Asili, ci va solo il 12% dei bambini «Renderlo obbligatorio dai tre anni»

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da Corriere della sera

Valentina Santarpia

In regioni come Calabria e Campania solo il 2,6% e il 3,6% dei bambini frequenta un nido pubblico, contro la media nazionale del 12,3%, che sale al 24% se si considerano anche i servizi integrativi. È da dati come questi, forniti da Save the children, che ritorna l’idea di rendere l’asilo obbligatorio fin dai tre anni. Una proposta, quella lanciata dal segretario dem Nicola Zingaretti, e ripresa dalla viceministra dell’Istruzione Anna Ascani, che punta a rendere la scuola dell’infanzia un diritto di tutti. Già ai tempi del governo Renzi, il disegno di legge di Francesca Puglisi, sullo 0-6, che in parte confluì nei decreti attuativi della 107, la Buona scuola, voleva far diventare la scuola materna l’inizio del percorso di istruzione, considerata sia l’importanza della scolarizzazione precoce che il tasso di disoccupazione femminile, che raggiunge picchi altissimi nelle regioni dove i bambini non possono frequentare l’asilo. Tra Calabria e Emilia Romagna, ad esempio, c’è un abisso: ma è anche vero che in molte regioni del centro-nord sono le paritarie ad assicurare il servizio. Se nella scuola materna statale sono iscritti 900 mila bambini, in quella paritaria ce ne sono 524 mila. I costi sono naturalmente molto diversi

Le risorse

Ma come si supera il gap? Con le risorse, che spesso non sono sufficienti. Negli anni passati moltissime regioni hanno utilizzato i fondi per il sociale per tanti altri scopi, avendo altre priorità che quelle degli asili. E questo ha penalizzato la realizzazione di una rete di scuole dell’infanzia. La Regione Lazio ha appena aumentato le risorse destinate a Comune e famiglie per asili nido e scuole dell’infanzia, portando il totale degli investimenti per i servizi educativi da 0 a 6 anni sale a 36,7 milioni di euro per il 2020, a fronte di circa 34 milioni del 2019. Nello specifico, 24,5 milioni di euro arrivano dal fondo nazionale Miur, mentre l’investimento regionale sale da 11 milioni di euro del 2019, a 12,2 per il 2020. Ma serve un intervento nazionale, che è quello a cui sta lavorando la maggioranza: la strada sarebbe quella francese, che utilizza le convenzioni con le strutture private per garantire alcuni posti ai bambini con tariffe statali. «Occorre garantire a tutti i bambini servizi educativi di qualità, che li accompagnino nelle diverse fasi della crescita, nonché misure a sostegno delle loro famiglie e della conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare. Solo così potremo contrastare i fattori che alimentano il divario tra nord e sud, rischiando di farlo diventare un baratro incolmabile, e che continuano a privare ancora troppi minori, specialmente coloro che vivono nel Mezzogiorno, di opportunità educative indispensabili per il loro futuro», ha affermato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. Ma la strada per la crescita passa dall’investimento.