Ora da 50 minuti, si recupera solo per ragioni “didattiche” e nessuna trattenuta nello stipendio. Sentenza

da Orizzontescuola

di Avv. Marco Barone

Nelle scuole continua a determinare dibattito la questione della riduzione dell’unità oraria e delle modalità di recupero, nonostante il CCNL scuola sia chiaro nel definire quando questa debba avvenire. Più controversa rimane invece la questione della modalità di recupero.

Il CCNL Scuola

Il CCNL scuola 2018 al comma 10 dell’articolo 1 afferma:

Per quanto non espressamente previsto dal presente CCNL, continuano a trovare applicazione le disposizioni contrattuali dei CCNL dei precedenti comparti di contrattazione e le specifiche norme di settore, in quanto compatibili con le suddette disposizioni e con le norme legislative, nei limiti del d. lgs. n. 165/2001.

Da ricordare che la Corte di Cassazione con sentenza n.22126 del 29 ottobre 2015 ha confermato il proprio consolidato orientamento rilevando che in occasione della successione tra diversi contratti collettivi, il nuovo contratto collettivo può modificare in senso peggiorativo il pregresso però salvaguardando i diritti quesiti dai lavoratori.

Il comma 2 dell’articolo 28 del nuovo CCNL Scuola afferma:

Al di fuori dei casi previsti dall’articolo 28, comma 8, del CCNL 29/11/2007, qualunque riduzione della durata dell’unità oraria di lezione ne comporta il recupero prioritariamente in favore dei medesimi alunni nell’ambito delle attività didattiche programmate dall’istituzione scolastica. La relativa delibera è assunta dal collegio dei docenti

Il comma 8 del CCNL 2007 così recita:

Per quanto attiene la riduzione dell’ora di lezione per cause di forza maggiore determinate da motivi estranei alla didattica, la materia resta regolata dalle circolari ministeriali n. 243 del 22.9.1979 e n. 192 del 3.7.1980 nonché dalle ulteriori circolari in materia che le hanno confermate. La relativa delibera è assunta dal consiglio di circolo o d’istituto.

Mentre il comma 7 che è da ritenersi superato dal nuovo comma 2 del CCNL Scuola affermava:

Al di fuori dei casi previsti dal comma successivo, qualunque riduzione della durata dell’unità oraria di lezione ne comporta il recupero nell’ambito delle attività didattiche programmate dall’istituzione scolastica. La relativa delibera è assunta dal collegio dei docenti.

Dunque il nuovo comma 2 riconosce, come il pregresso CCNL, che il recupero dell’unità oraria di lezione deve avvenire unicamente quando la riduzione oraria non è deliberata per ragioni di forza maggiore, ma per motivi inerenti alla didattica. Diversamente dal precedente comma 7 si scrive espressamente che il recupero, in questo caso, deve avvenire prioritariamente in favore dei medesimi alunni nell’ambito delle attività didattiche programmate dalla scuola tramite una delibera assunta dal CdC. Dunque, le ore vanno restituite agli studenti a cui sono state sottratte. E se il prioritariamente non viene garantito, ad esempio tramite recupero orario con supplenze, od altre modalità, queste devono essere in primo luogo deliberate dal CdC e in secondo luogo va debitamente motivato il perché questo recupero orario non è stato possibile effettuarlo verso gli studenti a cui sono state sottratte delle ore. E soprattutto il tutto non deve comportare oneri aggiuntivi verso i docenti, poiché si deve ricordare che come previsto dall’articolo 28 CCNL scuola 2007 comma 5 Nell’ambito del calendario scolastico delle lezioni definito a livello regionale, l’attività di insegnamento si svolge in 25 ore settimanali nella scuola dell’infanzia, in 22 ore settimanali nella scuola elementare e in 18 ore settimanali nelle scuole e istituti d’istruzione secondaria ed artistica, distribuite in non meno di cinque giornate settimanali. Alle 22 ore settimanali di insegnamento stabilite per gli insegnanti elementari, vanno aggiunte 2 ore da dedicare, anche in modo flessibile e su base plurisettimanale, alla programmazione didattica da attuarsi in incontri collegiali dei docenti interessati, in tempi non coincidenti con l’orario delle lezioni.

Qualsiasi impegno in più va retribuito. Poi una riflessione andrebbe effettuata sulla pratica di disporre questa riduzione oraria per ragioni didattiche, che pare determinare più contenziosi nella scuola che benefici.

Discorso più lineare, invece, per la riduzione oraria che avviene per ragioni estranee alla didattica.

No al recupero in caso di riduzione oraria per ragioni estranee alla didattica.

In questo caso può essere utile la sentenza della Cassazione civile, sez. lav., 07 aprile 2008, n. 8974

Fatto

Alcuni docenti ricorrevano al Tribunale chiedendo l’accertamento, nei confronti della propria scuola e del Ministero dell’economia e delle finanze, che esse non avevano l’obbligo di recuperare le frazioni di orario relative alla riduzione delle ore di lezione da 60 a 50 minuti disposta nell’anno scolastico di riferimento per venire incontro alle esigenze dei numerosissimi studenti provenienti dalla cintura torinese, e che, conseguentemente,erano illegittime le inerenti trattenute stipendiali. Le medesime docenti chiedevano altresì la condanna dei convenuti alla restituzione delle somme trattenute. Le domande erano rigettate dal Tribunale con sentenza che era riformata dalla Corte d’appello di Torino, che le accoglieva.

