Nota USR Piemonte 6 novembre 2012, Prot. n. 12563/U

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte

Direzione Generale

Prot. n. 12563/U                                                                                             Torino, 6 novembre 2012

Circ. Reg. n. 547

Ai Dirigenti

delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado

statali e paritarie

e p.c.     ai Dirigenti e ai Reggenti

degli Ambiti Territoriali del

Piemonte

E p.c. al Dirigente dell’Ufficio III dell’USR per il Piemonte

OGGETTO: Diritto allo studio degli alunni/e e degli studenti/studentesse con disturbi specifici di apprendimento: ricognizione delle più recenti pronunce giurisprudenziali. Dispensa/Esonero lingue straniere

Si ritiene opportuno, in considerazione dei numerosi quesiti che pervengono a questo Ufficio,  richiamare le disposizioni contenute nel D.M. n. 5669 del 12 luglio 2011 ed in particolare gli artt. 4 e 6 (che saranno successivamente esaminati), nonché l’art. 17 bis dell’O.M. n. 41 dell’11 maggio 2012 ai sensi del quale: “La Commissione d’esame – sulla base di quanto previsto dall’articolo 10 del D.P.R. 22/6/2009, n. 122 e dal relativo DM n. 5669 12 luglio 2011 di attuazione della Legge 8 ottobre 2010, n. 170, recante Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico – nonché dalle Linee Guida allegate al citato DM n. 5669/2011, considerati eventuali elementi forniti dal Consiglio di classe, terrà in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, adeguatamente certificate, relative ai candidati affetti da disturbi specifici di apprendimento (DSA), in particolare, le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati.

A tal fine il Consiglio di classe inserisce nel documento del 15 maggio di cui al DPR n. 323/1998 il Piano Didattico Personalizzato o altra documentazione predisposta ai sensi dell’art. 5 del DM n. 5669 del 12 luglio 2011. Sulla base di tale documentazione e di tutti gli elementi forniti dal Consiglio di classe, le Commissioni predispongono adeguate modalità di svolgimento delle prove scritte e orali.

Nello svolgimento delle prove scritte, i candidati possono utilizzare gli strumenti compensativi previsti dal Piano Didattico Personalizzato o da altra documentazione redatta ai sensi dell’art. 5 del D.M. 12 luglio 2011”. Sarà possibile prevedere alcune particolari attenzioni finalizzate a rendere sereno per tali candidati lo svolgimento dell’esame sia al momento delle prove scritte, sia in fase di colloquio”.

Di rilievo, inoltre, sono le disposizioni contenute nel D.M. n. 5669 del 12 luglio 2011 ed, in particolare, gli artt. 4, Misure educative e didattiche, e 6, Forme di verifica e valutazione:

L’art. 4 – Misure educative e didattiche – richiama le Istituzioni scolastiche ad “(..) attuare i necessari interventi pedagogico-didattici (..) attivando percorsi di didattica individualizzata e personalizzata (..). I percorsi didattici individualizzati e personalizzati articolano gli obiettivi, compresi comunque all’interno delle indicazioni curricolari nazionali (..) sulla base del livello e delle modalità di apprendimento dell’alunno (..), adottando proposte di insegnamento che tengano conto delle abilità possedute e potenzino anche le funzioni non coinvolte nel disturbo”.

Al comma 4 si ricorda di assicurare l’impiego degli opportuni strumenti compensativi (curando l’acquisizione delle competenze per un efficiente utilizzo degli stessi) mentre al comma 5 dello stesso articolo si richiama la ratio delle misure dispensative, che si propongono di evitare situazioni di affaticamento e disagio in compiti direttamente coinvolti dal disturbo, senza peraltro ridurre il livello degli obiettivi di apprendimento.

