Lezioni online, ci provano 8 scuole su 10 Il 7% degli studenti non ha ancora ricevuto comunicazioni via web

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

E pur si muove, verrebbe da dire alla maniera di Galileo Galilei, guardando i primi numeri ufficiali sulla didattica a distanza attivata nelle scuole italiane in chiave anti-contagio. Dai principali dati che il ministero dell’Istruzione ha raccolto la settimana scorsa (e che Il Sole 24 ore del Lunedì è in grado di anticipare) emerge infatti che l’82% degli istituti si è cimentata con le lezioni online solo dopo lo scoppio dell’emergenza coronavirus. A fronte del 18% che lo aveva già fatto in passato. In un contesto di divisione generale che peraltro non aiuta, con i sindacati che da subito si sono opposti all’e-learning e alcuni dirigenti scolastici che viceversa hanno lanciato una petizione (che ha raccolto più di 2mila firme) per rimettere al centro gli studenti.

La risposta delle scuole

I fatti sono noti: un minuto dopo la decisione del governo (il 4 marzo scorso) di sospendere le lezioni in tutta Italia, la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha lanciato all’intera comunità scolastica la sfida dell’e-learning. Avviando, sul sito del ministero, una pagina web dedicata e invocando l’aiuto delle realtà più all’avanguardia. Per tastare il polso al territorio la settimana scorsa è partito un monitoraggio in cui veniva chiesto ai singoli presidi di rispondere a 24 domande (dall’anagrafica dell’istituto alla dotazione tecnologica, dai device in possesso delle famiglie alle attività a distanza messe in campo).

I risultati completi verranno diffusi a breve. A quanto pare, il 93% degli alunni risulta raggiunto da qualche forma di attività da remoto in questo periodo. Ma è un dato da prendere con le molle perché include le forme più variegate di comunicazione: dalle più evolute, come l’uso di piattaforme online, alle più “basiche”, come i messaggi via posta/chat /telefono. Con alcune scuole, o singole classi, che sono ancora ferme al palo. E non è neanche questione di Nord-Sud o centro-periferia perché eccellenze e ritardi si trovano a macchia di leopardo lungo lo Stivale.

Dalle risposte delle scuole emerge l’esistenza di una rete orizzontale di auto-aiuto. Testimoniata da quel 34% di istituti che ha attivato forme di collaborazione “tra pari” per poter spostare sul web insegnamenti, compiti, valutazioni. Una conferma ulteriore in tal senso giunge dalle ultime statistiche dell’Indire che ha coinvolto le sue «avanguardie educative»: a venerdì scorso risultavano 20mila docenti in formazione, 90 webinar organizzati, 400mila visualizzazioni delle pagine dedicate, una nuova sezione tutorial e materiali organizzata per il I ciclo e il II ciclo perché necessità e bisogni sono diversi a seconda dell’età e delle esigenze degli alunni.

In arrivo 85 milioni

Un altro elemento da non sottovalutare è la presenza di un digital divide che rischia di ostacolare il cambiamento. Con un quarto dei ragazzi che al momento risulta privo di pc o tablet con cui collegarsi da casa. Qui in soccorso dovrebbero arrivare gli 85 milioni stanziati dal decreto “Cura Italia” per finanziare l’acquisto di piattaforme digitali delle scuole, la formazione del personale e, per l’appunto, gli strumenti da fornire in comodato d’uso a prof e studenti. L’attuazione è affidata a un decreto ministeriale che è atteso a ore e che distribuirà alle singole scuole le risorse parametrate su reddito e studenti. Il riferimento dorvebbero essere le idnagini socioeconomihe dell’Istat ma si sta ragionando se e come utilizzare anche i dati in possesso all’Invalsi sul contesto digitale in cui si trovano gli alunni.

Piccole e grandi resistenze

Nel commentare i risultati del monitoraggio, la la ministra Lucia Azzolina dà atto alle scuole di essersi «subito messe in moto per reagire a un’emergenza senza precedenti» e ammette che «le difficoltà non mancano»: «Abbiamo istituzioni scolastiche – dice al Sole 24 ore del Lunedì – che sono punte avanzate, altre che faticano di più. Per questo stiamo cercando di intervenire dal primo momento, mettendo a disposizione piattaforme per la didattica a distanza, ma anche risorse per i device e la formazione dei docenti. Abbiamo organizzato webinar e messo in moto gemellaggi». Preannunciando anche una fase due, a emergenza finita: «È evidente che c’è una riflessione che andrà fatta, alla fine di questo percorso, su cosa non ha funzionato in questi anni nei processi di digitalizzazione del Paese. A scuola, come in altri ambiti. Ma in questo momento dobbiamo andare avanti con ogni mezzo: l’alternativa sarebbe lasciare soli i ragazzi e non lo possiamo permettere». Mai come ora.