A febbraio tre concorsi per 64mila prof

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Dopo una sosta ai box dovuta alle dimissioni dell’ex ministro Lorenzo Fioramonti, al conseguente spacchettamento del Miur e alla nomina di Lucia Azzolina (M5S) come nuova responsabile dell’Istruzione, la macchina dei concorsi nella scuola rientra in pista. Con l’obiettivo di portare al traguardo entro febbraio almeno tre dei quattro bandi in stand-by da mesi. Per un totale di 62-64mila posti da insegnante. A cui ne dovrebbero seguire, entro l’anno, altri 5mila per i prof di religione. Con tempi e modalità diverse. Ma con un denominatore comune: «I concorsi verranno banditi solo dove ci sono posti vacanti e disponibili», come la neoministra spiega al Sole 24 Ore del Lunedì. Una precisazione rilevante in un Paese che presenta «al Nord graduatorie già esaurite da anni e al Sud invece ancora stracolme».

I concorsi in arrivo

Appena insediatasi alla guida di viale Trastevere, Azzolina ha posto lo sblocco dei concorsi in cima alle sue priorità. Tant’è che il primo incontro con i sindacati è già andato in scena nei giorni scorsi e a breve seguirà un tavolo tecnico. Il suo obiettivo è recuperare il terreno perduto. Tre dei quattro bandi in arrivo sono infatti un’eredità del governo precedente. Pensiamo al concorso ordinario per infanzia e primaria che dovrebbe arrivare per primo e che era già previsto dal decreto dignità del luglio 2018. Quando al Miur c’era ancora il leghista Marco Bussetti. In totale il bando dovrebbe mettere a disposizione 13-15 mila cattedre. E dovrebbe essere articolato in prova preselettiva (solo nelle regioni in cui ci sarà un numero elevato di domande), in uno scritto e in un orale. All’era Bussetti risalgono anche le altre due selezioni (stavolta per medie e superiori) attese entro febbraio. Entrambe sono state poi messe nero su bianco dal decreto scuola 126 del 2019. Dove viene anche precisato che dovranno essere bandite insieme. Una sarà straordinaria(per un totale di 24mila posti); verrà cioè riservata ai precari con almeno tre anni di servizio maturati tra l’anno scolastico 2008/2009 e il 2019/20 sulla base dello schema semplificato previsto dal Dl: niente preselezione, prova scritta a risposta multipla al Pc e orale per chi ottiene i 7/10. L’altra (per un totale di circa 25mila posti) sarà invece ordinaria e dunque aperta a tutti i neolaureati con 24 Cfu. Anche qui, a seconda del numero di domande, potrà esserci o meno una pre-selezione nelle singole regioni.

Di questi tre concorsi, solo quello straordinario per medie e superiori dovrebbe portare in classe i primi vincitori già dal 1° settembre 2020. Affinché anche le altre due abbiano effetto bisognerà aspettare settembre 2021. Ciò significa che per evitare un nuovo boom di supplenze il ministero dell’Istruzione dovrà puntare soprattutto sulle contromisure contenute nel decreto scuola (su cui si veda altro articolo in pagina). Ai tre concorsi citati se ne aggiungerà poi un quarto volto a reclutare circa 5mila prof di religione (a 15 anni dall’ultima selezione). Anche stavolta la fonte è il decreto 126 e anche stavolta la selezione sarà regionale. Con una particolarità: per partecipare bisognerà avere l’idoneità diocesana rilasciata dal vescovo.

La fase due del reclutamento

Le iniziative che la ministra ha in mente non si esauriscono con i concorsi. Ad esempio, per il sostegno – che quest’anno ha visto oltre 10mila posti scoperti – in arrivo c’è il V ciclo dei tirocini formativi attivi, che dovrebbe contare su 21mila posti ed essere aperto anche agli idonei del IV ciclo. E poi, più in generale, la ministra punta a «programmare le assunzioni dei prossimi dieci anni. Per farlo – aggiunge – dovremo partire dal sapere quante persone andranno in pensione, in che regione, in quali province e su quali cattedre». Un lavoro che partirà nei prossimi giorni e che vedrà coinvolti il ministero, l’Inps e gli uffici scolastici territoriali. Tenendo sempre presente la doppia “stella polare” che l’esponente pentastellata ha indicato sin dal momento del suo insediamento: «Assicurare la continuità didattica agli studenti che non dovranno cambiare insegnante ogni anno (in quest’ottica è stato confermato per i neo assunti il vincolo di 5 anni di permanenza nella scuola di titolarità, ndr) e garantire il benessere anche mentale dei docenti che potranno programmare la loro vita».