Risulta quindi presupposto indifferibile per la scuola elaborare e realizzare percorsi formativi personalizzati, che tengano conto delle esigenze e delle potenzialità di ciascun alunno, come più volte ribadito da alcune sentenze (TAR Lombardia, sentenza n. 2251/08; TAR Lazio, sentenza n. 31203/10):“E’ illegittimo per difetto di motivazione il giudizio negativo formulato dal consiglio di classe in ordine alla promozione alla classe successiva di un alunno, allorché, in presenza di un accertato disturbo specifico di apprendimento da cui lo stesso sia affetto (nel caso, dislessia), abbia omesso di fare menzione e di valutare il rilievo di tale situazione, ai fini del giudizio sui risultati raggiunti dall’alunno”. (TAR per il Lazio, sentenza 23 agosto 2010, n. 31203).

Nello stesso senso, TAR Lazio – Sezione terza bis (ordinanza n. 3616/2010) ha accolto l’istanza cautelare di ammissione con riserva all’esame di licenza media di alunno con D.S.A. “(..) considerato che dall’esame del verbale di non ammissione versato in atti risulta che il Consiglio di classe ha dato atto di essere a conoscenza e di avere considerato le cartelle cliniche dello scolaro ma che da tale scarna e generica affermazione – peraltro contrastante con quanto affermato dal Dirigente Scolastico nella nota del 23 giugno 2010 – non è dato evincere quali motivate scelte didattiche siano state operate in costanza di tale peculiare situazione oggettiva, in presenza della quale l’ordinamento prevede la predisposizione di prove differenziate oltre che l’utilizzo di strumenti compensativi e misure dispensative”.

Sotto più ampio profilo, il Tribunale di Giustizia Amministrativa sezione autonoma di Trento e Bolzano (sentenza n. 122/2011) ha dichiarato illegittimo il provvedimento di non ammissione di uno studente con D.S.A. alla classe successiva in relazione a una serie di comportamenti omissivi della scuola di riferimento (mancata adozione del Piano Educativo Individualizzato (PEI), omessa definizione e attuazione degli strumenti dispensativi e compensativi, difetto di rapporti collaborativi con A.S.L. e famiglia). Nella motivazione si precisa che: “Se in presenza di un alunno con disturbi specifici di apprendimento la scuola non rispetta le indicazioni studiate da esperti del settore e trasposta in leggi, regolamenti e circolari e note ministeriali, per sopperire a tali difficoltà con misure di sostegno individualizzate, che sicuramente implicano un maggior impegno per gli insegnanti, la valutazione finale del consiglio di classe è “inutiliter data”, perché non supportata da quel percorso pedagogico specifico che consente all’alunno in questione di far emergere le proprie competenze ed agli insegnanti di valutarlo con l’ausilio degli strumenti appropriati”.

Coerente con questo orientamento anche il TAR Lombardia (sentenza n. 2251/08) che ha accolto il ricorso di una studentessa che, non avendo superato l’esame di stato conclusivo di un corso di studi di istruzione secondaria superiore, accusava la Commissione di non aver tenuto conto della sua condizione di disortografica, disgrafica e discalculica e di non aver consentito l’utilizzo di strumenti compensativi (nello specifico l’utilizzo di un computer con correttore ortografico):

“La mancata predisposizione di questi presidi durante la frequenza del corso di studi da parte del liceo (omissis) ha portato anche la Commissione di esame ad una sottovalutazione delle difficoltà della ricorrente nell’affrontare le prove di esame cosicché nessuno strumento agevolativo è stato adottato per superare gli specifici handicap della stessa né sono stati adottati criteri particolari per la valutazione dell’esito delle prove. Deve pertanto essere annullato il provvedimento con cui si è dichiarato che la ricorrente non aveva superato l’esame di stato conclusivo del corso di istruzione secondaria superiore e la Commissione dovrà nuovamente far sostenere alla ricorrente le prove di esame tenendo conto di quanto prevedono le disposizioni ministeriali per le persone che presentano i disturbi di cui soffre la ricorrente stessa.”

