Dimettersi a Natale

Dimettersi a Natale. Quasi un ossimoro o l’improbabile titolo di una fiction televisiva ambientata in un mondo irreale… Se non fosse, invece, un evento di una politica che appare – questo sì – oggi, molto  surreale.

Occorre, comunque, riconoscere che le dimissioni del Ministro dell’Istruzione per la mancata assegnazione nella manovra finanziaria dei fondi richiesti per la scuola e la ricerca, qualsiasi possano essere le altre ragioni non pubblicamente espresse, testimoniano una coerenza e una sensibilità oggi rara nel mondo politico, di cui va dato atto. 

Qualche considerazione appare, tuttavia, necessaria per provare ad analizzare i fatti e tentarne una lettura.

  “La scuola in questo Paese – aveva recentemente ricordato proprio Fioramonti – avrebbe bisogno di 24 miliardi: i 3 miliardi che io ho individuato non sono la sufficienza, ma rappresentano la linea di galleggiamento”. La stessa espressione utilizzata in tono rassegnato da  Carlo Cottarelli, ma riferita a tutta la manovra economica: “E’ una legge finanziaria di galleggiamento, ma a volte è meglio galleggiare che affondare. Tuttavia non è possibile galleggiare per sempre”.  

 Le dimissioni rendono certamente evidente l’isolamento del Ministro dell’Istruzione all’interno del partito di appartenenza, ma anche il fallimento di un modello di  governo che non è riuscito a tenere fede a quanto indicato nel punto 1 del proprio Programma di insediamento, in cui si afferma: “nella Legge di Bilancio 2020 (…) è prioritario l’incremento delle risorse per la scuola”. L’incoerenza non paga mai.

 Le dimissioni avvengono in un momento in cui sarebbero state necessarie e decisive invece, da parte del responsabile del Dicastero Istruzione, numerose azioni di gestione ed impulso. Per l’attesa applicazione delle nuove norme del Decreto scuola; per la nomina dei diversi responsabili di direzioni scolastiche ministeriali e regionali vacanti da tempo; per la predisposizione e la pubblicazione dei bandi di concorso per l’immissione di docenti e Ata; per l’implementazione del Piano triennale di formazione dei docenti che è pronto da settembre; per un autorevole coordinamento della formazione dei circa 2000 nuovi dirigenti scolastici; per le trattative dei rinnovi contrattuali per il personale ormai scaduti; per avviare la promessa semplificazione di norme che vincolano e snaturano il lavoro di presidi e di segreterie; per gli annunciati interventi in materia di edilizia scolastica e di responsabilità dei dirigenti scolastici sulla sicurezza.

Ambiti ed urgenze che in questi quattro mesi di governo avrebbero potuto essere coordinate da una politica ministeriale che è stata, invece, poco protagonista e poco incisiva. 

E che lascia scontenti e delusi coloro che la scuola la vivono e la realizzano quotidianamente. 

– C’è da chiedersi come un’azione ministeriale abbia potuto consistere solamente nel perseguire a tutti i costi l’obiettivo, seppur necessario, di un sostanzioso investimento finanziario per l’istruzione, senza  mai esprimere una visione  della scuola che ne indicasse miglioramenti strutturali, priorità e interventi, magari discussa e condivisa con i diversi suoi protagonisti e llp,e sue realtà associate e di rappresentanza. 

– Nell’anno del ventennale dell’autonomia scolastica, la matrice che ha ispirato la (debole) politica ministeriale è stata ancora quella centralista caratterizzata dalla rinuncia a sostenere  alcune positive innovazioni che erano state introdotte come la chiamata diretta, la riscrittura del modello degli Organi Collegiali, la traduzione operativa dei Decreti Delegati della L. 107, l’impulso ad un sistema nazionale di valutazione. Proprio nel ventennale dall’avvio in Italia di un sistema pubblico di istituzioni scolastiche autonome, esse si trovano più spaesate, povere di risorse e senza strumenti che ne sostengano, con certezza e chiarezza, l’azione di rinnovamento.

E’ questo il galleggiamento che preoccupa e che la politica oggi sembra non voler considerare.

“Istruzione, no estinzione” titolava il banner voluto dal Ministro Fioramonti sulla facciata del  MIUR. 

Può succedere, ed è grave, che possa estinguersi una politica per la scuola, e, con essa, dimettersi un suo ministro, ma non che, proprio oggi, sia sottovalutata la responsabilità autentica e intelligente di docenti e dirigenti scolastici che generano e sostengono quotidianamente l’impresa educativa per il bene di tutti. 

Riconoscere, sostenere e liberare semplicemente queste energie, può consentire di ripartire, anche questa volta. 

La politica ne faccia ‘tesoro’.