Distanti ma uniti

Distanti ma uniti ovvero la didattica al tempo del COVID-19
Lessico minimo

di Carlo De Nitti [1]

 “Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”
Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, 1968

“noi non siamo responsabili perché siamo socialmente impegnati, ma ci impegniamo socialmente perché siamo originariamente responsabili”
GIUSEPPE SEMERARI, Responsabilità e comunità umana, 1960

“E poi gli errori stanno lì per essere vissuti”
PASQUALE ADAMO – PATRIZIA SOLLECITO, DirCi di Sì, 2018

“Stanno imparando il valore dell’ATTESA e della SPERANZA”
VITTORIANO CAPORALE

1. PREMESSA

L’emergenza che tutto il mondo e l’Italia stanno vivendo a causa della pandemia in corso non poteva non avere ripercussioni sul mondo della scuola e sulle modalità del <fare scuola>. E’ da agire da parte di tutta la comunità professionale, affinché questa improvvisa emergenza non tanga i principi fondanti dell’<essere scuola>: accogliente, aperta, democratica, inclusiva, come concepita e  disegnata dalla Costituzione della Repubblica Italiana. Principiis obsta!

2. LA DIDATTICA A DISTANZA (DAD)

La didattica a distanza, per i docenti, non è, né può essere:

  • mera assegnazione di compiti sui volumi in uso attraverso il registro elettronico, magari dandone un po’ di più per <portarsi avanti>;
  • utilizzo sfrenato dei mezzi informatici a prescindere dal contesto in cui si insegna, senza rendersi conto delle dotazioni elettroniche degli studenti;
  • utilizzo dei mezzi informatici senza contatto visivo / uditivo con gli studenti;
  • ricerca dello <stupore> per soddisfare il proprio ego in una tacita <guerra> con  i colleghi.

La didattica a distanza, per gli studenti, non è, né può essere un’inaspettata vacanza fuori del tempo, un disimpegno istituzionalizzato.

3. LE PAROLE DELLA DAD

La D.A.D. non può non avere un suo codice di comportamento che deve esprimersi certamente in un lessico: quello che qui si enuclea non è certo né esclusivo né esaustivo: è, nomen omen, minimo, quasi di sopravvivenza.

  • ACCESSIBILITA’

Ogni iniziativa assunta dalle scuole e dai singoli docenti deve essere accessibile a tutti gli alunni nessuno escluso: in caso contrario, si viene meno ad uno dei principi fondamentali dell’essere e del fare scuola che è l’inclusività. L’accesso universale a tutti i mezzi informatici, in certe realtà scolastiche, non è certo scontato: la scuola non può accrescere il divario socio-economico presente, anzi deve fare esattamente l’opposto, a Costituzione vigente (art. 2).

A parere di chi scrive, ogni docente/ consiglio di classe / dipartimento disciplinare / collegio dei docenti deve utilizzare esclusivamente i mezzi informatici cui tutti i propri discenti possono accedere, per basici che siano, affinchè non si generino discriminazioni o esclusioni a svantaggio di chiunque sia “fragile”, in tutte le possibili accezioni del termine.

  • CITTADINANZA

La dimensione della cittadinanza attiva e responsabile è consustanziale alla D.A.D., anzi essa è un modo altro, ottimo, per implementarla: la costruzione della società/comunità di cittadini liberi e responsabili, animati da una forte dimensione etica, laica o religiosa che sia, anima di una cittadinanza che non può essere solo formalistica ed appresa a mo’ di contenuti standardizzati.

Quale migliore tempo di quello in cui – nostro malgrado – ci tocca di vivere per far realizzare in una dimensione assolutamente realistica esperienze di educazione alla cittadinanza ed alla legalità? E’, a parere di chi scrive, questo il tempo migliore per far scoprire/riscoprire la dimensione di una socialità reale, responsabile e solidale, e non meramente virtuale, quale quella che i nostri discenti abitualmente vivono nel loro mondo dominato pervasivamente dall’elettronica in ogni momento della giornata scolastica e non.

