Ma il calo demografico taglierà 65 mila insegnanti in dieci anni

da Il Messaggero

Se oggi le cattedre mancano, non è detto che sarà sempre così. Anzi, tra qualche anno a risolvere i problema delle assunzioni ci penserà il calo demografico già in atto. La scuola sta facendo infatti i conti con le immissioni in ruolo e la carenza di docenti da portare in classe ma c’è un altro fronte di cui tenere conto ed è quello più importante: gli studenti. La parte principale della scuola che, da qui a qualche anno, cambierà volto. In che senso? Nel 2030 mancheranno all’appello 1 milione e 300mila studenti tra i 6 i 16 anni. Un calo demografico evidente che mostrerà i suoi effetti tra dieci anni, quindi, e non sono tanti.

L’ALLARME CULLE VUOTE

La stima, elaborata dalla Fondazione Agnelli sui dati Istat, lancia l’allarme sulle culle vuote di oggi e, proiettandole sul futuro, le trasforma in banchi vuoti. Tanti banchi e quindi tante classi che non si formeranno, entro il 2030. Sono oltre 43mila, infatti, le classi destinate a sparire, il numero maggiore interessa la primaria: secondo le stime saranno circa 6.300 le classi in meno alla scuola materna, 18.300 alle elementari, 11.100 alle scuole medie e 7.600 alle superiori. Un fenomeno che avrà inevitabilmente il suo impatto anche sul corpo docenti, potrebbero essere circa 65mila le cattedre che non serviranno più, considerando il tempo pieno nella scuola di primo grado.

IL VINCOLO DEL MEF

Il fenomeno è già in atto: basti pensare infatti che nel mese di giugno scorso il ministero dell’istruzione, con l’allora ministro Bussetti, chiese oltre 58mila assunzioni basandosi sulle cattedre vacanti ma il ministero dell’economia ne accordò poco più di 53mila. Si trattò di un taglio di 5mila immissioni in ruolo, giustificato dal Mef proprio con la riduzione degli iscritti: «Nella richiesta non veniva tenuta in considerazione la marcata riduzione delle iscrizioni degli alunni, registrata specie nell’ultimo biennio, connessa con il calo della natalità. Al riguardo, il Mef ha più volte evidenziato che le dotazioni organiche complessive e la distribuzione tra le regioni sono definite specificamente in base al grado di densità demografica e alla previsione dell’entità e della composizione della popolazione scolastica». Va da sé che le prime classi colpite dal calo demografico sono quelle di scuola elementare. Ed è lì che le maestre potrebbero trovarsi in sovrannumero, per ora è previsto un bando di infanzia e primaria da 18mila posti poi, negli anni a venire, i concorsi saranno cadenzati calcolando le necessità al dettaglio. Sarà importante, invece, individuare le graduatorie e le classi di concorso esaurite, oltre che le province in maggiore difficoltà: la mancanza di docenti non è uguale in tutta Italia e non in tutte le materie. Ad oggi, ad esempio, tra i docenti introvabili ci sono quelli di matematica, di lingua spagnola e di informatica. Mentre, come accade da anni, le graduatorie più affollate sono quelle delle regioni del sud mentre al Nord restano spesso solo supplenti a tempo determinato decisi poi a spostarsi nella regione di origine. La call veloce della ministra Azzolina va in questa direzione, cercando di coprire i vuoti nelle regioni più in difficoltà facendo spostare, su base volontaria, i precari pronti all’assunzione.

IL SOVRANNUMERO

Nei progetti del ministero dell’istruzione è quindi prevista la possibilità di spostare i docenti laddove ce ne sia bisogno. Inoltre il sovrannumero degli insegnanti, che si potrebbe presentare da qui al 2030, servirà a garantire il tempo pieno e la scuola dell’infanzia per tutti, anche nelle regioni dove il servizio non c’è. A cominciare dal Sud: il tempo pieno al nord è infatti una certezza per una scuola su due mentre nelle regioni meridionali il dato crolla al 16%, riducendosi addirittura al 7,5% in Sicilia e al 6% in Molise.
L.Loi.