Coronavirus, se si perderà un mese di lezioni? In Italia manca piano recupero didattica. In Cina lezioni online

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da Orizzontescuola

di Avv. Marco Barone

Alla fine è arrivato. Era questione di tempo. Nessun Paese può dirsi immune. E’ noto come coronavirus, ma il suo nome è Sars coV2, la malattia è nota come Covid 19. Una nuova SARS.

Che, nata sempre nei paesi asiatici ebbe una durata di una decina di mesi determinando 8 096 casi e 774 decessi in 17 Paesi. I dati scientifici ad oggi a disposizione affermano che il “nuovo coronavirus ha un tasso di letalità sensibilmente inferiore rispetto a quello osservato per altri coronavirus come SARS e MERS, anche se la sua contagiosità è maggiore“. Il punto è che pare non esserci alcun piano nazionale a livello ministeriale che sia in grado di affrontare emergenze come queste in modo strutturale ed omogeneo. Ed ognuno va per la propria strada.

Chiudere le scuole è una misura doverosa

Le ordinanze che si stanno diffondendo parlano di sospensione della frequenza delle attività scolastiche e dei servizi educativi da parte della popolazione residente nei comuni sopracitati, con l’esclusione della frequenza dei corsi telematici universitari. In realtà, non si è in presenza di mera sospensione delle attività scolastiche, ma si è in presenza di chiusura della scuola. E la differenza non è da poco conto. Perché, come è noto, in caso di sospensione dell’attività didattica, la scuola non è chiusa. Non si faranno le lezioni. Durante la sospensione delle lezioni possono essere effettuatesolo attività funzionali all’insegnamento di carattere collegiale previste nel Piano Annuale delle Attività deliberato dal Collegio. E gli ATA, ivi incluso il Dirigente scolastico, pertanto, potranno recarsi in servizio. Cosa che non accade e non deve accadere,invece, durante la chiusura della scuola come disposta da specifica ordinanza che in casi come questi sono misure straordinarie sacrosante da adottare, nonché doverose. Come ha ricordato la giurisprudenza amministrativa i presupposti per l’adozione dell’ordinanza sindacale con la quale si dispone per motivi igienico-sanitari e a salvaguardia della salute pubblica, di provvedere ad eseguire i necessari interventi sono la sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento (Cons. Stato, V, 18 giugno 2018, n. 3727, tra le altre); la provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti (Cons. Stato, VI, 10 dicembre 2018, n. 6951), o comunque la proporzionalità del provvedimento (Cons. Stato, V, 26 aprile 2018, n. 2535), non essendo possibile adottare ordinanze contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile, a tutela della pubblica incolumità (Cons. Stato, V, 26 luglio 2016, n. 3369); il potere di ordinanza, inoltre, presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione, e in ragione di tali situazioni si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale (così, da ultimo, Cons. Stato, V, 21 febbraio 2017, n. 774, che richiama, nello stesso senso, i precedenti di cui a Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2016, n. 1189; 25 maggio 2015, n. 2967; 5 settembre 2015, n. 4499.

Il problema dei 200 giorni

L’USR dell’Emilia Romagna con nota Prot. n. 1513/2012 aveva disposto che “L’anno scolastico resta valido anche se le cause di forza maggiore hanno comportato la discesa del totale al disotto dei 200 giorni”, e con nota Prot. n. 1554/2012 che “le assenze degli studenti imputabili alla grave situazione meteorologica in corso possano rientrare nelle deroghe previste dalle norme sopra richiamate e non pregiudicare la possibilità di procedere alla valutazione degli studenti interessati”. Il MIUR, con la circolare numero 1000 del 22 febbraio 2012, forniva indicazioni alle scuole sulla validità dell’anno scolastico e sugli eventuali adeguamenti dei calendari scolastici a seguito degli eccezionali eventi atmosferici considerati, ribadendo, come hanno già fatto diversi Uffici Scolastici Regionali, che “è fatta comunque salva la validità dell’anno scolastico”anche in caso di “discesa dei giorni di lezione al di sotto del limite dei 200” in conseguenza di “cause di forza maggiore”.

La prestazione del lavoratore quando non va recuperata

L’articolo 1256 del codice civile afferma:“L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”. Al successivo articolo 1258 sempre del cod. civile, si legge:“Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile. La stessa disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa determinata, questa ha subito un deterioramento, o quando residua alcunché dal perimento totale della cosa”“La stessa disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa determinata, questa ha subito un deterioramento, o quando residua alcunché dal perimento totale della cosa”. Da quanto sopra si evince chiaramente che non è dovuto alcun recupero, da parte del lavoratore (docente o ATA che sia), per le ore di lavoro eventualmente non prestate, fermo restando il diritto alla retribuzione, per i casi riconducibili all’impossibilità di rendere la prestazione lavorativa.

