«Il quarto anno all’estero? Non è solo per secchioni»

da Il Sole 24 Ore

di Maria Piera Ceci

Studiare dieci mesi nel cuore della Cina, prima del cataclisma del coronavirus. «Proprio dove vivono i Panda» scherza Christian Ferri. Classe 1998, di Cassano d’Adda, alle porte di Milano, nell’agosto 2015 Christian ha lasciato il liceo linguistico Facchetti di Treviglio (Bergamo) per frequentare il quarto anno all’estero alla Deyang Foreign Language School, vicino a Chengdu. Dieci mesi trascorsi in parte nel college della scuola, in parte in famiglia, grazie al programma di Intercultura. Ora è al terzo anno della facoltà di Scienze linguistiche e relazioni internazionali, all’università Cattolica di Milano.

Com’è nata l’idea del quarto anno all’estero in Cina?

Studiandola a scuola, la cultura cinese mi aveva colpito. I cinesi sembrano tanto diversi da noi occidentali e non c’è modo migliore per capirli se non andare a trovarli a casa loro e vivere con loro.

Com’è stato rientrare in Italia?

A me è sempre piaciuto studiare, ho sempre avuto una media superiore all’8, però non penso che sia un’esperienza riservata ai secchioni. È un’esperienza che accresce tutte le competenze, quindi la consiglio a tutti. Il rientro poi è stato guidato, nel senso che mi ero messo d’accordo con i professori prima della partenza sul programma da preparare. Ho passato l’estate prima di partire a preparare alcune materie e l’estate appena tornato a completare la mia preparazione, perché durante l’anno in Cina ho deciso di non seguire il programma italiano, ma di immergermi in quello che stavo vivendo. In Italia poi sono tornato in fretta alla media di voti di prima e alla maturità sono uscito con cento

Com’è differente il modo di studiare in Cina rispetto al nostro?

Si studia sicuramente di più rispetto all’Italia, si impara tanto a memoria, uno studio finalizzato al risultato e alle competenze. È uno schema mentale molto diverso da quello a cui siamo abituati. Si sta a scuola dalla mattina alle otto fino anche a dopo cena per preparare la lezione del giorno dopo, però c’è anche il tempo per lo svago, il riposo e lo sport. Quindi giornate lunghe e impegnative.

Ora che sei al terzo anno di università, cosa credi che ti abbia regalato questa esperienza dal punto di vista del tuo percorso di studi?

Mi ha dato grinta e fiducia nelle mie capacità. Di fronte a un esame lungo o difficile, so che in un modo o nell’altro riuscirò ad arrivare alla fine. La consapevolezza che mi arriva dal conoscere le mie possibilità mi sprona a dare il massimo. Se me la sono cavata un anno in Cina da solo, me la posso cavare anche con un esame universitario.