La pronuncia più recente riguardante un’altra ipotesi di rinnovazione della prova d’esame è del TAR Liguria – Sez. II – Sent. 29/02/2012 n. 349. In quel caso la ricorrente, affetta da disturbo specifico dell’apprendimento, aveva proposto ricorso giurisdizionale contro l’esito negativo dell’esame di maturità, lamentando la mancata considerazione della sua condizione di dislessia, sia in sede di predisposizione delle prove d’esame sia di valutazione degli elaborati. Con ordinanza il giudice accoglieva l’istanza cautelare proposta e disponeva l’immediata ripetizione dell’esame da parte di una diversa commissione esaminatrice. L’Amministrazione scolastica ottemperava al provvedimento cautelare mediante sostituzione del presidente e dei tre membri esterni della commissione d’esame, restando tuttavia invariati i tre commissari interni. Anche le nuove prove d’esame davano esito negativo. L’interessata impugnava nuovamente lamentando che non erano state applicate le misure dispensative e compensative prescritte per i casi di dislessia e che la sua condizione non era stata debitamente valutata in sede di valutazione delle prove scritte. Il giudice quindi accoglieva il ricorso e disponeva nuovamente la rinnovazione della prova d’esame che, questa volta, si concludeva positivamente con l’attribuzione di 60/100.

Quindi l’interessata agiva nel giudizio oggetto della sentenza in esame per conseguire (ed ottenere) il risarcimento dei danni provocati dalla P.A. che, costringendola a ripetere per tre volte l’esame di Stato, aveva determinato un notevole ritardo nella conclusione del ciclo di studi della scuola secondaria e nell’iscrizione all’Università.

Accanto ad esempi di mancato adeguamento alla normativa vigente da parte delle istituzioni scolastiche, si annoverano tuttavia anche casi in cui la scuola ha tenuto debitamente conto delle caratteristiche di funzionamento degli studenti con DSA ed ha formulato le proprie valutazioni anche alla luce di tale elemento. Così TAR Lombardia – Milano Sez. III – Sent. 04/10/2012 n. 2462 statuisce che “E’ legittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva di un’alunna affetta da DSA laddove risulti dal verbale del Consiglio di classe costituente atto pubblico e come tale non contestabile se non mediante la proposizione di querela di falso, che all’alunna sono stati concessi strumenti compensativi e misure dispensative (nella specie: uso di mappe concettuali e di schemi; interrogazioni programmate, maggior tempo per le verifiche; utilizzo della calcolatrice non programmabile; dispensa dalla lettura a voce alta; dispensa dalla scrittura veloce sotto dettatura; non valutazione dell’ortografia)”.

Nello stesso senso il TAR Friuli Venezia Giulia – Sez. I – Sent. 12/01/2012 n. 9 afferma che “Ove sia dimostrato che la scuola ha posto in essere gli adempimenti ritenuti necessari per far fronte alle necessità scolastiche di un alunno affetto da DSA, è legittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva che abbia riportato una grave insufficienza a seguito della verifica di recupero del debito formativo nella materia caratterizzante l’indirizzo di studio; infatti la legge 170/2010 è finalizzata a garantire il successo formativo e non a garantire sempre e comunque la promozione alla classe successiva”.

La doverosa e giusta attenzione che va rivolta agli studenti con disturbi specifici di apprendimento non deve infatti “sconfinare” in comportamenti lesivi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche che hanno tenuto invece una condotta coerente con la normativa in vigore. Per completezza espositiva, si citano pertanto due recenti pronunce (TAR Puglia, sentenza 2027/2011 e TAR Umbria, sentenza 329/2011) inerenti rispettivamente un’alunna affetta da altre patologie (diverse dai disturbi specifici di apprendimento) ed un alunno con DSA per il quale era stato utilizzato un “modello” di intervento che tenesse conto delle effettive risorse a disposizione della scuola.

