altro terzo dei corsi». Ed i risultati si vedono: il tasso di occupazione dei diplomati a 12 mesi dal titolo è del 98 per cento.

La strada è quindi tracciata. A Frosinone è al debutto il primo Its manifatturiero del Lazio, legato al territorio e ai nuovi paradigmi connessi con Industria 4.0 (a capo della fondazione, Maurizio Stirpe, vice presidente di Confindustria per il lavoro e le relazioni industriali); a Napoli, invece, è partito nel dicembre 2018 l’Its Moda Campania: «Abbiamo tre corsi, a Napoli per il tessile, a Solofra nel distretto conciario, e a San Leucio, Caserta, per la seta – ha evidenziato Carlo Palmieri, presidente della fondazione e vice presidente nazionale con delega al Mezzogiorno di Sistema moda Italia -. Sono presenti diverse aziende, tra cui Carpisa, Isaia, Dmd, Dlg, Siap e il Cis di Nola, la Stazione Sperimentale per l’industria delle pelli, le università Vanvitelli e Parthenope e l’isituto d’istruzione superiore Isabella d’Este Caracciolo. Il nostro obiettivo? Formare tecnici superiori qualificati che, dopo due anni di corso, possano entrare in azienda».