Emergenza Coronavirus: ecco perché ‘la giusta distanza’ tra alunno e docente non esiste

da Tuttoscuola

L‘emergenza Coronavirus sta imponendo a tutti un cambio repentino di abitudini. Per almeno 30 giorni le misure sanitarie richiedono di non stringersi la mano, non abbracciare nessuno e, anche a scuola, di mantenere una distanza di circa un paio di metri dalla persona con quale stiamo entrando a contatto. Ma in classe è possibile mantenere questa distanza?

Lo sappiamo bene: il lavoro educativo si caratterizza per il fatto di accompagnare il discente verso una piena consapevolezza e una crescita personale che passa per la capacità di assumersi responsabilità, essere protagonisti del processo di apprendimento e per la promozione di una visione attiva dell’essere umano. Se queste brevi riflessioni sono senz’altro vere, chi di noi entra quotidianamente in classe sa che un conto sono le riflessioni teoriche, altra cosa è la realtà. Nel lavoro educativo, è bene dirlo, ciò che conta è la capacità di entrare in contatto, a volte anche fisicamente, con i nostri alunni, per farli sentire capaci e in grado di crescere in maniera armonica.

Più i bambini sono piccoli, più la dimensione di contatto acquista un valore educativo decisivo, marcato.  La “giusta distanza” tra bambino e docente non esiste se non in relazione alle esigenze dei più piccoli. La vicinanza migliore è quella che permette al piccolo di non affogare, né di soffocare. Un “esserci” discreto, ma decisivo.

Oggi le misure sanitarie ci richiedono di normare questa distanza per evitare il contagio del coronavirus a scuola.

Come spiegheremo ai bambini della scuola dell’infanzia che non posso utilizzare i campi di esperienza per giocare, sporcarsi, conoscere se stessi e il mondo?

Come raccontare ai bambini della primaria che le attività cooperative sono sospese e che dalla prossima settimana nella stretta auletta nella quale sono stipati in 25 saranno di meno, senza sapere dove andranno i bambini che fisicamente non entreranno più nella piccola aula ?

Potremmo andare avanti con gli esempi, ma il messaggio è chiaro. Lo spazio, così come il tempo, sono nella scuola educatori DOC, comunicano un’idea di apprendimento, di formazione, di crescita personale e collettiva.  In più, sappiamo bene che gli spazi scolastici sono completamenti inadeguati e che è impossibile immaginare aule sul modello finlandese, ampie e spaziose. .

Cosa fare dunque? Difficile da dirsi. Forse veramente questo è il tempo, come sostiene la ministra Azzolina, per tirare fuori le opportunità dalla crisi, avviando un serio discorso di crescita e cultura digitale.

Forse è il tempo per promuovere una dimensione formativa sui metodi d’insegnamento, che ci consentano di uscire dall’aula e capire che è possibile strutturare percorsi di apprendimento anche con modalità alternative alla lezione frontale.

Forse questo è il tempo del coraggio e la scuola, lo sappiamo bene, ne ha da vedere.