La comunicazione e la percezione sociale della salute e della malattia

La comunicazione e la percezione sociale della salute e della malattia

I mezzi di comunicazione, l’informazione, i fatti, la comprensione: la media education.

di Maria Grazia Carnazzola

Da quando la notizia del diffondersi del coronavirus in Cina e in altre parti del globo, lontano da noi, ma soprattutto da quando un caso è stato rilevato a Codogno, la gente ha iniziato seriamente a preoccuparsi sia perché la malattia ora è in casa, sia perché le informazioni veicolate dai media sono contradditorie. L’operatodel Governo, di cui si fatica a cogliere sia il progetto complessivo sul lungo periodo sia la logica delle azioni che via via si susseguono per affrontare l’emergenza e gli accadimenti nel brevissimo periodo, non aiuta certo a comprendere quale sia la situazione reale creando non poco allarme. Non a caso, come testimoniano i dati resi noti da Google Trends, le parole più cercate in internet sono ad esempio contagio, epidemia, pandemia,disinfettanti, quarantena, isolamento, focolaio, infettare…. Le parole non sono neutre, veicolano la memoria e la cultura a cui appartengono rimandando all’immaginario che generano, in questo caso un immaginario di paure. Il web pubblica immagini che, associate alle parole, creano scenari poco rassicuranti se si pensa agli scaffali vuoti nei supermercati, alle mascherine esaurite, ai disinfettanti di tale o tal’ altra marca introvabili…

Sono in primo piano due importanti fattori del vivere umano e del vivere in comunità: il diritto all’informazione, e a una comunicazione corretta, e il diritto alla salute.

1. La comunicazione

 È opinione comune che lo sviluppo dei media abbia portato rilevanti cambiamenti a livello culturale, sociale e politico, contribuendo in modo determinante al passaggio dalla società liberale alla società di massa. La transizione dalla carta stampata ai media elettronici ha cambiato radicalmente il modo di comunicare e di utilizzare l’informazione, ridefinendo l’organizzazione del tempo e dello spazio, il senso di appartenenza a gruppi sociali e a comunità- prima limitate spazialmente e lunghe nel tempo – e il modo di vivere emozioni e sentimenti, creando quel “mondo mediato”, come lo chiamava J.B.Thompson, che plasma sia la nostra conoscenza del mondo al di là di quello che sperimentiamo personalmente, sia l’idea della posizione che occupiamo e del ruolo che giochiamo.

Il senso del tempo e dello spazio dipende dal   personale senso della distanza, di quello che riteniamo essere vicino o lontano, ed è collegato ai mezzi che abbiamo a disposizione per muoverci. Ma anche i mezzi di comunicazione hanno un ruolo centrale nella costruzione del nostro concetto di lontano. Nel passato, le informazioni venivano trasportate fisicamente e il tempo che intercorreva tra l’invio e la ricezione dava il senso della distanza: se la velocità aumentava, la distanza sembrava diminuire. Lo sviluppo delle telecomunicazioni ha sganciato la percezione della distanza dal tempo di percorrenza, rendendo praticamente nullo il tempo di trasmissione: la durata del trasporto e la lontananza non coincidono più. Aumenta la velocità della vita reale e il mondo sembra più piccolo. Tutto accade qui ed ora. L’effetto di realtà porta l’impressione di vedere con i propri occhi come stanno le cose. La capacità di annullare le distanze dei media elettronici riduce lo spazio temporale tra eventi e l’informazione su quegli eventi, moltiplicandone l’efficienza nella comunicazione. Questo è l’effetto sociale più rilevante perché rompe i legami esistenti tra luogo fisico e luogo sociale, effetto già trattato da McLuhan, e ognuno partecipa direttamente delle esperienze altrui ed è direttamente coinvolto da qualsiasi cosa accada.

I media danno l’impressione di limitarsi a veicolare le immagini degli eventi, di essere una finestra sul mondo, di essere trasparenti. Non è proprio così: i media trasformano gli eventi, li curvano sui propri linguaggi, sui propri ritmi e obiettivi. Il nostro sguardo è vincolato a quello del “regista” e le immagini sono scelte e contestualizzate per precise scelte di messaggi da veicolare e, in quanto immagini, producono quell’effetto di realtà così efficace sul piano della comunicazione. Si sa come accadono i fatti e si sa come si deve fare, non serve altro. In questo sta l’efficienza informativa dei media che porta, inevitabilmente, all’omologazione di pensiero e di azione. Per una migliore comprensione è utile una sottolineatura che riguarda la diversa accessibilità semantica dei media basati sulla stampa (riviste e quotidiani) e dei media elettronici (Internet, radio, televisione…). La prima differenza riguarda i codici di accesso: se non so leggere, difficilmente potrò fruire delle informazioni riportate da un quotidiano e, dalle riviste potrò trarre informazioni dalle immagini, ma il significato complessivo non sarà alla mia portata.Ma per comprendere appieno le informazioni di un quotidiano non basta saper leggere, serve un bagaglio culturale. L’accessibilità semantica della carta stampata, quindi, non è elevata. Contrariamente a quello che succede, per esempio, con la televisione o con Internet. Tutti possono accedere all’informazione, anche chi non sa leggere o non comprende la lingua veicolare, necessariamente semplificata: le immagini e gli elementi sovrasegmentali del testo compensano le difficoltà linguistiche per una facile comprensibilità. E la trasmissione delle informazioni avviene in tempo reale per l’intero giorno.  

