La Scuola in remoto

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La Scuola in remoto: quali soluzioni a livello internazionale

di  Marina Imperato

‘L’esperienza non è quello che succede all’uomo. E’ quello che l’uomo fa con quello che gli succede’ (Karl Weick)

Il futuro è adesso (?)

      Negli ultimi giorni di febbraio, Indra, società spagnola di tecnologia e consulenza, ha annunciato di aver sviluppato una nuova torre di controllo digitale gestita da remoto, senza la necessità dell’intervento umano, per la gestione del traffico aereo in grado di garantire livelli mai raggiunti prima di sicurezza grazie all’uso dell’intelligenza artificiale. Il sistema sviluppato si basa su architetture avanzate di ‘deep learning’ addestrate per eseguire molteplici processi operativi attraverso una visione artificiale autonoma, in grado di rilevare anche eventuali anomalie dell’aeromobile durante l’atterraggio o il decollo, oppure minacce di varia natura per la sicurezza e di comunicarle al controller per gli opportuni interventi. Considerate le dimensioni raggiunte dal traffico aereo a livello mondiale, siamo di fronte ad una nuova – e per certi aspetti clamorosa – fase dello sviluppo a cui le applicazioni del digitale possono condurre.

      Più o meno negli stessi giorni, sull’Italia iniziava ad addensarsi l’ombra lunga dell’epidemia di COVID-19 che, partita dalla Cina, aveva raggiunto velocemente l’Iran dove si era manifestata in modo inaspettatamente violento. Neppure questa ‘velocità’ ha allarmato le nazioni occidentali che, sulla base della esperienza tutto sommato circoscritta dell’epidemia di SARS sviluppatasi tra il 2002 e il 2003, hanno valutato come adeguate, per circoscrivere il contagio, le misure restrittive adottate nei confronti della Cina. 

      Viene da chiedersi quale dei due ‘eventi’ avrà maggiore impatto a lungo termine: quello di origine ‘naturale’, oppure quello determinato dal genere umano? Certo è che l’evento naturale è entrato a gamba tesa in tutti gli ingranaggi sociali, fermandoli, rallentandoli, creando disorientamento, mentre quello tecnologico è passato sotto silenzio.

      La portata di comprensibile emotività che sempre si lega alle catastrofi naturali si confronta con la impassibilità con la quale vengono accolte notizie riguardanti innovazioni tecnologiche, sia pure potenzialmente rivoluzionarie. E perciò è interessante riflettere sul tipo di risposta che la stragrande maggioranza delle nazioni, con sempre maggiore determinazione, ha dato al dilagare dell’epidemia: interrompere qualsiasi attività sociale. Si tratta di una risposta ‘primitiva’, ancestrale: di fronte al pericolo e in mancanza di strumenti per affrontarlo, l’istinto e la ragione – anche nel caso dell’epidemia COVID-19 – hanno concordato sull’unica soluzione possibile.

Choc simmetrico, ma condizioni (e soluzioni) asimmetriche

      La Scuola, proprio perché custode delle generazioni più giovani, è stata il primo avamposto dell’ingranaggio sociale da mettere in sicurezza, dunque la sospensione delle attività didattiche (e, in seguito, la chiusura degli edifici scolastici) è stato il vero segnale di allarme lanciato in Italia. Sull’esempio italiano, l’ondata si è estesa alle nazioni europee, alla Turchia, al Medio Oriente, al continente asiatico e a quello africano, così come riportato dalla infografica UNESCO in cui si presenta la situazione mondiale aggiornata al 4 aprile.

      L’espressione ‘choc simmetrico’, utilizzata dal ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, sintetizza in modo efficace la situazione anche per quel che riguarda il campo dell’educazione/istruzione: la sospensione delle attività didattiche in presenza riguarda infatti oltre il 91% della popolazione studentesca mondiale di ben 138 nazioni di tutti i continenti. Quindi, i Governi di queste nazioni insieme con i rispettivi Ministeri dell’Istruzione/Educazione si sono trovati ad affrontare, sia pure in tempi diversi, problemi che mai prima si sono posti in termini di tale ampiezza e durata: assicurare il diritto allo studio, assicurare la continuità della didattica, sostenere l’apprendimento, fornire indicazioni e procurare soluzioni alle scuole, assicurare il funzionamento amministrativo, fornire i mezzi per arginare/evitare/mitigare le situazioni di gap che le crisi amplificano. Detto in altri termini, la sospensione delle attività didattiche in presenza ha amplificato la necessità di assicurare una connessione da remoto per garantire a tutti gli studenti il diritto all’istruzione in termini concreti.

