Un’occasione per ripensare il modello solo «frontale»

da Il Sole 24 Ore

di Alessia Tripodi

In questo momento difficile «abbiamo un’opportunità di potenziare la didattica a distanza anche oltre l’emergenza» e «un’occasione per ripensare un modello di scuola esclusivamente frontale». Ne è convinto Giovanni Biondi, dal 2013 presidente di Indire, l’istituto di ricerca del Miur che in queste settimane di emergenza da coronavirus insieme al ministero coordina le scuole italiane che, dopo la chiusura stabilita dal governo per arginare il contagio, proseguono le attività didattiche a distanza. «Molti istituti scolastici sono stati colti un po’ di sorpresa dall’emergenza», sottolinea Biondi, spiegando che «quelli che si sono attivati di più sono stati gli istituti della zona rossa», quelli dove è scoppiato il primo focolaio italiano di coronavirus.

I buoni esempi

Tra le scuole che non si fatte trovare impreparate ci sono quelle del movimento Avanguardie educative, che dopo la chiusura «hanno esteso alle altre il loro modello di educazione a distanza», arrivando anche a costituire il “Manifesto della scuola che non si ferma”. Allo stesso modo gli istituti che fanno parte del Movimento delle Piccole Scuole, strutture scolastiche con pochi iscritti e situate in zone isolate dal punto di vista geografico, hanno reagito con prontezza a una situazione che, in molti casi hanno già sperimentato. Si pensi, per esempio, alle classi nelle piccole isole, costrette a fare lezione a distanza ogni volta che l’insegnante non riesce ad arrivare perchè il traghetto non parte per le cattive condizioni del tempo.

Nella prima fase dell’emergenza, l’Indire ha organizzato webinar formativi per i docenti, trasmessi sul proprio sito e tenuti da altri insegnanti esperti di didattica a distanza, che «già lavorano con piattaforme gratuite come Facebook, Google – spiega Biondi- e altri strumenti con certificazione Agid, ovvero con standard adatti al lavoro con i minori». Questi primi seminari web hanno riscosso un grande successo, con «oltre 3mila docenti iscritti», e nelle settimane seguenti la partecipazione è costantemente cresciuta. I webinar vengono poi memorizzati in modo da creare una biblioteca accessibile ai prof in qualunque momento, anche dopo la loro trasmissione.

Dopo questa prima fase, l’Indire ha chiamato a raccolta le Avanguardie per far mettere le loro conoscenze a disposizione delle altre scuole: «Con la chiusura generalizzata – ha spiegato Biondi – si sono moltiplicati i gemellaggi tra le scuole». Anche le Piccole Scuole, istituti con pochi iscritti o isolati dal punto di vista geografico, hanno reagito con prontezza a una situazione che in molti casi hanno già sperimentato. Si pensi, per esempio, alle classi nelle isole che si trovano costrette a fare lezione a distanza quando l’insegnante non riesce ad arrivare perchè il traghetto non parte.

I tutorial per chi è indietro

Nella terza fase di gestione dell’emergenza, poi, ha spiegato ancora ancora Biondi «abbiamo messo a punto delle pagine web per i docenti che sono completamente a digiuno di tecnologia applicata alla didattica, offrendo loro tutorial “per funzioni”: da come si parla con gli studenti via Web, a come si organizzano collegi dei docenti, a come assegnare i compiti o registrare una lezione e condividerla su Youtube». Corsi di formazione hi-tech anche per chi «fino ad oggi ha demonizzato la tecnologia a scuola – sottolinea Biondi – o per chi considera il pc un “nemico” della cultura e che in questi giorni di emergenza sanitaria si è sentito disorientato».

Ma evidentemente la gestione di questo disorientamento non è sufficiente a colmare il divario digitale che ancora affligge una parte della scuola italiana. «La tecnologia da sola non cambia la scuola – afferma Biondi – perchè serve una visione complessiva del modello di cambiamento», che, come accennato all’inizio, secondo il presidente Indire dovrebbe (e potrebbe, cogliendo l’occasione) ripensare una scuola costruita come modelli frontale. «Fino a oggi la formazione a distanza è stata considerata di serie B – sottolinea Biondi – ma è sbagliato distinguere tra distanza e presenza, perchè anche la scuola in presenza usa strumenti a distanza come il libro».