2. La percezione sociale della salute e della malattia

Nel corso degli ultimi secoli la medicina ha compiuto enormi passi in avanti sia sul piano diagnostico e terapeutico, sia sul piano della ricerca di base. La conoscenza dell’organismo umano e del suo funzionamento, fino al livello molecolare, ha permesso di identificare i fattori eziologici di molte malattie e di controllarli grazie ai risultati conseguiti sul piano della ricerca farmacologica. Paradossalmente, però, aumentano il numero delle malattie, la richiesta di visite specialistiche e il consumo di medicine. Evidentemente nel tempo si è modificato il concetto di malattia. Un tempo considerarsi sani significava non avere patologie che impedissero il lavoro; oggi essere sani significa rimandare a un senso più ampio di benessere che comprende la forma psicofisica ma anche elementi estetici che moltiplicano i bisogni di” benessere” alimentati dall’industria della salute e dalla logica di mercato.

Sappiamo che la medicina non è una scienza. i Greci la consideravano una sintesi tra scienza, tecnica ed arte; una tecnica che si serve di altre scienze come la biologia, la fisiologia, la genetica, la farmacologia…seguendo il sistema della gerarchia naturale: biochimico, fisiologico, psicologico e sociale. Se le scienze progrediscono, progredisce la medicina, maparallelamente aumentano i problemi da risolvere. Una questione centrale è la raggiunta consapevolezza che non si curano malattie ma malati e i malati non costituiscono gruppi omogenei: è unaconquista il modello bio-psico-sociale della medicina, ma è anche possibile fonte di incertezza. Se dall’opinione pubblica la flessibilità che il modello comporta è percepita come approssimazione, e viene unita all’irrazionalità sempre presente nella natura umana, si può ingenerare l’idea che tutte le soluzioni siano possibili e tutte le terapie siano equivalenti, provengano esse da una ricerca scientifica o derivino dal senso comune. Se tutti conosciamo gli stessi fatti e sappiamo come fare, un’opinione vale l’altra, tutti contiamo uno, indipendentemente da chi siamo, da che cosa rappresentiamo e dalla giustificazione che portiamo alle nostre proposte. “La giustificabilità è un valore etico fondamentale in tutte le pratiche umane, perché è legato alla responsabilità delle opinioni che adottiamo” sostiene Mauro Dorato. L’accesso universale alla conoscenza, uno dei fondamenti della società orizzontale, fa perno appunto sul concetto di dimostrabilità, ma, per comprenderlo a fondo, bisogna saper ragionare criticamente, ciò padroneggiare quello che viene definito “pensiero critico”, indispensabile per orientarsi nel crescere esponenziale dell’informazione, del sapere specialistico nonché del sapere fasullo, le cosiddette fake news.

3. Il coronavirus, l’emergenza, la Scuola

Superata questa fase di emergenza, la Scuola non potrà non affrontare il problema, o i problemi, che si sono venuti a creare a seguito del diffondersi del virus Covid-19. Se uno dei compiti della Scuola è educare a vivere la complessità, quale occasione migliore di prendere in considerazione gli accadimenti interrelati del mondo globalizzato e le loro conseguenze? I bambini e i ragazzi che frequentano oggi le nostre scuole, e che saranno gli adulti di domani, quali strumenti di pensiero e quali tecnologie dovranno saper utilizzare, quali codici e linguaggi dovranno padroneggiare per cercare di governare i cambiamenti graduali o improvvisi? Dovranno certamente gestire una grande quantità di dati e di informazioni che non diranno loro niente se non sapranno analizzarli, collegarli, valutarli, contestualizzarli. Essere uomo dentro l’esistenza significa anche riconoscere che identità e cultura sono strutturalmente connesse: la cultura conserva l’identità umana nei suoi tratti specifici e le identità sociali nelle loro connotazioni peculiari, sostiene Morin.

La Scuola deve confrontarsi con queste posizioni e con queste argomentazioni, utilizzando i saperi disciplinari per trasformali in conoscenza. Utilizzando tutto quello che la contemporaneità presenta, compreso ciò che è stato fatto, o non fatto, anche durante le eventuali chiusure/sospensioni dell’attività.

A questo proposito, un auspicio: che la didattica a distanza non venga scambiata con l’utilizzo di quanto le piattaforme commerciali mettono a disposizione. Dopo le perplessità suscitatedal non aver coinvolto nel progetto di didattica a distanza chi questa pratica la agisce da tempo, come le migliori Università Telematiche, un’ultima considerazione. Le lezioni a distanza possono essere utilissime per gli studenti del triennio o per gli studenti universitari, qualche riserva per gli studenti del biennio e,a scendere, molte perplessità per gli alunni della scuola primaria. Lodevole l’iniziativa di tenere agganciati i bambini anche a casaper creare senso di comunità, ma è intrattenimento, non èinsegnamento: le cose vanno chiamate con il loro nome per non creare ulteriore confusione. Se Bruner, Piaget, Vigotskij, Petter e altri non hanno detto sciocchezze, l’interazione diretta con l’insegnante e con i compagni è irrinunciabile, per un vero apprendimento che deve essere verificato, valutato e restituito. Èaltra cosa.

BIBLIOGRAFIA

M. Dorato, Disinformazione scientifica e democrazia, Raffaello Cortina Editore, Milano 2019.

D.M.Grmek, La vita, le malattie, la storia, Di Renzo Editore, Roma 1998.

M.Mc Luhan, Il villaggio globale. XXI secolo: trasformazioni nella vita e nei media, SugarCo, Milano 1996.

E. Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina, Milano 2001.

C. Sini, L’uomo, la macchina, l’automa, Bollati Boringhieri, Torino 2009.

J.B.Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media, Il Mulino, Bologna 1998.