Tempo di iscrizioni scolastiche

Tempo di iscrizioni scolastiche

di Giovanni Fioravanti

Febbraio, andiamo, è tempo di migrare. No, è settembre per il poeta e per i pastori. Ma ogni anno a febbraio, a seconda della data di scadenza delle iscrizioni scolastiche, si danno i numeri delle migrazioni dalle medie alle superiori. È un rito a cui il Ministero dell’istruzione non si sottrae, quanti iscritti ai licei, quanti agli istituti tecnici, quanti agli istituti professionali.

Una contabilità distributiva priva di pensiero. Si segnalano percentuali impercettibili di crescita, rispetto agli anni precedenti, di questo liceo a scapito dell’altro, dell’istruzione tecnica a scapito di quella professionale. 

Cosa significhi tutto questo per il sistema formativo del paese, viene il dubbio che al ministero dell’istruzione non abbiano mai sentito l’esigenza di chiederselo, quasi che a contare sia la gara tra istituti scolastici ad accaparrarsi il maggior numero di scritti. 

Se i licei nell’immaginario collettivo, o comunque nella gerarchia dei saperi su cui si fonda l’istruzione nel nostro paese, costituiscono il top dell’offerta formativa, dovrebbe allarmare che solo il 56 per cento,  anziché il cento per cento degli studenti, in uscita dalla terza media, li scelgano ed essere preoccupati per quanto è destinato a perdere il 44 per cento che ha optato per l’istruzione tecnica e professionale. 

Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di scelte che comportano vantaggi differenti. Forse, se non fosse che nel sistema scolastico che ci teniamo dai tempi di Gentile, al di là della loro qualità intrinseca, istruzione tecnica e istruzione professionale sono considerate di serie B e di serie C. Diversamente, tutto sarebbe “luce”, vale a dire liceo, ma oggettivamente non è così.

Cosa spinge un giovane di tredici anni a scegliere un percorso scolastico piuttosto che un altro?

A quell’età è difficile avere davanti a sé un chiaro progetto di vita, se il futuro è vago per gli adulti, figuriamoci per un adolescente, e spesso gli adulti che gli stanno accanto, dai genitori agli insegnanti, con i piedi ben radicati nel presente, spesso disillusi, non sono i migliori consiglieri di un giovane che deve decidere la propria strada.

Non si può fingere di ignorare che a condizionare le opzioni di un tredicenne e della sua famiglia sia il peso che il sistema scolastico stesso ha giocato nella sua esperienza di studente. Non c’è consiglio di orientamento e prospettiva di occupazione qualificata che possano contare.

Ciò che vale è la storia di successi e di insuccessi che ognuno si porta dietro. Se la scuola che ha frequentato gli ha cresciuto la fiducia in sé e l’amore per lo studio o se, invece, di entrambe l’ha deprivato sempre più.

Una storia spesso prodotto non solo dei propri errori ma anche degli sbagli di una scuola incapace di cambiare, imbrigliata nei propri schemi, nei propri stereotipi, nel manicheismo per cui ai licei va chi ha voglia di studiare, chi riesce bene in tutte le materie, mentre per gli altri ci sono gli istituti tecnici e la formazione professionale. Come se la voglia di studiare e la riuscita in tutte le materie fossero una responsabilità individuale di ogni singolo studente e non dell’intero sistema scuola e famiglia.

I numeri delle iscrizioni non ci dicono tutto questo, sono statistiche afone e soprattutto non dicono del fallimento del nostro sistema scolastico spesso incapace di colmare carenze e lacune, che costringe a scegliere come proseguire gli studi con troppo anticipo rispetto a quanto avviene in altri paesi del mondo. Quando ancora non hai potuto misurare i tuoi interessi e i tuoi talenti, costringendo a scelte in base ai talenti che hai dimostrato di non possedere anziché di avere e semmai la colpa non è neppure tua.

È dalla fine degli anni sessanta del secolo scorso che da noi si parla, senza mai concludere niente, di riforme della scuola. Riforme che in realtà non si sono mai volute fare, perché sul significato dell’istruzione, sul diritto a realizzare se stessi nello studio e a non essere umiliati da un sistema che ancora seleziona per censo e per storie, sull’opportunità che costituisce l’istruzione per ogni persona per tutto l’arco della vita, non si è mai voluto ragionare seriamente. 

Ora si sente balbettare di istruzione gratuita per tutti, non si sa con quali mezzi e con quale convinzione, ma prima della gratuità economica occorrerebbe interrogarsi sul significato della gratuità e della passione umana che dovrebbe pervadere di sé tutto il sistema formativo del paese.