Il giudice di appello, rilevato che era pacifico che la riduzione della durata delle ore di lezione era stata determinata da motivi estranei alla didattica e connessi alle esigenze degli studenti provenienti dalla cintura torinese, riteneva che senza dubbio per la risoluzione della controversia si doveva fare riferimento alle circolari ministeriali n. 243/79 e 192/80, come ritenuto anche dal giudice di primo grado.

Al riguardo in particolare osservava che, se era vero che l’art. 41 del ccnl 4.8.1995 del comparto scuola prevedeva al comma 4, che, in caso di sperimentazioni comportanti la riduzione della durata dell’unità oraria di lezione, i docenti dovevano completare l’orario d’obbligo con attività connesse alla sperimentazione o con altre modalità previste dal progetto di sperimentazione, l’ARAN e le organizzazioni sindacali con l’accordo di interpretazione autentica 17.9.1997 di tale articolo avevano precisato che col medesimo le parti contraenti non avevano regolamentato la riduzione dell’ora di lezione per cause di forza maggiore estranee alla didattica e avevano ritenuto che quest’ultima materia rimanesse regolata dalle circolari ministeriali n. 243 del 22.9.1979 e 192 del 3.7.1980, nonchè dalle ulteriori circolari in materia, che le avevano confermate.

Le circolari

Procedendo all’esame delle ricordate circolari, la Corte osservava che la circolare 243/79, dopo avere consentito – nei giorni della settimana nei quali l’orario di lezione era di sei ore – la riduzione dell’orario solo nella prima, nell’ultima e eccezionalmente anche nella penultima ora, disponeva che “non (era) configurabile alcun obbligo per i docenti di recuperare le frazioni orarie oggetto di riduzione”. La circolare 192/80, d’altra parte, era del seguente letterale tenore: “Relativamente alla durata delle ore di lezione per l’anno 1980/81 si confermano le disposizioni impartite da questo Ministero con circolare n. 242 (…) del 1979. Resta comunque rimesso al prudente apprezzamento delle SS.LL., valutare particolari situazioni di necessità debitamente rappresentate e documentate ed autorizzare, caso per caso, con provvedimento motivato eventuali riduzioni di orario anche nelle ipotesi non contemplate dalla predetta circolare”. Tale previsione, secondo la Corte di merito, non andava interpretata, come opinato dal giudice di primo grado, nel senso che la mancata previsione dell’esonero degli insegnanti dall’obbligo di recupero delle frazioni di orario implicava il non riconoscimento del diritto all’esonero. Infatti la circolare del 1980 doveva essere interpretata alla luce di quella del 1979, di cui integrava il contenuto: essa conteneva un’espressa conferma della circolare del 1979, compresa la parte relativa all’esclusione dell’obbligo di recuperare le frazioni orarie oggetto di riduzione. Era pertanto logico ritenere che la circolare n. 192/80, nell’autorizzare la riduzione dell’orario anche in ipotesi non contemplate dalla circolare n. 243/79, avesse esteso anche alle nuove ipotesi l’esenzione all’obbligo di recupero.

La motivazione della sentenza impugnata è chiaramente e linearmente basata sul seguente percorso argomentativi: a) il contratto collettivo nazionale del 1999 contiene una norma denominata di salvaguardia in base alla quale restavano in vigore, nei limiti della compatibilità, le norme legislative, amministrative e contrattuali non esplicitamente “abrogate o disapplicate” dal medesimo contratto; peraltro in base all’interpretazione autentica del contratto nazionale del 1995 la riduzione dell’orario dell’ora di lezione per cause di forza maggiore estranee alla didattica dovevano ritenersi regolate dalle circolari del 1979 e del 1980 e dalle successive circolari che le avevano confermate; b) la riduzione della durata delle ore di lezione era avvenuta nella specie ai sensi delle circolari del 1979 e del 1980, ancora pienamente applicabili (per esigenze degli studenti, evidentemente qualificate come di forza maggiore ai sensi della disciplina della materia); c) la circolare del 1980 doveva essere interpretata nel senso che anche alle riduzioni della durata oraria che trovavano legittimazione (solo) nella medesima circolare (meno restrittiva) era estesa la regola della esclusione del recupero dell’orario da parte degli insegnati.

E’ privo quindi di rilievo l’incidentale richiamo degli argomenti sostenuti in sede di merito con riferimento alla regola per cui i docenti sono tenuti al completamento dell’orario di insegnamento quando il loro orario di cattedra sia inferiore alle 18 ore settimanali, poichè non è adeguatamente censurata l’affermazione circa l’applicabilità nella specie della disciplina di cui alle circolari in questione.