Cosa può fare il Piano Sud per la scuola?

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da HuffingtonPost Italia 

Non ci si può lamentare perché il meglio è nemico del bene. E’ stato presentato il Piano per il Sud a Gioia Tauro e contiene delle linee di intervento riguardanti azioni sulle scuole del Sud finalizzate, si legge, “a favorire l’apertura delle scuole in orario pomeridiano nelle regioni del Mezzogiorno, risultati attesi: ampliare l’offerta formativa e l’attività pomeridiana, estendere a tutte le regioni del sud le best practice dei programmi di scuole aperte, incrementare docenti e tutor, realizzare i laboratori necessari alle attività e ammodernare la strumentazione”.

È bene precisare: alle condizioni date è esattamente quello che già si fa. Obiettivo a lungo termine: combattere la dispersione scolastica, innalzare il livello delle competenze di base. Cerco di dirla meglio per chi non lo sa. I fondi europei finanziano dal 1994 un asse relativo all’istruzione nelle macroaree regionali europee più bisognose. Abbiamo avuto la programmazione 1994-99, quella 2000-2006, quella 2007-2013, e infine quella attuale 2014-2020. Come funzionano? Il Miur organizza i fondi relativi a ciascuna programmazione – in questo caso Pon Scuola – in misure e temi e fa uscire i bandi, le scuole presentano un progetto e partecipano.

I Pon Scuola al Sud sono tra i fondi europei più spesi. Ai Pon Scuola corrispondono regionalmente i Por Scuola, sempre su fondi UE. Prima notizia: ci sono dunque dal 1994, ben 25 anni. Ampliano l’offerta formativa e l’attività pomeridiana; estendono, per quel che possono, a tutte le regioni del sud le best practices dei programmi di scuole aperte; incrementano, per quel che possono docenti e tutor; realizzano i laboratori necessari alle attività e ammodernare la strumentazione. Parliamo di cifre alte, molto. Si fa. Si è fatto. E si farà. Non mancano i Pon nelle scuole del Sud.

Per quel che s’è speso, le regioni del Sud dovrebbero avere livelli medi di competenze di base pari a quelli della Finlandia e tassi di dispersione scolastica inferiori a quelli di Trento. Invece, per usare un termine noto, su questi due indicatori al Sud siamo in stagnazione da quando ci sono rilevazioni e misurazioni sia di competenze che di dispersione scolastica, ovvero circa 20/25 anni. Evidentemente i Pon non sono risolutivi né compensativi. Compensativi di cosa? Della Scuola che manca.

Faccio un esempio sperando di far capire il funzionamento complicato oltre che complesso. Una scuola risponde ad un bando su fondi pon, presenta un progetto (per avere i fondi devi presentare un progetto e aggiudicarteli con enorme fatica, superando delle difficoltà tali da guadagnarsi il paradiso, sia per la presentazione che per la rendicontazione) messo a punto dalla professoressa Spicola e altri insegnanti o enti o esperti presi dentro o fuori la scuola e la scuola si aggiudica le risorse nell’asse rafforzamento delle competenze di base, ad esempio uno spettacolo teatrale su padre Puglisi.

Al progetto partecipa per forze di cose non tutta la scuola ma un numero limitato di alunni, magari la prof sceglie i più difficili e fragili, i quali comunque non sa se verranno o meno con continuità. Anzi sa che dei 25 previsti a un certo punto se ne troverà 15 e gli altri 10 se li andrà ad acchiappare per l’orecchio vedendoli passare davanti scuola il pomeriggio mentre scappano, perché “proessorè, mica è obbligatorio!”. Dopo sei mesi il progetto è concluso, bello, pregevole, importante. Dico sul serio, sono quasi tutti pregevoli, importanti e utili, per chi li frequenta.

L’anno dopo la prof Spicola non è più in quella scuola, oppure “preside non me la sento di rifarlo, ho 250 alunni, lo sa, devo seguire loro” e un’altra prof se ne occuperà, presentando un progetto sulla coltivazione di un orto, con altri 25 (che diventano 15) bambini – attenzione, possono essere 30, 40, la procedura non cambia -. Nello stesso tempo a Trento una scuola che ha il tempo pieno con risorse dello Stato ha tutti gli alunni a scuola, perché è obbligo, copre tutta la platea con attività si dice “ordinamentali”, cioè sistemiche, continue e non frammentate.

Faccio di nuovo la domanda: come mai a livello sistemico i soldi profusi in progetti e bandi utilizzando la programmazione europea non hanno inciso di molto sul miglioramento delle competenze di base e sui tassi di dispersione scolastica nelle regioni del Sud? Forse perché non sono fatti per compensare l’iniqua e diseguale offerta statale strutturale di istruzione? E forse che “ampliare l’attività pomeridiana” coi soldi dei fondi UE e assimilarla al tempo pieno come sta facendo qualcuno è un errore, se fatto in buona fede, ma è un insulto, se fatto conoscendo le questioni?