Nel primo caso, il TAR Puglia evidenzia che “E’ immune da vizi il provvedimento di non ammissione alla classe terza di un’alunna di scuola media, (..) in quanto la circostanza, addotta dalla ricorrente, secondo cui lo scarso rendimento deriverebbe da disturbi specifici di apprendimento (DSA) dell’allieva, invero non trova riscontro nella certificazione medica, che diagnostica altre patologie. Ne consegue che la valutazione insufficiente (..) non può essere messa in relazione alla mancata adozione da parte della scuola degli strumenti didattici, compensativi e dispensativi previsti dalla legge in presenza di un disturbo specifico di apprendimento (che nel caso di specie non sussiste), ma piuttosto può essere attribuita al lungo percorso terapeutico intrapreso dalla minore”.

Nel secondo caso il Tar Umbria chiarisce che “(..) L’utilizzazione di una sorta di “modello” di intervento dedicato agli alunni affetti da DSA non comporta di per sé la non attuazione della L. n. 170/2010, …”.

Nel medesimo orientamento delle succitate sentenze, che hanno evidenziato la corretta applicazione della normativa vigente nell’ottica della garanzia del diritto allo studio, si colloca la recente pronuncia del TAR Umbria n. 401 del 2 ottobre 2012.

Nel tentativo di sintetizzare tale sentenza, si riportano i passaggi fondamentali. “La comunicazione di non ammissione alla classe successiva del 14/06/2012 ha evidenziato un avvio dell’anno scolastico faticoso per mancanza di prerequisiti di base e un progressivo andamento dell’anno scolastico che non ha consentito di riscontrare miglioramenti consistenti per l’incapacità di superare gli ostacoli via via emergenti, data la carente strumentazione di base e un risultato delle votazioni della seconda parte dell’anno in cui sono presenti insufficienze anche in misura grave in numerose discipline non recuperate nonostante una volta acquisita la documentazione e certificazione attestante la condizione di DSA il consiglio di classe si sia adoperato per la personalizzazione degli interventi programmati nel consiglio di classe del 16 aprile 2012, in cui ogni docente indicava le strategie e i sistemi compensativi necessari.

Al verbale sono allegate le strategie metodologiche e didattiche, le misure dispensative, gli strumenti compensativi, i metodi di valutazione individuati dai docenti per ciascuna disciplina. Relativamente alla programmazione disciplinare, i docenti concordano nello stabilire gli stessi obiettivi definiti per l’intera classe, applicando altresì la dispensa dalle prove scritte di lingua straniera. Negli allegati da 13 a 21 del deposito 01/09/29012 dell’Avvocatura dello Stato è contenuto il piano didattico personalizzato relativo all’alunno con l’indicazione delle singole materie, compilato da ciascuno degli insegnanti. Nei successivi allegati sono inoltre riportate le singole prove scritte sostenute dall’alunno in esito al piano medesimo.

Dall’esame della documentazione emerge la sufficienza e l’adeguatezza, sul piano motivazionale, delle misure compensative e degli strumenti dispensativi contenuti nel piano didattico personalizzato redatto dai singoli docenti. La precisa descrizione nel giudizio del 16 giugno 2012 degli interventi posti in essere materia per materia, vale a disattendere ogni considerazione secondo cui il consiglio di classe non avrebbe tenuto conto dei disturbi di apprendimento.

Le misure adottate nei confronti dell’alunno sono state nel loro complesso adeguate e conformi ai precetti della legge n. 170/2010, diretti ad attribuire agli studenti con diagnosi di DSA «il diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica».”

L’art. 6 del D.M. n. 5669 del 12 luglio 2011 – Forme di verifica e di valutazione – raccomanda alle Istituzioni scolastiche di adottare “modalità valutative che consentano all’alunno o allo studente con DSA di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto (..)”. Può quindi risultare opportuno aumentare i tempi consentiti per l’effettuazione della prova e porre maggiore attenzione ai contenuti piuttosto che alla forma compromessa dagli aspetti legati all’abilità deficitaria.

Le Commissioni degli esami di Stato terranno conto di modalità di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati e potranno riservare ai candidati tempi più lunghi, assicurando inoltre l’utilizzo di strumenti compensativi e valutando i contenuti più che la forma (anche nelle prove scritte).

