D. Horvilleur, Riflessioni sulla questione antisemita

Gli ebrei e l’antisemitismo

di Antonio Stanca

 In allegato al quotidiano “la Repubblica” è recentemente uscito Riflessioni sulla questione antisemita, un breve volume del rabbino francese Delphine Horvilleur. La traduzione è di Elena Loewenthal. L’opera era comparsa la prima volta in Francia nel 2019. L’autrice è la terza donna rabbino della Francia. Qui, a Parigi, dirige una congregazione ed è condirettore del Movimento ebraico liberale.

   La Horvilleur è nata a Nancy nel 1974, a diciassette anni si è trasferita a Gerusalemme, dove ha studiato, presso l’Università, Scienze della vita. In seguito è tornata a Parigi, ha lavorato come giornalista ed è venuta a contatto con noti studiosi ebrei. Andata a New York, ha ripreso gli studi ed è stata ordinata rabbino. E’ rientrata, quindi, definitivamente in Francia ed è diventata caporedattore della rivista “Tenou’a” che ha trasformato in un riferimento importante per il pensiero ebraico liberale francese.

   Ha scritto opere importanti riguardo alla storia, alla religione, alla cultura, alla letteratura degli ebrei e quest’ultima vorrebbe essere un’ulteriore conferma dei profondi studi, delle ampie conoscenze, delle appropriate riflessioni che la Horvilleur ha compiuto circa gli ebrei. Un’esperta della storia, della cultura e della vita degli ebrei potrebbe essere considerata, una grande conoscitrice del loro pensiero, dei loro problemi e di tutto quanto, da studiosi di ogni parte del mondo, è stato scritto a tal proposito. Ricche di citazioni, di documenti, di riferimenti, che vanno dall’antichità più remota ai tempi più recenti, sono, infatti, le sue opere compresa questa che, però, è diversa da quanto detto e scritto finora riguardo all’antisemitismo. Non all’esterno bensì all’interno della storia degli ebrei essa si impegna a cercare le cause del fenomeno. Nuova è questa via rispetto alle tante altre finora percorse e rivolte ad indicare altra gente, altri popoli come responsabili dell’antisemitismo. Le sue cause, nota la studiosa, sono proprie di questo popolo, sono legate alla sua storia, alla sua vita ed espresse dalla sua scrittura, dalla sua letteratura, dalla sua tradizione orale. Nei testi sacri, nella tradizione rabbinica, nelle antiche leggende ebraiche è andata a cercare la studiosa le origini dell’antisemitismo e le ha scoperte. Ha scoperto che l’avversione, la rivalità, la condanna nei riguardi degli ebrei viene da lontano, dall’antichità, da quando era cominciato il loro destino di popolo errante. Sempre cacciati, sempre in fuga erano stati perché sempre ritenuti pericolosi, dannosi. Non c’era stata nazione presso la quale si erano stabiliti che non avesse visto minacciata da essi la propria integrità, la propria unità, la propria identità. Gli ebrei erano ritenuti un impedimento per quel sogno, per quell’ambizione di pienezza, di totalità che ogni stato coltiva. La loro presenza era vista come un ostacolo, un limite a questa realizzazione oltre che alla stabilità economica, all’atmosfera culturale, alla letteratura, all’arte, alla religione di quello stato. Essi non si combinavano, non s’integravano con la gente del posto, non facevano insieme a questa un unico popolo ma distinti rimanevano poiché diversi si ritenevano ed erano ritenuti. Sulle cause, sugli aspetti, sui modi, sulle valutazioni di questa distinzione, sulla storia di questa diversità molto si sofferma la Horvilleur nel libro. Farà di essa l’eterno motivo dell’antisemitismo, la attribuirà a problemi di ereditarietà di caratteri, di civiltà, di sesso, di elezione fin quando non giungerà a dirsi incapace di stabilire tra tanti elementi, vecchi e nuovi, cosa significa oggi essere ebreo e perché si è stati e si è antisemiti. Così conclude la sua opera dopo un percorso immenso, infinito tra la lunga storia di questo popolo, i suoi tempi, i suoi luoghi, i suoi personaggi, le sue opere, tra tutto quanto è stato suo. Succederà, però, che questa ampiezza, venuta agli ebrei dalle tante esperienze vissute attraverso le loro generazioni, sia dalla studiosa vista come il segno della loro grandezza. Basterebbe quella, secondo la Horvilleur, a farli considerare diversi dagli altri, da tutti, a farne “il popolo eletto”.