«Non sono scuole di serie B, strategiche per le imprese»

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

«I dati sulle iscrizioni alle scuole superiori confermano un trend che ormai da molti anni va consolidandosi: tutti al liceo! Dispiace perché, senza nulla togliere agli indirizzi liceali, spesso tanti giovani scelgono partendo da un pregiudizio: che gli istituti tecnici e gli istituti professionali siano di “serie B”. Non è affatto così. Anche fra questi istituti ci sono eccellenze e gli imprenditori apprezzano la qualità dei singoli percorsi, molto vicini alle esigenze del mondo del lavoro e per niente incompatibili con il proseguimento degli studi negli Its e nelle università».

A parlare è Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria per il Capitale umano; e per lui l’obiettivo, adesso, deve essere un’ampia “operazione rilancio” per gli istituti tecnici; a partire, e qui lancia anche una provocazione, dal nome: «Forse – dice – dovrebbero essere chiamati “licei tecnici” per dare il giusto riconoscimento alla loro qualità ed essere attrattivi per le famiglie».

Attualmente, ricorda Brugnoli, in Italia «ci sono tanti istituti tecnici di altissimo livello, come mostrate nell’articolo qui affianco, che infatti sono stati premiati con molte iscrizioni: non devono rappresentare un’eccezione ma diventare modelli replicabili. Proprio per questo servirebbe, anche, una cabina di regia per l’istruzione tecnica. Manca ormai da molti anni una Direzione generale del ministero dell’Istruzione che abbia competenza specifica in materia: l’auspicio è che questa cabina di regia possa essere riconosciuta e inserita nell’ambito dell’imminente riorganizzazione del dicastero», oggi guidato da Lucia Azzolina.

Per il vice presidente degli industriali c’è inoltre un problema di (scarso) orientamento: «Noi come imprese – sottolinea – abbiamo fatto da anni un grande sforzo per raccontare l’offerta di lavoro che arriva dalla manifattura con tanti eventi e occasioni in cui abbiamo aperto le porte delle aziende ai ragazzi. Nei prossimi anni, in particolare, ci sono 205mila assunzioni in settori strategici che in un caso su tre rischiano di sfumare. Addirittura faremo fatica a selezionare un under29 su due». Un paradosso in un Paese che è, contemporaneamente, quarto per dispersione scolastica (data al 14,5% ma che secondo l’Invalsi arriva addirittura al 20% se consideriamo quella implicita, ndr) e terzultimo per disoccupazione giovanile, davanti solo a Spagna e Grecia.

Il tema è delicato. Soprattutto oggi che, come ricorda il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli, «le imprese italiane sono alle prese con grandi trasformazioni (digitale, Impresa 4.0, green economy, competizione internazionale) e hanno sempre più necessità di acquisire personale qualificato». Per ridurre la difficoltà di incontro tra domanda e offerta di lavoro, quindi, secondo Tripoli, «uno dei principali ambiti sui quali intervenire è certamente l’orientamento, in modo che i giovani possano scegliere con consapevolezza, tenendo conto delle attitudini e delle concrete opportunità di occupazione. Un orientamento che, per essere efficace, deve cominciare già dalle scuole medie».

Unioncamere, ogni mese, pubblica un focus dettagliato su sbocchi occupazionali e settori (sistema informativo Excelsior), accessibili a tutti, quindi anche alle scuole; e nel registro per l’alternanza sono attualmente iscritti oltre 58mila tra imprese ed enti pubblici e privati che mettono a disposizione più di 364mila posti per gli studenti.

Per il vice presidente di Federmeccanica, Federico Visentin, l’industria, e in particolare quella meccanica, è vero, è in forte evoluzione, affronta sfide epocali. «Per questo c’è bisogno che gli studenti entrino nelle nostre fabbriche. Il taglio a ore e fondi alla scuola-lavoro è stato un grave errore, chiediamo al governo di ripensarci». Anche perché il legame scuole-aziende «è fondamentale per far conoscere ai ragazzi il mondo della manifattura – aggiunge la responsabile Education di Federmeccanica, Sabrina De Santis -. Non solo. Aiuta anche gli stessi istituti ad adeguare i curricula, e soprattutto consente agli studenti di ricevere una formazione in linea alle esigenze imprenditoriali. In sintesi, offre un passepartout sicuro per il successivo sbocco occupazionale».

Ma per tutto questo, chiosa il vice presidente di Confindustria, Brugnoli, c’è bisogno subito di «programmazione da parte del governo. Servono strategie a medio lungo periodo. I cinesi, ad esempio, sull’istruzione hanno un programma al 2049, io che mi sono occupato di Capitale umano negli ultimi 4 anni ho dovuto interloquire con 6 ministri dell’Istruzione».