L’articolo 6 si sofferma in particolare sulle lingue straniere, che devono essere progettate, presentate e valutate secondo modalità compatibili con le difficoltà connesse ai DSA. Tra le misure dispensative previste rientrano la dispensa dalle prestazioni scritte in lingua straniera e l’esonero dall’insegnamento delle lingue straniere.

È importante che sia ben chiara la differenza tra DISPENSA (che può anche rivestire carattere temporaneo) ed ESONERO.

–         In caso di DISPENSA, in sede di esami di Stato, conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione, modalità e contenuti delle prove orali – sostitutive delle prove scritte – saranno stabiliti dalle Commissioni, sulla base della documentazione fornita dai consigli di classe.

I candidati con DSA che superano l’esame di Stato conseguono il titolo valido per    l’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado, ovvero all’Università.

–         L’ESONERO, che sarà concesso solo in casi di particolare gravità del disturbo di apprendimento, anche in comorbilità con altri disturbi o patologie, prevede che gli alunni con DSA abbiano necessità di seguire un Percorso Didattico Differenziato.

In sede di esami di Stato, i candidati con DSA che hanno seguito un percorso didattico      differenziato e sono stati valutati dal consiglio di classe con l’attribuzione di voti e di un             credito scolastico relativi unicamente allo svolgimento di tale piano, possono sostenere         prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, finalizzate solo al rilascio      dell’attestazione di cui all’art.13 del D.P.R. n. 323/1998.

In entrambi i casi è necessario che ricorrano tutte le seguenti condizioni:

certificazione di DSA attestante la gravità del disturbo e recante esplicita richiesta di dispensa o esonero;
richiesta di dispensa o esonero dalle prove scritte di lingua straniera presentata dalla famiglia o dall’allievo se maggiorenne;
approvazione da parte del consiglio di classe che confermi la dispensa o l’esonero, con particolare attenzione ai percorsi di studio in cui l’insegnamento della lingua straniera risulti caratterizzante (liceo linguistico, istituto tecnico per il turismo, ecc).
Ulteriori indicazioni sull’argomento, di tipo operativo e didattico, sono specificate nelle Linee Guida, al punto 4.4 (Didattica per le lingue straniere).

Inoltre, un accenno alla collaborazione con la famiglia, la quale “(..) è chiamata a formalizzare con la scuola un patto educativo/formativo che preveda l’autorizzazione a tutti i docenti del Consiglio di classe – nel rispetto della privacy e della riservatezza del caso – ad applicare ogni strumento compensativo e le strategie dispensative ritenute idonee, previste dalla normativa vigente, tenuto conto delle risorse disponibili” (Linee Guida Cap. 6.5)

Nella documentazione degli atti risulta spesso una effettiva difficoltà relazionale tra la scuola e la famiglia del minore con DSA, come sottolineato dalla sentenza 12 ottobre 2011, n. 420, del TAR Friuli Venezia Giulia, ove si sottolinea che “(..) appare evidente che la maggior parte dei richiami annotati – e che si sono poi risolti negli indicatori negativi che hanno penalizzato la valutazione finale – risentono pesantemente di una mancata partecipazione da parte della famiglia all’organizzazione degli adempimenti scolastici”.

Nella stessa sentenza viene inoltre indicato il dovere, da parte del Consiglio di Classe, di considerare i rischi che possono derivare da una possibile disaffezione dell’alunno nei confronti della scuola, “(..) il Consiglio di classe nella valutazione finale deve adeguatamente ponderare l’effettiva pregnanza dei disturbi di cui soffre l’alunno anche alla luce della possibilità concessa dall’art. 2 comma 7, DPR n. 122/2009 di deliberare comunque la sua ammissione alla classe successiva pur in presenza di carenze relativamente al raggiungimento degli obiettivi di apprendimento, con annotazione sul documento di valutazione finale. Il Consiglio di classe è tenuto inoltre ad affrontare la valutazione dei rischi derivanti da una possibile totale disaffezione dell’alunno nei confronti della scuola.”

