Scuola del Sud

Scuola del Sud: un confronto tra economisti

di Francesco Scoppetta

Molto interessante è il confronto sul tema “Perchè la scuola al sud è senza qualità” instauratosi in seguito ad un articolo (lavoce.info) di Tito Boeri e Alessandro Caiumi.

Tra i tanti divari tra Nord e Sud, c’è anche quello nei risultati scolastici, misurati dai test in matematica, scienze e lettura e comprensione di un testo, sottoposti agli studenti quindicenni nell’ambito del programma internazionale Ocse-Pisa.

Nell’ultima rilevazione del 2018 la differenza nei test in lettura tra il Nord-Est e la ripartizione Sud-Isole (che comprende Basilicata, Calabria e le due Isole) è stata di ben 62 punti. Quali sono le sue cause?

Secondo Tito Boeri e Alessandro Caiumi i risultati inferiori degli studenti meridionali dipendono dalla “scarsa attenzione di padri e madri per quello che i figli imparano al di là del titolo di studio”.

A tale conclusione indurrebbero tre indizi. 1) i punteggi del Nord e del Sud, molto simili nella scuola primaria, si differenziano in quella secondaria, quando il carico di studio diventa maggiore; 2) le differenze nei punteggi nelle scuole migliori (in genere i licei) sono molto piccole, mentre sono più ampi tra le altre scuole; 3) “ i genitori del Sud sono meno propensi a prendere l’iniziativa di andare a parlare con gli insegnanti” rispetto a quanto avviene altrove.

Vittorio Daniele, professore ordinario di Politica economica all’Università Magna Graecia di Catanzaro, smonta le conclusioni di Boeri e Caiumi osservando come in Italia i punteggi scolastici decrescono man mano che si procede verso Sud.

Nei test in lettura, dai 500 punti del Nord si passa ai 483 del Centro, per scendere ai 453 del Sud fino ai 439 punti del Sud-Isole. Pare difficile che sia l’attenzione dei genitori a scemare progressivamente da Nord a Sud.

“Il fatto è che i risultati scolastici sono disuguali perché l’Italia è un paese socialmente ed economicamente disuguale. A meno che si voglia credere che nascere a Bolzano o in un paese dell’Aspromonte non faccia alcuna differenza”.

La replica di Boeri e Caiumi è lapidaria: la tesi di Daniele ” è che ci sono i divari perché ci sono i divari, il che tra l’altro non concede alcuna speranza al Sud, dato che il capitale umano è il fattore più importante per la crescita”.

“I dati” scrivono i due economisti “ci permettono di andare più a fondo e di vincere questa rassegnazione. Lo stesso Daniele riconosce quanto mettevamo in rilievo nel nostro intervento, vale a dire che, a parità di reddito, condizione professionale e titoli di studio dei genitori, i divari regionali permangono. Certo, non c’è solo la famiglia. Ma la famiglia è estremamente importante, soprattutto al Sud per ragioni storico-culturali. Non è chiaro cosa Daniele intenda per contesto. Al Sud ci sono peraltro differenze enormi nei rendimenti fra classi dello stesso istituto, che, al di là delle differenze di reddito fra le diverse famiglie, raccoglie allievi provenienti in gran parte dallo stesso “contesto”.

I divari presenti in paesi come Canada e Spagna cui fa rifermento Daniele sono molto meno marcati e persistenti di quello italiano, dove nell’ultima rilevazione si è arrivati ad uno scarto di 70 punti per matematica. E sono molti i paesi con un reddito pro-capite nettamente inferiore a quello del nostro Mezzogiorno e un contesto socio-economico non favorevole, come per esempio Serbia e Ucraina, che vantano risultati migliori di quelli delle scuole del nostro Sud”.

Questo confronto tra due posizioni abbastanza distanti mi appare stimolante, per la semplice ed evidente ragione che la cura non si trova se non si individua, sia pure per approssimazione, la malattia.

Ora, mentre Boeri e Caiumi puntano sulla rigorosa selezione degli insegnanti (attraverso veri concorsi e non sanatorie) in grado di elevare non solo i propri allievi, ma anche i loro genitori, Daniele inserisce la parte (la scuola non di qualità del Sud) dentro il tutto, la questione meridionale.

Da parte mia, per la piccola esperienza di ex dirigente scolastico calabrese, vorrei ricordare due fatti.

Il primo riguarda l’azione testarda e illuminata che la direttrice Lucrezia Stellacci condusse a suo tempo in Puglia per la formazione degli insegnanti sulle prove Invalsi. Quella formazione a tappeto consentì alla sua Regione di ottenere risultati vicini ai livelli settentrionali.

Il secondo fatto riguarda la notoria eccedenza di voti altissimi agli esami di Stato in alcune scuole calabresi in controtendenza rispetto alle prove oggettive.

Dal momento che tutta la politica calabrese, invece di stigmatizzare tale elargizione di voti alti, li esalta, confermando la teoria che anche i voti scolastici al Sud vogliono essere “compensativi” della “arretratezza del contesto”, al pari di falsi invalidi, falsi incidenti stradali, abbondanti leggi 104, accosterei ai genitori, i politici. Tutti insieme, cioè la società meridionale, considerano la scuola una fabbrica di pezzi di carta inutili per trovare lavoro.

Pertanto la scuola inutile insomma non deve far perdere tempo ed anni. Siccome al Nord ancora qualche lavoro si trova con una laurea o qualche tipo di diploma (così come al Sud soltanto alcuni tipi di lauree aprono prospettive occupazionali) sarebbe utile ripartire da questi due fatti che ho ricordato per riconsiderare la qualità di una scuola regionale meridionale.