Scioperi, docenti precettabili E famiglie da avvisare in anticipo

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Strada in salita per le trattative sul rinnovo del contratto sui servizi minimi da garantire in caso di sciopero. Martedì scorso l’Aran ha avanzato la propria proposta ai sindacati sotto forma di bozza di accordo. Nel testo negoziale c’è una clausola negoziale per imporre ai docenti di manifestare in anticipo la propria volontà di aderire o non aderire allo sciopero o di non esprimersi affatto. E ce n’è anche un’altra che impone ai dirigenti scolastici l’obbligo di indicare agli utenti le organizzazioni sindacali che abbiano proclamato l’azione di sciopero, le motivazioni poste a base della vertenza e ai dati relativi alle adesioni registrate nel corso delle ultime agitazioni proclamate dalle medesime sigle. Fin qui niente di nuovo rispetto a quanto già si sapeva.

La novità assoluta è costituita, invece, dalla proposta dell’Aran di includere anche i docenti tra il personale precettabile in caso di sciopero per garantire la vigilanza. La bozza di accordo, peraltro, non indica il numero o le percentuali di docenti da obbligare al servizio di vigilanza. E demanda alla contrattazione integrativa di istituto la determinazione dei contingenti di personale a cui precludere l’esercizio del diritto di sciopero. Il principale ostacolo da superare per giungere ad un eventuale accordo è rappresentato proprio dall’inclusione dei docenti nei contingenti minimi. Fatto, questo, che vanificherebbe del tutto l’efficacia delle azioni di protesta e pressione sulla parte datoriale esperibili dai sindacati. Che si concretano nella mobilitazione e nei disagi per l’utenza volti a dare visibilità alle rivendicazioni dei lavoratori. Uno dei nodi da sciogliere, peraltro, riguarda l’individuazione del mandante della proposta.

Non è ancora chiaro, infatti, se si tratta di una iniziativa spontanea da parte della commissione di garanzia o se l’input venga direttamente dal governo. Ragionando in termini meramente procedurali, la trattativa sembrerebbe l’effetto di una iniziativa della commissione di garanzia (si veda la nota del18 luglio scorso, prot. 12306/scl). Che però, qualora non avesse avuto l’avallo del governo, potrebbe creare un certo imbarazzo proprio a Palazzo Chigi. Che in questa delicata fase politica, caratterizzata alla necessità di reperire risorse economiche per il rinnovo del contratto di lavoro dei dipendenti pubblici in generale e della scuola in particolare, probabilmente non ha interesse ad aprire un ulteriore focolaio di tensione con i sindacati.

Se invece l’input provenisse direttamente da Palazzo Chigi, l’apertura del tavolo per l’introduzione di ulteriori vincoli all’esercizio del diritto di sciopero suonerebbe come una minaccia nei confronti dei sindacati. E ciò non gioverebbe al clima delle relazioni tra le parti. Che negli ultimi mesi, peraltro, era nettamente migliorato anche tramite la riesumazione della cosiddetta concertazione. Un istituto messo da parte dai precedenti governi, che è finalizzato proprio a prevenire i conflitti coinvolgendo le parti sociali nelle decisioni politiche che riguardano le categorie di lavoratori rappresentate dai sindacati ammessi al tavolo. Vi è poi un’ulteriore chiave di lettura: la necessità di legare le mani, in qualche modo, alle piccole sigle sindacali. Che poi sono quelle più inclini a ricorrere al diritto di indire scioperi.

La necessità di rivedere l’accordo, dunque, potrebbe essere scaturita dalla frequenza con la quale i sindacati a basso tasso di rappresentatività proclamano gli scioperi. Che mettono in allarme i genitori e, talvolta, li inducono a non mandare i figli a scuola. Salvo poi constatare che le adesioni allo sciopero siano state assolutamente trascurabili e che, quindi, le lezioni si sarebbero tenute regolarmente. Sarebbe questa la ratio della richiesta di indicare nell’informazione alle famiglie la serie storica delle adesioni. In modo tale da consentire ai genitori di valutare l’esiguità del rischio. La prassi delle grandi sigle sindacali, infatti, da qualche anno a questa parte, è quella di limitare al minimo indispensabile la proclamazione di scioperi. E soprattutto di procedere unitariamente. È solo in queste occasioni, peraltro, che si verifica una riduzione sensibile del servizio. Con percentuali di adesione che superano anche il 50% degli addetti.

Negli altri casi, invece, la percentuale di adesione rimane sempre su livelli assolutamente trascurabili. Resta il fatto, però, che l’articolo 13 della legge 146/2000 conferisce alla commissione di garanzia il potere di agire autonomamente. In particolare, la commissione ha titolo a valutare, anche di propria iniziativa, l’idoneità delle prestazioni indispensabili e qualora non le giudichi idonee, ha il potere di sottoporre alle parti una proposta sull’insieme delle prestazioni, procedure e misure da considerare indispensabili. In pratica, il legislatore ha delegato la commissione ad assolvere, in questa materia, il compito che svolge il governo in materia di contrattazione. Per riprendere il confronto, le parti si sono date appuntamento lunedì 25, sempre all’Aran.