  • COMUNITA’

E’ una parola chiave in questo lessico minimo; ad essa si possono accompagnare diversi aggettivi: scolastica, professionale, civica, gli stessi che in un remoto testo legislativo (di quasi cinquanta anni fa) erano interagenti

La DAD ha introdotto tutti in una dimensione comunitaria dell’insegnare/apprendere diversa fino a qualche settimana fa: oggi, ancor meno di prima, può esistere il docente-monade. E’ vincente, invece, la formula del cum-laborare, del mettere in comune professionalità diverse con un unico fine: il bene comune.

La forzata distanza dei soggetti del processo di insegnamento / apprendimento deve far sorgere – e questo è compito precipuo dei docenti – far nascere / implementare imperiosa la voglia di continuare ad esserci l’un* per l’altr* per crescere insieme come gruppo, come comunità nel senso etimologico di communis unitas.

  • DIRITTI

Con la DAD le scuole esercitano in modo diverso il dovere assegnato loro dalla Costituzione di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (art. 3). Parimenti i discenti devono acquisire la consapevolezza di dover esercitare il diritto di apprendere in questa nuova forma imposta dalla situazione emergenziale: il diritto è il medesimo, cambia soltanto la modalità di fruizione per cui non ha senso “nascondersi”, “non farsi trovare”.

  • EMPATIA

E’ dote che occorre in qualunque relazione umana, compresa quella docente / discenti: con la DAD … ancora di più… Ai docenti, certo, di solito, non manca: è una grande risorsa. Mai come in questo momento, in cui manca la prossimità fisica, occorre un supplemento di empatia a distanza…

Ha scritto di recente la scrittrice e docente Patrizia Sollecito <In tre giorni ho letto 86 paia di occhi. Oltre uno schermo piatto, loro c’erano con la voglia di fare scuola e con tutte le fragilità di adolescenti chiusi in casa, perché catapultati, da protagonisti, in un film di fantascienza.

Ho letto nelle loro finestre aperte. Aria fresca di intesa e di nuova speranza ha invaso gli spazi interiori. Voi valete, specialmente ora che non ci sono voti. Grazie per il vostro esserCI>. Cos’altro aggiungere?

  • INCLUSIONE

Non ci può essere DAD senza inclusione: anche la DAD non può escludere la dimensione dell’inclusione di ogni diversità possibile. Discenti diversamente abili o portatori di bisogni educativi speciali o di disturbi specifici di apprendimento non debbono essere lasciati soli, insieme ai loro genitori nella loro solitudine. E’ il senso dell’esergo posto all’inizio di queste righe dal celeberrimo lettera a una professoressa, sempre attualissimo, oltre cinquanta anni dopo, sebbene più spesso citato che meditato. Nel rispetto di PEI, PDP e quant’altri documenti, ampi sono gli spazi per l’intervento dei docenti, specializzati e curriculari, per i discenti “speciali”, come attesta la splendida professionalità di tantissimi, che si spende in questa direzione.

  • PERSONA

La formazione della persona è la vera finalità ultima della Scuola, sempre. In ogni soggetto del processo di insegnamento apprendimento c’è un incontro di persone, non di ruoli fissi, quasi maschere da teatro della Commedia dell’arte: i loro incontri non casuali né effimeri sono la base della relazione umana tra docenti e discenti. Occorre far emergere persone e personalità ed anche in questo la DAD è una nuova opportunità che la vita / la storia concede.

  • PROSSIMITA’

Fare attività didattica da “distanti ma vicini” deve tenere sempre la barra dritta sul concetto di prossimità tra docente e discenti tutti: è il concetto chiave che deve dominare, al di là dei dispositivi tecnologici di cui ci sia avvale per praticarla, la vera filosofia della D.A.D. La prossimità resa in presenza – con uno sguardo, una pacca, un elogio, un rimprovero … – non può venire meno quando l’azione didattica sia realizzata in modalità diverse, sincrone e non, ma non in presenza: si perderebbe la cifra essenziale di quell’educazione, senza la quale si insegnerebbero solo meri contenuti, ma ben è noto che non è così… Tanti sono i mezzi con cui essere prossimi agli alunni/studenti al di là ed a prescindere dai dispositivi elettronici: ognuno ha da cercare il suo, scavando in interiore hominis.