Perché la professoressa Spicola, o la singola scuola, si dovrebbe auto-spremere come un limone e collassare a fine anno per programmare, attuare, rendicontare, e svuotare il mare con un cucchiaino, col discontinuo – ovvero con il frammentato, il progettato, il rendicontato, il mutato – ed essere sempre frustrata perché tanto ne può raggiungere 15-20, e i rendimenti quelli saranno?

Perché al Sud la scuola ordinamentale è fatta di 4/5 ore, e comunque in condizioni sempre di affanno e di incertezza, mentre il Bussetti di turno continua a ripeterle che dovrebbe impegnarsi di più, e intanto la collega di Trento si fa le sue brave ore regolamentari e i suoi alunni sono inquadrati in un sistema già pronto, per forza di cose meglio organizzato, che prende tutti i bambini e li tiene strutturalmente a scuola 8 ore al giorno e le diranno ma quanto è brava la collega di Trento? Nemmeno se tutte le prof Spicola si auto-spremessero come limoni riuscirebbero a supplire la mancanza del sistemico, dello stabile e dello strutturale. E comunque il Pierino di Palermo può dire al Gianni di Trento: perché a te sì e a me no?

Perché spremersi quando sa che ai fini del miglioramento del sistema servono anche piccoli cambiamenti ma continui e sistemici che non tutta questa profusione di opzionale? Un partito di sinistra queste domande può e deve porsele, perché alla fine si lasciano indietro quelli che si vorrebbero emancipare, cioè gli ultimi, quando invece le intenzioni buone sarebbero esattamente il contrario. Ma di buone intenzioni si sa… non ci si può lamentare.

E allora, ci sono delle cose utili e importanti che il Piano Sud e i fondi Pon possono fare, hanno fatto e faranno, e apprezzo la voglia di Provenzano di fare il suo per quel che può e gli spetta (mettere in piedi azioni formative per i docenti, continuare a fare una ottima azione di costruzione di comunità educanti, realizzare strutture, laboratori, acquistare tecnologie, arredi, costruire i nidi, continuare a progettare attività). Bisogna mettersi in testa che dove le scuole non arrivano a progettare, quella latitanza ha vari ordini di motivi. Dunque si può supportare, semplificare, mettere in piedi una “stazione di appalto” centrale che da un lato supporti le scuole nell’elaborazione e rendicontazione dall’altro agisca con due o tre progetti centrali. Ma una cosa i fondi Pon non possono fare: sostituire l’attività ordinaria richiesta allo Stato.

L’ordinario che non c’è va dato. Non passa in cavalleria. Non spetta a Provenzano, spetta allo Stato, e ricordarlo allo Stato spetta a un partito di sinistra, che è al governo. Lo ha chiaramente detto anche l’UE: in Italia si tende a utilizzare i fondi UE per compensare vuoti che lascia lo Stato. Non funziona.

Sul piano ordinamentale, in questo momento, lo Stato sta offrendo ad alcuni bambini (perlopiù al Nord e nei centri) 8 ore di scuola ordinamentale, con organico e risorse connesse per il funzionamento delle mense, continua, uniforme, stabile al giorno (tempo pieno) e ad altri (perlopiù poveri, delle periferie, del Sud) 4/5 ore di scuola al giorno, farcendoli però di ogni tipo di “progetto”, che è come dire: ti presto momentaneamente un foulard di seta per supplire al fatto che siamo in inverno e non hai il cappotto. Quelli continuano a sentir freddo. Lo so, molti di voi no comprenderanno appieno quel che ho tentato di spiegare, ma chi deve capire capisce.

Il meglio è nemico del bene, lo so, ma il bene dei fondi Pon e dei progetti ce lo tiriamo dietro dal 1994, nel frattempo abbiamo anche eliminato parte dello strutturale – anziché rafforzarlo -, le compresenze alla primaria e due ore di italiano alle medie.

A questi altri bambini, si sta facendo un torto grave in termini di diritti costituzionali e di livelli essenziali di prestazione, giusto per star sul pezzo. “Le famiglie non lo chiedono”, i partiti fanno finta di non saperlo e nel mentre i talk show e i social sono zeppi di grandi nomi che giustamente mettono in cima gli investimenti in istruzione come leva di sviluppo; ma a qualcuno di noi tocca uno sporco mestiere, ripeterlo: investimenti vi prego, non fichi secchi. Non è che perché abbiamo un ottimo Piano Sud ci possiamo permettere di andare in tv in prima serata a dire che da ottobre ci sarà il tempo pieno nelle scuole del Sud eh? Una musica può fare, di di din, la la la. Cocorichì cocoricò.

Una musica può fare
Salvarti sull’orlo del precipizio
Quello che la musica può fare
Salvarti sull’orlo del precipizio
Non ci si può lamentare