Lettera a una professoressa

Lettera a una professoressa

di Maurizio Tiriticco

Gentile Professoressa, Lei si lamenta da tempo della fatica dell’insegnare oggi! Purtroppo, ciò che Lei mi dice non lo so direttamente, perché da decenni ormai “non salgo in cattedra”! E non ho il polso di una classe di alunni/e di oggi! Conosco però la passione e l’impegno con cui Lei esercita oggi la sua professione! Anche perché la Sua esperienza di valida docente di lettere la conosco bene! E constato, purtroppo, che, con il declino del nostro Paese, sta declinando anche la scuola! Anni fa non era così. Ho frequentato scuole in cui non ti regalavano nienteee!!! Se io oggi so ancora – almeno penso – leggere comprendere… ed anche scrivere, lo devo anche a tante letture a cui “mi hanno costretto” nei primi cinque anni del vecchio ginnasio! Gli anni del liceo in confronto sono stati una passeggiata. Eppure era il Liceo classico “Giulio Cesare” di Roma! Si doveva studiare! E come! E c’erano anche la fame e la guerra!!! Nonché la paura di noi ragazzi di essere rapiti letteralmente dai tedeschi per andare a scavare trincee sul fronte di Anzio!

Al ginnasio abbiamo letto numerosissimi passi dell’Odissea, dell’Iliade, dell’Eneide (questa anche in latino e con lettura metrica), dell’Orlando Furioso e della Gerusalemme Liberata, molti dei quali a memoria… e che in larga misura ancora ricordo… cito casualmente… Sic fatur lacrimans, classique immittithabenas… Ettor Scamandrio lo chiamava e il volgo tutto Astianatte perché era dell’alta Troia il difensore… e non di dico dell’Addio ai monti… e poi Canto l’arme pietose, e il capitano che il gran sepolcro liberò di Cristo, molto egli oprò col senno e con la mano… Ed al liceo nulla è cambiato! Tutto ammemoroaaa!!! Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi e poi Aeneadum genetrìx, hominum divumque voluptas! Per non dirLe poi del greco! Dareiu cai Paerisatidespaides duo ghignontai… lo scrivo con le nostre lettere! Ed ora traduco: “Da Dario e da Parisatidenacquero due figli: il maggiore Artaserse, il minore Ciro… E’ l’incipit dell’Anabasis di Senofonte!

E la Professoressa – ricordo – insisteva nel dire che il titolo vero avrebbe dovuto essere Katàbasis, perché in effetti si trattava di un ritorno e non di un’andata!Siamo nel IV secolo a. C. E Senofonte era uno dei “diecimila”, un’armata di mercenari assoldata da Ciro il Giovane, il cui scopo era quello di usurpare il trono di Persia al fratello Artaserse II. Ma tutto finì male e i “diecimila” o quanti ne restavano dovettero tornare indietro! Una “pizza” allora per noi ragazzi! Ma un pezzo di cultura in più!

Le risparmio Dante… quali colombe dal disio chiamate con l’ali alzate e ferme… la bocca sollevò dal fiero pasto… e la visione di Dio, nel Paradiso… Questa una vera e propria meraviglia! Che allora mi stupì! E che mi stupisce ancora oggi: “Ne la profonda e chiara sussistenza de l’alto lume parvermi tre giri di tre colori e d’una contenenza”. I tre colori sono il rosso, il verde e il blu. Lo dico io! Dante non lo dice! Ma lo dice Gioachino da Fiore, che Dante qui non nomina. Ma ne ha parlato nel canto XII… “e lucemidallato il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato”. E – penso – neanche i commentatori dicono quali colori siano E, guarda caso, sono proprio i tre colori che io adotto quando, leggendo il comma 2 dell’articolo 1 del dpr 275/99, vedo l’istruzione di colore blu, la formazione di colore verde, l’educazione di colore rosso.

Il blu è un colore freddo: perché una conoscenza è quella che è! E per tutti! Indiscutibile: tre per tre dà nove! Il verde, invece, è un colore semifreddo, se si può adottare questo aggettivo: è quello degli interrogativi, della discussione, delle diverse analisi su una qualsiasi vicenda. E’ anche quello delle azioni concrete: il camminare, l’afferrare, ecc. Il rosso poi è quello delle emozioni, del “mi piace” o “non mi piace”. Un film per me stupendo è invece una schifezza per un altro. Per non dire degli innamoramenti! Tutto rosso, quando si ha il colpo di fulmine!

Ma, torniamo a noi! Lei si lamenta, e giustamente, perché i suoi studenti scalpitano! Il latino, il greco, e pure la Divina Commedia! Mi dice cha ha voluto provare a far leggere ai suoi studenti il canto XXXIII del Paradiso per giungere a quei versi in cui Dante si imbatte nella Luce di Dio! “Oh abbondante grazia ond’io presunsi ficcar lo viso per la luce etterna, tanto che la veduta vi consunsi! Nel suo profondo vidi che s’interna, legato con amore in un volume, ciò che per l’universo si squaderna: sustanze e accidenti e lor costume quasi conflati insieme, per tal modo che ciò ch’i’ dico è un semplice lume”. Mi dice soltanto che ci ha provato! Ma ha dovuto constatare che l’ansia da cellulare è molto più forte di qualsiasi altra curiosità! E proiettarsi in un mondo in cui lo spazio non sia fortemente contrassegnato dal tempo di oggi, anzi del qui e subito, è semplicemente impossibile! E’ il trionfo di un eterno presente!