Il TAR Friuli Venezia Giulia ha infatti accolto il ricorso, ritenendolo fondato perché:

“(..) la valutazione finale non risulta aver adeguatamente ponderato l’effettiva pregnanza dei DSA di cui soffre l’alunno (..). E’ anche evidente che il Consiglio di classe non ha affrontato la valutazione dei rischi derivanti da una possibile totale disaffezione dell’alunno nei confronti della scuola, desumibili anche dal fatto che in due materie nelle quali durante l’anno scolastico precedente alla ripetenza aveva ottenuto la sufficienza, ha invece conseguito risultati insufficienti (storia ed educazione tecnologica).” (TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 12 ottobre 2011, n. 420).

Appare infine utile ricordare che il mancato rispetto della normativa in tema di D.S.A., quale espressione in senso più ampio della lesione del diritto all’istruzione, può costituire fondamento anche per la richiesta di domande di risarcimento del danno. Così la giurisprudenza più sensibile in materia (T.A.R. Lombardia, 30/01/2011) ha accolto tale aspettativa, riconoscendo, oltre al danno patrimoniale, anche il danno non patrimoniale allo studente dislessico, ingiustamente respinto all’esame finale, rilevando che “la valutazione negativa formulata nei confronti di un ragazzo molto giovane per il mancato superamento dell’anno scolastico determina, secondo comune esperienza, uno stato d’animo di angoscia e frustrazione perché a risultarne colpita è l’immagine che l’individuo ha di sé. Il detrimento del sentimento di autostima si ripercuote sulla personalità e può anche acuirsi con il tempo. Del resto, l’inferenza di tale rischio è confermato anche nelle citate disposizioni di legge nelle quali si afferma che le difficoltà di apprendimento derivanti dalla dislessia possono comportare gravi ricadute a livello personale quali l’abbassamento dell’autostima, depressione e comportamenti oppositivi che possono a loro volta comportare un abbandono scolastico o una scelta di basso profilo rispetto alle potenzialità”. Si è avuto, in particolare, espresso riguardo “alla fragilità della struttura psichica di un soggetto molto giovane che accentua ogni trauma emotivo” e si è considerato “il tipo di lesione la cui consistenza va apprezzata non solo al momento del fatto ma anche per il fatto di essere destinata a ripercuotersi, per il futuro, lungo tutta la vita scolastica del danneggiato”.

Il medesimo orientamento forma oggetto della già citata e più recente pronuncia del TAR Liguria – Sez. II – Sent. 29/02/2012 n. 349 che parimenti riconosce che “La non promozione, specie se percepita e vissuta come conseguenza di un agire illegittimo ed ingiustificato, costituisce un evento che incide profondamente nella sfera morale dell’interessato, provocando un notevole stato di sofferenza interiore che va risarcito per se stesso, a prescindere dalla questione del danno esistenziale, e sulla base di un criterio probatorio che tenga conto sia del carattere intimo del pregiudizio sia del fatto che la sussistenza dello stesso può normalmente essere presunta in relazione a determinate tipologie di illecito. Pertanto il “danno morale soggettivo”, da identificarsi nel turbamento emotivo che il rallentamento del corso di studi ha provocato all’interessata, deve necessariamente liquidarsi in via equitativa ex art. 1226 c.c.”. Nel caso di specie, quindi, l’organo giudicante riteneva congruo riconoscere un risarcimento pari a € 2.000 di cui 1.000 per il danno da perdita di chance e 1.000 per il danno morale.

Si ricorda inoltre che sul sito del MIUR http://www.istruzione.it/web/istruzione/dsa, è disponibile tutta la normativa di riferimento, oltre ad indicazioni e modelli esemplificativi di percorsi didattici personalizzati.

IL DIRIGENTE

Stefano Suraniti