[Infografica UNESCO aggiornata al 4 aprile 2020]

      Lo choc simmetrico riguarda, come si evince dalla infografica UNESCO, quasi 1miliardo e 600milioni di giovani, ma anche milioni di docenti, milioni di dirigenti scolastici che in contemporanea, ciascuno per il proprio ruolo e funzione, hanno cercato di ‘attrezzarsi’ per attenuare le conseguenze, non solo educative e culturali, di questa forzata interruzione.

      Le aule sono vuote ovunque, tuttavia le misure prese dalle singole nazioni sono diverse tra loro, così come le soluzioni per la didattica di cui si elencano quelle maggiormente praticate:

      Soluzione-base: La maggior parte delle nazioni, tra cui l’Italia, stanno provvedendo alla erogazione del servizio mediante l’utilizzo di piattaforme online (Cina, Francia, Grecia, Giappone, Portogallo, USA, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Argentina, Messico, …) per connettersi con gli alunni e svolgere lezioni live, oppure – in aggiunta – ricorrere alla registrazione MOOC (Massive Online Open Courses). Con ogni probabilità, però, il mezzo più utilizzato per mantenere la continuità e la contiguità comunicativa tra i docenti e gli alunni sono le apps.

      Soluzione-base implementata: agli strumenti precedenti alcune nazioni (tra cui Argentina, Cina, Francia, Spagna, Arabia Saudita) hanno affiancato anche la televisione ed altri media per l’erogazione del servizio scolastico. Anche in Italia si sta pensando a come meglio utilizzare tale mezzo, attualizzando ormai lontani e famosi programmi televisivi, tra cui quello iniziata nel 1958 con il progetto pilota ‘Telescuola’ programma a carattere «sostitutivo», diretto a consentire il completamento del ciclo di istruzione obbligatoria ai ragazzi residenti in località prive di scuole secondarie (4 milioni di ascolto giornalieri), e alcune esperienze sono già partite a livello locale.

      Tuttavia, la diffusione e il possesso dei devices uniti alla oggettiva problematica della connettività che non garantisce la copertura in zone impervie e/o disagiate rappresentano l’ostacolo maggiore per evitare e/o per mitigare situazioni che, altrimenti, rischiano di far scivolare definitivamente nel dropping out gli alunni più deboli. Le condizioni di asimmetria sociale, peraltro già ampiamente diffuse ‘a macchia di leopardo’ anche nelle nazioni occidentali, possono pertanto amplificarsi velocemente in maniera imprevedibile e irrecuperabile per milioni di giovani. Soluzioni per poter raggiungere lo scopo in maniera rapida ed estesa sono state individuate quasi ovunque: in Cina, gli studenti in condizioni disagiate sono stati dotati di ‘pacchetti dati mobili’, mentre in Francia si è optato per la strategia del ‘prestito’ di devices e di altri servizi informatici per quel 5% di alunni (la maggior parte di origini immigrate) che non accedono ad Internet e/o che non possiedono un computer. In Italia, invece, la soluzione al momento ‘attiva’ è quella di destinare fondi specifici a tutte le scuole affinché provvedano in autonomia all’acquisto di beni informatici da assegnare agli alunni disagiati.

      Anche l’Unione europea e l’UNESCO hanno cercato di offrire sostegno predisponendo materiali ed informazioni su siti dedicati (https://ec.europa.eu/education/resources-and-tools/coronavirus-online-learning-resources_en; https://en.unesco.org/covid19/educationresponse/solutions), ma la vera ‘partita’ si gioca ‘in solitaria’ nelle nazioni che, singolarmente, rispondono all’emergenza sulla base dei propri mezzi, della propria cultura e della propria normativa.

