Violenza nelle scuole. Nessuno “sconto” dalla Corte di Cassazione

da Il Sole 24 Ore

di Pietro Verna

L’uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore affidato, anche lì dove fosse sostenuto da “animus corrigendi”, non può rientrare nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti.

Lo ha stabilito la Sesta Sezione della Corte di Cassazione (sentenza 31 ottobre 2019, numero 44634), che ha confermato l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lametia Terme aveva sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari una collaboratrice scolastica per non aver impedito a una maestra di una scuola d’infanzia di porre in essere condotte violente e vessatorie nei confronti dei bambini ( frasi offensive del tipo «siete tutti cani», l’ordine di «stare seduti, immobili e in silenzio», schiaffi sul viso, sulla nuca, sulle mani e sul fondoschiena etc. ) nonché per essersi resa essa stessa responsabile di condotte altrettanto riprovevoli (percuotere i bambini per costringerli a mangiare, metterli in castigo, ovvero di dileggiarli dinanzi alla classe, come era avvenuto con un bambino affetto da incontinenza sfinterica). Fatti che il Tribunale del riesame di Catanzaro aveva qualificato «episodi […] rientranti in metodi educativi […] obsoleti» riconducibili all’ipotesi di reato (meno grave) di abuso di mezzi di correzione (articolo 571 Cp).

Argomentazioni che i Supremi giudici hanno respinto, confermando il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui il reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone un uso consentito e legittimo dei mezzi correttivi, che, senza attingere a forme di violenza, trasmodi in abuso a causa dell’eccesso, arbitrarietà o intempestività della misura correttiva.

Mentre nel caso in cui la persona offesa sia vittima di continui episodi di prevaricazione e violenza, ricorre il più grave reato di maltrattamenti (ex multis, Cassazione Penale, Sez. VI, sentenze 12 settembre 2007, numero 34460 e 22 dicembre 2014, numero 53416). Reato che assume particolare rilevanza se, come nel caso di specie, la persona che lo ha commesso (o che avrebbe dovuto impedirlo ) abbia «uno specifico obbligo giuridico in ragione dell’attività di vigilanza a lei affidata».