Inchiesta sulla scuola, che cosa pensano gli studenti dei loro prof?

da Corriere della sera

Maurizio Tucci

Ogni anno la pubblicazione dei risultati dell’Invalsi e di quelli della Maturità si porta dietro un inevitabile strascico di polemiche: sull’analfabetismo funzionale dei nostri ragazzi che arrivano all’ultimo anno senza sapere leggere e capire un testo di media complessità e con competenze matematiche da terza media, sulla forbice Nord-Sud, sulla disparità fra licei e istituti tecnici e professionali e così via. Ai dibattiti – per lo più senza alcun seguito – sulle ragioni di questa crisi (docenti sottopagati, didattiche non al passo con i tempi) si alternano le notizie di cronaca che raccontano di studenti e docenti bullizzati e famiglie in rotta con la scuola. Ma i ragazzi, loro, cosa pensano di compagni e prof? E cosa vorrebbero dalla scuola? Ecco i risultati di un sondaggio in più puntate condotto dal Canale Scuola di Corriere.it in collaborazione con il Laboratorio Adolescenza. L’indagine è stata realizzata con un questionario a risposte chiuse distribuito a un campione di 780 studenti delle scuole superiori di Milano (licei, istituti tecnici e professionali) durante l’orario di lezione, alla presenza dell’insegnante e/o di un intervistatore, tra i mesi di marzo e maggio 2019. La prima puntata ha per argomento il rapporto con gli insegnanti. L’autore, Maurizio Tucci, è presidente del Laboratorio Adolescenza.

Il primo resoconto di questo percorso insieme agli studenti (attivato attraverso la somministrazione di un questionario e la realizzazione di focus group) lo dedichiamo ad un aspetto molto importante della vita scolastica: la qualità della comunicazione con gli insegnanti, a prescindere dagli aspetti strettamente legati all’insegnamento. Il risultato emerso dall’indagine appare decisamente confortante: il 70,7% degli intervistati (la percentuale sfiora il 73% se ci riferiamo solo alle ragazze) sostiene che la comunicazione con «i prof» è generalmente buona. E questo risultato non subisce variazioni significative passando dai licei alle scuole tecniche o professionali. Mentre, passando dal biennio al triennio, si consolida ulteriormente raggiungendo quota 72%. In quel 30% che sostiene, invece, che la comunicazione non è soddisfacente, c’è una percentuale significativa di studenti e studentesse che affermano di andare a scuola «così così» o «male».

La stima degli insegnanti e l’autostima

È evidente il collegamento tra le due cose: un buon rendimento scolastico facilita indubbiamente la comunicazione studente-insegnante, anche al di là della stretta didattica. Ma se da un certo punto di vista questa evidenza ci può apparire scontata, dall’altro ci deve spingere a riflettere sul rischio che un cattivo rendimento scolastico possa generare difficoltà anche nella comunicazione tout-court insegnante-studente, innescando un circolo vizioso dal quale può diventare difficile uscire. «Il recupero di un rapporto di fiducia con uno studente che ha un una comunicazione difficile con gli insegnanti, e che spesso si autoconvince di essere poco stimato e considerato come persona, non è cosa facile o scontata – afferma Teresa Caputo, insegnante dell’Istituto Tecnico Turistico Varalli di Milano (la scuola, tra quelle selezionate nel campione dell’indagine, in cui è risultata più alta la percentuale di studenti che ha affermato che la comunicazione con gli insegnanti è generalmente buona) – ma è necessario sfruttare tutti i canali possibili per riallacciare la comunicazione». A volte si può fare attraverso la famiglia, parlando con i genitori e spiegando che non c’è alcun preconcetto nei confronti del ragazzo o della ragazza; a volte sfruttando un eventuale maggior livello di confidenza tra lo studente e uno dei suoi insegnanti. «Nella mia lunga esperienza – riferisce Caputo – ricordo successi straordinari in questo senso, ma anche tante situazioni che non si sono risolte in modo soddisfacente. L’importante, da parte di un insegnante e della scuola tutta, è provarci sempre».

Il conflitto familiare

Ma c’è un altro aspetto, emerso dall’indagine, che lega ulteriormente scuola e famiglia: tra i ragazzi e le ragazze che indicano la loro vita in famiglia come conflittuale (24%) o critica (8,5%), la percentuale di chi afferma di non avere un buon livello di comunicazione con gli insegnanti è maggiore rispetto a coloro che, invece, descrivono la loro vita familiare come «piacevole» (37,6%) o «tranquilla» (29%). Scontato anche questo? «Dipende dalla gravità del conflitto in famiglia – afferma Fulvio Scaparro, psicologo e psicoterapeuta, fondatore dell’Associazione Genitori Ancòra e referente per l’area psicologica di Laboratorio Adolescenza – All’età del campione osservato [15-19 anni] un normale tasso di conflitto familiare è inevitabile e generalmente non condiziona i rapporti con il resto del mondo, ma se il conflitto ed il disagio sono gravi, influiscono negativamente su tutto ed, in particolare, sul rapporto con il mondo adulto di cui gli insegnanti sono l’espressione extra-familiare con la quale gli adolescenti sono più a contatto».

Prossimo appuntamento: A scuola telefonino sì o telefonino no?