Smartphone, computer e concerti. Così i prof spendono il bonus formazione

da La Stampa

Un nuovo computer, ma anche biglietti per cinema e mostre. Un po’ per la formazione e molto per l’acquisto di tablet e pc. E poi, concerti e spettacoli. Ma nulla (o quasi) per approfondire una lingua. Ecco dove finisce buona parte dei soldi che gli insegnanti italiani hanno in dote con la “carta docente”.

I contributi

Solo un un quarto della spesa annuale stanziata dal ministero dell’Istruzione per il “bonus” viene speso per la formazione. Il resto dei soldi, da 4 anni, i docenti li spendono soprattutto per comprare pc e tablet. E nell’ordine: per andare a teatro, al cinema, ai concerti e per visitare musei. Tutto è previsto dalla legge che ha istituito la card, sia chiaro. Eppure il dibattito sui paletti che andrebbero introdotti e sull’opportunità che la spesa sia più centrata resta aperto. E non solo in ambito politico-istituzionale. Sindacati e associazioni auspicano un confronto con l’obiettivo che al centro ci sia solo l’aggiornamento e la formazione, che il “portfolio professionale” dei docenti sia l’unico destinatario della card. È con la riforma “la Buona Scuola”, che, per la prima volta in Italia, viene introdotta la carta docente. La legge 107 del 13 luglio 2015 istituisce un bonus annuale di 500 euro che ogni docente può utilizzare per prendersi cura della propria formazione.

Il borsino

A iniziare dall’anno scolastico 2016-2017, fino al 7 gennaio scorso, lo Stato ha sborsato più di un miliardo di euro per la formazione dei 750 mila docenti italiani. Nel primo anno la dotazione finanziaria fu di quasi 256 milioni. Nell’anno successivo furono stanziati altri 350 milioni; l’anno dopo il fondo arrivò a quota 315 milioni mentre quest’anno la spesa sarà di 380 milioni: poco più di 134 milioni sono stati già spesi entro il 7 gennaio. Il grafico mostra come in quattro anni la percentuale dedicata alla formazione è in leggera crescita: si passa dal 21,51% del primo anno per sfiorare circa il 30% nello scorso anno. Ma il dato fornito dal Miur aggrega corsi di formazione e libri. In quel dato, per capirci, sono contabilizzati sia i libri di approfondimento didattico e pedagogico ma anche i romanzi di ultima generazione, da “L’Amica geniale” di Elena Ferrante a “Lolita Lobosco” di Gabriella Genisi, fino ai volumi di ricette di Benedetta Parodi. «Ogni libro acquistato è auto-aggiornamento professionale – sottolineano dal ministero dell’Istruzione – La scelta è discrezionale: non è detto che gli insegnanti debbano spendere i soldi della card solo per libri su materie di insegnamento».

Le spese strane

Impossibile sapere, dunque, se i docenti spendono di più per i libri o per corsi. «Quattro anni fa non c’era nulla. Non esisteva la card, non esisteva la piattaforma Sofia dove viene erogata la formazione tramite enti e associazioni di categoria accreditate dal ministero. Ora leggendo i dati si comprende come cresca, anno dopo anno, la responsabilizzazione dei docenti verso la loro crescita professionale e culturale», commenta Davide D’Amico, dirigente dell’Ufficio formazione del Miur. «Anche la spesa sui device informatici – aggiunge – può avere una ricaduta sulla didattica». Pc e tablet sono gli acquisti più gettonati ma restano tutte sotto lo zero le percentuali dei docenti che utilizzano i soldi della carta per le certificazioni informatiche cresciute dallo 0,19% del 2017 fino allo 0,46% del 2019.

Eli. for.