L’alfabetizzazione finanziaria, uno strumento di ‘crescita’ per famiglie e donne

da Tuttoscuola

L’educazione finanziaria, secondo l’OCSE, è “quel processo mediante il quale i consumatori/investitori migliorano le proprie cognizioni riguardo a prodotti, concetti e rischi in campo finanziario e, grazie a informazioni, istruzione e/o consigli imparziali, sviluppano le abilità e la fiducia nei propri mezzi necessarie ad acquisire maggiore consapevolezza delle opportunità e dei rischi finanziari, a fare scelte informate, a sapere dove rivolgersi per assistenza e a prendere altre iniziative efficaci per migliorare il loro benessere finanziario”(OCSE 2005, Recommendation on Principles and GoodPractices for Financial Education and Awareness).

Gli italiani e, soprattutto, le donne sanno poco di economia e finanza. Lo dimostrano studi e indagini. Molte ricerche Ocse e in particolare “l’ultimo Rapporto sulle scelte di investimento delle  famiglie realizzate dalla Consob non fanno che certificare l’ignoranza degli italiani. Giovani e meno giovani, tutti bocciati in educazione finanziaria” (“Ora di finanza obbligatoria” di Beniamino Piccone, lavoce. Info del 21 ottobre 2016). Mentre negli altri Paesi le differenze di genere non sono significative, in Italia le donne sono meno alfabetizzate sul piano delle competenze finanziarie  degli uomini.

Anche i risultati dell’’indagine promossa dal Museo di Risparmio di Torino, in collaborazione con Episteme e con il sostegno di Intesa Sanpaolo, per l’acquisizione di puntuali informazioni del livello di consapevolezza e padronanza della popolazione femminile nella gestione del denaro, presentati lo scorso 25 ottobre da Giovanna Paladino, direttrice del Museo, documentano, in particolare, che il grado di educazione finanziaria delle donne è più basso di quello degli uomini. Le forme di discriminazione economica, osserva la professoressa Paladino “possono limitare l’indipendenza della popolazione femminile … Le donne che ne sono vittime perdono autostima e autonomia e tendono a isolarsi e a non avere il coraggio di denunciare abusi e violenze”. Sempre secondo Paladino, diventa essenziale “sensibilizzare le donne sull’importanza di acquisire un’educazione finanziaria di base e stimolare una gestione proattiva dei loro risparmi”.

Il problema non è solo la debole/insufficiente competenza sul tema finanziario, ma spesso la mancanza di interesse da parte delle donne su questi temi, vissuti come elemento maschile, fatto di grandi strategie incomprensibili e  “altro” rispetto alla gestione quotidiana del risparmio domestico.

La ricerca mette, ancora, in evidenza che un livello adeguato di studio non rappresenta una garanzia di maggiore esperienza a livello finanziario. Le donne sono meno preparate degli uomini, pur avendo livelli di formazione di base e terziaria comparabili o superiori.

La rilevazione del Museo del Risparmio ha coinvolto un campione rappresentativo della popolazione italiana compresa tra i 18 e 64 anni. Sono stai somministrati 1030 questioni di cui 752 a un campione specifico dell’universo femminile.

 Approccio sinergico caposaldo per un’azione efficace

Il basso livello di conoscenze finanziarie impone di promuovere riflessioni sui profili più delicati dell’educazione finanziaria, con particolare riferimento alla rilevazione dei bisogni formativi, all’individuazione dei destinatari delle iniziative, priorità e criteri d’intervento, alla definizione di una comunicazione innovativa e efficace. In assenza di puntuali iniziative il problema dell’ignoranza degli elementi economici-finanziario assumerà dimensioni sempre più preoccupanti.

Da qui la necessità di far crescere l’attenzione sull’educazione finanziaria, di parlarne in modo più ampio e diffuso non solo sulla stampa di settore ma anche in talk show e trasmissioni di divulgazione. Anche il sistema educativo potrebbe svolgere un ruolo importante facendo da traino allo sviluppo di azioni che possano stimolare il cambiamento culturale del Paese, assicurando un maggiore coordinamento fra le singole azioni e lo sfruttamento di sinergie tra le offerte disponibili.

I diversi soggetti istituzionali competenti sono chiamati a farsi carico della responsabilità di fare scelte e agire nel più breve tempo possibile. La credibilità della classe dirigente non è solo quella relativa al rispetto delle regole e della trasparenza, è anche quella dell’efficacia dell’azione. Azione che non può risolversi solo nei confronti estenuanti fra i singoli attori per ritrovarsi, infine, nell’ennesima urgenza, sotto la quale giustificare eventuali errori. Si deve assumere la responsabilità di agire, mettendo in conto di poter anche sbagliare perché il peggiore sgarbo che si può fare ai cittadini è il colpevole immobilismo.

Fare educazione finanziaria non è facile perché far parlare le persone dei propri “soldi” non è cosa agevole in quanto non hanno la piena consapevolezza che il denaro di per sé non è buono o  cattivo ma che può essere negativa la finalità per la quale si usa.

