Ocse boccia Quota 100. Anief: assurdo andare in pensione a 70 anni

da Orizzontescuola

di redazione

Anief –  Mentre in Italia il Governo italiano conferma l’anticipo pensionistico “Quota 100” almeno fino al 2021,  l’Ocse sostiene che invece la norma va abolita: secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, in Italia a rischio è la sostenibilità del sistema macroeconomico e quindi occorre assicurare “adeguate prestazioni di vecchiaia limitando la pressione nel breve, medio e lungo periodo”.

Il problema, secondo l’Organizzazione internazionale, è che in Italia si lascia il lavoro per andare in pensione a 62 anni, 63 e poco più per gli uomini e 61 per le donne. In Europa invece, per gli altri paesi Ocse, l’età del passaggio lavoro-pensione si attesta a poco più di 65 anni per gli uomini e 63 per le donne.

Le indicazioni dell’Ocse non tengono evidentemente conto di alcune specificità lavorative. Come quelle di chi svolge lavori di relazioni umane: la scuola ne è l’esempio massimo. È tutto dire che e anche l’Organizzazione mondiale della Sanità ha ultimamente affermato che il burnout è il tipico malessere cronico che si riscontra nei lavoratori della scuola, in particolare tra i docenti, poiché comporta una sindrome che conduce allo ‘stress cronico’ impossibile da curare con successo, c’è davvero da preoccuparsi e affrontare il problema. Come già avviene nella maggior parte dei Paesi europei.

Il giovane sindacato ricorda che “le malattie professionali dei docenti che determinano l’inidoneità all’insegnamento nell’80% dei casi presentano una diagnosi psichiatrica”. Ad evidenziare il problema, scrive ancora il giovane sindacato nelle motivazioni degli emendamenti al Disegno di legge di Bilancio 2020 AS 1586, sono anche gli “studi sullo stress da lavoro correlato e burnout” condotti dal “dott. Vittorio Lodolo D’Oria, ragion per cui risulta indispensabile allargare l’attuale finestra di pensione anticipata prevista soltanto per il personale dell’infanzia”. Lo stesso esperto in materia ha di recente ricordato che “dal 1992 al 2012 sono intervenute quattro riforme previdenziali ‘al buio’, cioè senza valutare la salute della categoria professionale dei docenti”.