  • SUPPORTO

L’attività di D.A.D., si configura, ove correttamente praticata, come un eccellente esercizio di supporto che ogni scuola di ogni ordine e grado ha il dovere di svolgere nei confronti di tutti gli alunni / studenti non solo e non tanto per veicolare i contenuti delle discipline oggetto di insegnamento ed implementare le relative competenze, ma soprattutto da un punto di vista emotivo, relazionale, psicologico. Ciò che conta maggiormente in questo frangente è sostenere i bambini, gli adolescenti, i giovani nella loro crescita umana, soprattutto in un contesto emergenziale come il presente. “Esserci” è uno dei compiti, il fondamentale, di ogni istituzione scolastica e dei docenti, sempre.

  • TECNOLOGIE

Le tecnologie (T.I.C.) hanno un ruolo fondamentale, insurrogabile nella D.A.D.: senza di esse non avrebbe possibilità di esistere alcuna didattica che non sia in presenza. Escludere la dimensione tecnologica però, a parere di chi scrive, non significa assolutamente praticare una didattica logocentrica, oro-auricolare, di stampo idealistico-gentiliano: basti pensare a tutta la didattica innovativa, sviluppatasi nella stagione dell’attivismo pedagogico (sulla scorta, ad esempio, del pensiero di Maria Montessori e Célestin Freinet, solo per citare un paio di nomi).

4. LE PAROLE DI UN PEDAGOGISTA

Mi piace concludere queste righe, riportando le splendide parole scritte recentissimamente dal prof. VITTORIANO CAPORALE, un importante pedagogista che per un cinquantennio ha insegnato nell’Università degli studi di Bari Aldo Moro, pubblicate il giorno 21 marzo su “La Gazzetta del Mezzogiorno” a p. 12.

 <<Care mamme, cari papà, cari insegnanti, cari amici,
sto sentendo molti di voi che si stanno lamentando e preoccupando perché i figli non svolgono i compiti assegnati e non studiano come al solito.
Vi dico con tutto il cuore e con la scienza pedagogica e l’esperienza didattica acquistata in 50 anni di insegnamento all’Università: NON IMPORTA!
In questi giorni i vostri figli-scolari stanno imparando quello che il pedagogista bitontino GIOVANNI MODUGNO chiamava SCIENZA DELLA VITA e che la scuola verbalistica, astratta, mnemonica e burocratica non insegna!
-Stanno imparando ad affrontare le difficoltà impreviste, a rinunciare alla libertà dei movimenti e delle relazioni amicali per il bene comune.
-A capire che la salute è un bene da salvaguardare anche se comporta tante rinunce e il ridimensionamento delle abitudini quotidiane.
-Stanno imparando il valore dell’ATTESA e della SPERANZA.
-Stanno apprezzando tutto quello che ogni casa offre: libri, giocattoli, TV, cani, gatti, uccellini e altri animali e cose.
-Stanno imparando a pregare, a capire che l’umanità è un’unica grande famiglia che soffre e che spera, al di là dei confini geografici.
-Stanno imparando l’importanza della solidarietà che può essere rafforzata col sorriso, con la parola affettuosa, col ricordo…
-Stanno sperimentando che i cellulari, i tablet e le altre tecnologie fanno sentire meno soli, a comunicare con gli amici vicini e lontani, a esprimere i nostri sentimenti e a volerci più bene.
Vi saluto tutti con l’affetto di un anziano professore di storia della pedagogia, padre e nonno
Vittoriano Caporale>>

5. RINGRAZIAMENTI

Ringrazio con sentimenti di sincera gratitudine il chiar.mo prof. VITTORIANO CAPORALE, già Ordinario di Storia della Pedagogia dell’Università degli studi di Bari Aldo Moro per le sue illuminanti parole.

Come non ringraziare tutti i docenti della scuola che da cinque anni ho l’onore di dirigere che in un brevissimo lasso di tempo hanno attivato tutte le strategie possibili per coinvolgere i propri studenti in questa dimensione altra della didattica?

Come non rivolgere un grato pensiero ad alcun* docenti/amic*, impegnati anch’essi nelle loro rispettive comunità scolastiche con passione ed empatia ad “essere prossimi” agli alunni / studenti che, mai come in questo periodo si sono affettivamente legati ancor più a loro?


[1] CARLO DE NITTI (Bari, 1960) è dirigente scolastico dal 2007, attualmente presso l’I.I.S.S. “Elena di Savoia – Piero Calamandrei” di Bari