L’organizzazione scolastica e le ‘tecnostrutture’

      Grazie ad interventi diffusi attivati negli anni scorsi, ma soprattutto grazie alla Legge 107/2015 che ha introdotto il Piano Nazionale Scuola Digitale creato per rispondere operativamente alle sfide di innovazione anche nel settore scolastico, il sistema di istruzione italiano possiede una ‘infrastruttura’ basata sulle professionalità (Animatori digitali, Team dell’Innovazione) che, in questo momento, si è rivelata quantomai utile. Poter contare su questa ‘tecnostruttura’, presente in ogni scuola, ha reso più agevole – passato il primo comprensibile momento di disorientamento – l’avvio della didattica digitale che, però, necessita di interventi ragionati, condivisi e programmati soprattutto in vista della conclusione dell’anno scolastico e degli imminenti esami di Stato.

      Contestualmente bisogna considerare anche l’aspetto relazionale, concomitante quello dell’apprendimento, che a dispetto della diffusione dei mezzi di comunicazione digitale, resta fondamentale per la crescita e lo sviluppo personale dei giovani, per il confronto sociale e per la comprensione della ‘regolazione’ della vita collettiva. La Scuola è il macro-luogo dove tutto questo avviene quotidianamente, in maniera diversamente organizzata da nazione a nazione, e il suo denominatore universale – al di là delle differenze – consiste appunto nell’accogliere all’interno dei suoi spazi, far incontrare e far vivere insieme quotidianamente giovani per prepararli all’età adulta.

      Da oltre un mese, l’hub dell’istruzione a livello mondiale è fisicamente deserto e chissà per quanto tempo ancora tale resterà, anche se il flusso delle relazioni non si è spezzato: alcune nazioni, come la Cina, il Giappone, la Spagna e gli USA offrono assistenza psicologica h24 a tutti coloro che manifestano seri problemi nel sostenere la situazione di isolamento e di distanziamento sociale forzato. In Italia, alcune singole scuole, nell’ambito della loro autonomia, stanno offrendo questo tipo di supporto attraverso consulenti individuati ad hoc. Manca, invece, nella scuola italiana una ‘tecnostruttura’ dedicata in maniera specifica ed esperta al supporto psicologico individuale degli studenti, slegata dai bisogni degli alunni con disabilità per i quali la ‘rete’ di sostegno (gruppo GLHO) esiste da tempo.

      La realtà è che esiste una Scuola ‘profonda’ più incline alla laboriosità, alla soluzione dei problemi, che non si sta tirando indietro neanche davanti ad un evento di dimensioni gigantesche, che sta trovando – nella maggior parte dei casi – le risposte da sé, in autonomia di ricerca, di organizzazione, di flessibilità. La gestione da remoto di un processo così complesso e dalle dimensioni immense sta mettendo in circolo esperienze, riflessioni ed esperimenti: in pratica, tutte le categorie dei lavoratori della Scuola stanno affrontando – in modo simmetrico – una esperienza di apprendimento collettivo che ha caratteristiche di unicità e di simultaneità.

      Dunque, il futuro è adesso: le tecnologie digitali stanno consentendo, pur con tutti i limiti che ogni ‘prima volta’ comporta, la gestione da remoto della didattica, ma anche degli aspetti organizzativi ed amministrativi. Sarà necessario, quando la Scuola riaprirà i battenti, non archiviare questa esperienza considerandola un inciampo, ma valutarla in tutte le sue potenzialità, e ragionando in termini di ‘prospettiva del possibile’ e della ricerca continua.

      Anche la Scuola non può più tirarsi indietro nel considerare le potenzialità del digitale, nella piena consapevolezza di avere un compito ‘immateriale’ ed etico, profondamente diverso rispetto a quelli che contraddistinguono le altre Amministrazioni. Eppure, forse la sfida più complessa per la ricerca tecnologica sta proprio nel confrontarsi con la Scuola e trovare soluzioni per un ‘traffico’ di persone altrettanto numeroso di quello che ogni giorno – in condizioni normali – affolla gli hub di tutto il pianeta.