Conseguentemente dipendente in casi come questi non è tenuto a provare d’aver messo a disposizione del datore di lavoro le sue energie lavorative, in quanto, per il solo fatto della sospensione unilaterale del rapporto di lavoro, la quale realizza un’ipotesi di mora credendi, il prestatore, a meno che non sopravvengano circostanze incompatibili con la volontà di protrarre il rapporto suddetto, conserva il diritto alla retribuzione. (Cassazione civile sez. lav. 16 aprile 2004 n. 7300).

Pertanto l’assenza dal lavoro dovuta a circostanze come queste non costituisce, di per sè, inadempimento di obblighi contrattuali, ma integra, in applicazione dei principi generali in materia di obbligazioni e contratti, (art. 1256, 1258, 1463, 1464 c.c.) un fatto oggettivo determinante una sopravvenuta impossibilità temporanea e parziale della prestazione di lavoro. (Cassazione civile sez. lav. 30 marzo 1994 n. 3118).

Ma si rischia chiusura scuole o sospensione delle lezioni per settimane, che fare?

Il problema è che le emergenze trattate sino ad oggi riguardavano qualche giorno di chiusura. Qui,se si va a guardare quanto successo in Cina, ad esempio, si potrebbe addirittura profilare la chiusura o la sospensione delle attività didattiche anche per un mese. E chiaramente delle domande bisogna farsele, se si dovesse arrivare a questo estremo. Si possono interrompere le lezioni per un periodo così lungo? Quali le conseguenze? E per questo che servirebbe un piano nazionale che possa dare delle risposte. Ad oggi non c’è. Siamo impreparati. Eppure non è la prima volta che ci troviamo ad affrontare nel mondo problematiche del genere. Certo, fino a quando non succede a casa tua, non ci pensi, in Italia si ragiona così, ma una buona amministrazione della cosa pubblica vorrebbe una gestione diversa,soprattutto quando si tratta di questioni che già avevano pre-allarmato. E si rischia anarchia totale. Ci possono essere dei fari di riferimento. Ricordiamo ad esempio quello che accade nel caso dell’istruzione in ospedale. Si rimarca che la collaborazione fra scuola operante in ospedale o in luogo di cura e la scuola di appartenenza dell’alunno o dello studente è fondamentale anche nelle fasi di valutazione ed esame. Infatti,la valutazione, ai sensi del decreto legislativo 13 aprile 2017, n.62, è di competenza diversa a seconda della durata della frequenza scolastica in ambito ospedaliero o in classe. Ai sensi dell’art. 22 del D.lgs. n. 62/2017, per “(…) le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti frequentano corsi di istruzione funzionanti in ospedali o in luoghi di cura per periodi temporalmente rilevanti, i docenti che impartiscono i relativi insegnamenti trasmettono alla scuola di appartenenza elementi di conoscenza in ordine al percorso formativo individualizzato attuato dai predetti alunni e studenti ai fini della valutazione periodica e finale”.

Dunque, il carattere della collaborazione è un valore da salvaguardare. Bisognerà trovare un modo per garantire l’apprendimento durante un periodo di quarantena. Si parla anche del caso dell’insegnamento capovolto. Come si legge su Wikipedia “L’insegnamento capovolto fa leva sul fatto che le competenze cognitive di base dello studente (ascoltare, memorizzare) possono essere attivate prevalentemente a casa, in autonomia, apprendendo attraverso video e podcast, o leggendo i testi proposti dagli insegnanti o condivisi da altri docenti. In classe, invece, possono essere attivate le competenze cognitive alte (comprendere, applicare, valutare, creare) poiché l’allievo non è solo e, insieme ai compagni e all’insegnante al suo fianco, cerca, quindi, di applicare quanto appreso per risolvere problemi pratici proposti dal docente. Il ruolo dell’insegnante ne risulta trasformato: il suo compito diventa quello di guidare l’allievo nell’elaborazione attiva e nello sviluppo di compiti complessi”. Si tratta di casi emergenziali. I problemi a livello tecnico da affrontare sono plurimi, ma delle soluzioni andranno valutare, con immediatezza, perché qui rischia di profilarsi una situazione di difficile gestione. Ed una riflessione andrebbe fatta sul punto, perché rischiamo di essere impreparati ad affrontare una quarantena diffusa sul territorio nazionale.