Scuola senza voti: così si impara senza stress

da Corriere della sera

Antonella De Gregorio

È possibile una scuola senza i voti? Qualcuno ci prova: in un liceo di Cesena, per esempio, nell’anno scolastico 2016-2017 hanno sperimentato il programma «Ben-essere a scuola»: i docenti di tutte le materie, in una prima della sezione Scienze Umane, hanno sostituito il voto tradizionale in decimi con un metodo alternativo, basato sulle competenze. L’iniziativa, condotta in collaborazione con la Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione dell’Università di Bologna, ha aiutato i ragazzi a concentrarsi sul compito di imparare senza l’ansia di essere giudicati.

Non sono un voto

Una prospettiva «rovesciata», che riscuote sempre maggiore interesse. Lo si è visto al convegno «Non sono un voto», organizzato a Milano dal Movimento di Cooperazione Educativa e dall’Università Milano-Bicocca, che ha portato oltre mille insegnanti ed educatori in aula, per discutere e confrontarsi tra lezioni e laboratori sulle buone pratiche di valutazione senza voti. «Momento conclusivo di un anno di lavoro, l’appuntamento milanese ha consentito di analizzare le strategie e le tecniche più innovative di valutazione», ha spiegato Elisabetta Nigris, docente di Pedagogia didattica alla Bicocca, con delega del Rettore per la Formazione degli insegnanti.

Dare valore

Anche se nella scuola tradizionale il voto ha un ruolo centrale (reintrodotto nel 2013 dal ministro Gelmini, ndr), la ricerca non si ferma: «Indaghiamo quali strumenti possano meglio dare valore a ciò che fanno i bambini: che cosa hanno imparato davvero, quanto impegno ci hanno messo, quali processi mentali hanno attivato», spiega Nigris. Qualche esempio? Sonia Sorgato, insegnante della primaria Perasso di Milano spiega come da anni nella sua classe si lavori per far emergere «i processi, non i risultati». «Anche se a fine anno dobbiamo dare, per legge, un voto numerico ai bambini, durante l’anno cerchiamo di seguire altre strategie: valorizziamo le discussioni degli alunni, le registriamo e rileggiamo insieme le trascrizioni, in modo da farli riflettere su come arrivano a elaborare e conoscere».

Così si impara di più

O, ancora, l’insegnante fa osservazioni «carta e matita», tenendo una specie di diario delle conquiste individuali e di gruppo. Oppure stimola gli alunni ad autovalutarsi, con apposite schede per l’autocorrezione. «Un approccio che impone anche un cambiamento di didattica – spiega la maestra – . È importante sviluppare autonomia, attività di osservazione, capacità di risolvere i problemi. Così, per esempio, quando parliamo del sole e delle fase lunari partiamo dall’osservazione e solo in un secondo momento ci riferiamo ali contenuti del libro di testo». Rispetto ai coetanei, i bambini allenati a questi compiti sviluppano una maggior capacità di argomentare, ascoltano di più quello che dicono i compagni e imparano a prendere posizione. «Vivono meglio anche le critiche – continua Sorgato -. L’altro giorno in classe un bambino ha confutato un parere espresso da un compagno. E questo, senza sentirsi “giudicato”, ha replicato: sì, sono d’accordo, però questa cosa non riuscivo a dirla come l’hai detta tu».