C’è la necessità di una strategia nazionale di educazione finanziaria decisa dalla Cabina di regia, presieduta dalla professoressa Annamaria Lusardi, istituita presso il Mef, basata su alcuni elementi definiti, anche sulla base di puntuali contributi del Miur che porti ad un miglioramento della cultura economico-finanziaria delle persone che dimostrano il più basso livello di conoscenza.

L’agenda politica, poiché una delle sfide per l’educazione finanziaria è misurarsi con una platea estremamente differenziata sia in termini di fabbisogni sia di capacità di accesso ai vari canali informativi, in via prioritaria, potrebbe puntare a intervenire su specifici gruppi della popolazione, segmentati per livelli di vulnerabilità finanziaria o bisogni contingenti a eventi del ciclo sociale.

Approccio di sistema per docenti di genere femminile

Poiché l’OECD PISA 2015 che misura l’educazione finanziaria tra gli adolescenti trova che il gap si è ridotto in tutti i paesi tranne che in Italia, potrebbe essere interessante puntare su interventi di informazione e formazione calibrati sul personale docente di genere femminile. Il punto centrale, l’elemento dirimente di questa ipotesi progettuale è il considerare gli insegnanti in quanto genitori e, come tali, portatori di un bisogno connesso principalmente alla sfera personale e familiare. Secondo questa prospettiva destinatari dei percorsi di educazione finanziaria, realizzati dai CPIA, che possono rappresentare un laboratorio di innovazione, sono gli insegnanti/genitori/madri delle scuole di ogni ordine e grado.

Lecito soffermarsi sul perché di tale priorità formativa, visto che può non apparire del tutto chiaro a chi culturalmente considera quel che attiene alle “finanze” come qualcosa di segreto da non “rivelare”.

In primo luogo gli insegnanti costituiscono un bacino d’utenza stabile e numericamente importante che il CPIA potrebbe coinvolgere nei propri percorsi di educazione finanziaria. In valori assoluti sull’intero territorio nazionale gli insegnanti sono oltre 800.000 unità e rappresentano il 6% della potenziale utenza del sistema di istruzione degli adulti. Di questi, oltre l’80% sono donne, target particolarmente interessante da coinvolgere: con riferimento alla ‘financial literacy’ il divario di genere ha un peso significativo.

In secondo luogo i docenti si trovano già nei luoghi presso i quali vengono erogati i percorsi dei CPIA e pertanto è più semplice e immediato intercettarli.

In terzo luogo gli insegnanti potrebbero mettere a profitto le conoscenze e le competenze acquisite nei percorsi di educazione finanziaria non solo per la propria vita personale e familiare ma anche per la loro attività professionale in momenti e in contesti successivi.

Infine, la prospettiva introdotta dalla legge 92/2012, che di fatto crea il diritto ad apprendere lungo tutta la vita, garantisce agli insegnanti – in quanto adulti – l’opportunità di fruire dei percorsi di cittadinanza sviluppati dai CPIA.

Benefit non obbligo

Gli insegnanti infatti sono generalmente visti come fruitori di formazione obbligatoria  in servizio o continua e non destinatari di benefit mirati. Il percorso si configurerebbe come un vero e proprio percorso di apprendimento assicurato dai CPIA nei confronti di uno specifico target (gli insegnanti/genitori/madri delle scuole di ogni ordine e grado) rispetto al più ampio insieme della popolazione adulta.

Questa  prospettiva, che ha risvolti significativi sul piano dell’analisi dei bisogni formativi della popolazione adulta, potrebbe aprire a scenari particolarmente interessanti, fare emergere una domanda di formazione latente e contribuire a ridurre il deficit formativo della popolazione adulta italiana in materia di alfabetizzazione finanziaria, che è tra i più alti nell’ambito delle economie avanzate.

Gli obiettivi della erogazione gratuita di programmi di qualità di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale agli insegnanti-genitori, dovrebbero essere sostanzialmente finalizzati

a far acquisire consapevolezza relativamente al tema della propria vita economica presente e futura, dei punti di forza e debolezza della propria situazione economica e finanziaria, delle necessità presenti e future che consentiranno equilibrio e stabilità che influiscono sulla scelta consapevole di diritti e doveri ossia nell’autonomia di ogni cittadino.

Perché il progetto, un sentiero tutto da percorrere e un campo da arare, abbia successo occorre che i destinatari, per i quali viene pensata, comprendano che essa viene assunta per arrecare benefici futuri per sé e per le nuove generazioni, cioè i figli.

Molti se, ma senza sfide ambiziose non si realizzano risultati significativi. Perché trama e ordito producano più benessere finanziario è necessario un gioco di squadra, una convergenza di intenti fra tutti gli attori, ma anche la messa al bando di una miscela sterile di pessimismo e frustrazione.

Il Miur pensi in grande nel settore dell’educazione finanziaria: questa è la possibilità di vincere una grande sfida, sperando di coglierne i frutti presto.