Per una strategia condivisa

Per una strategia condivisa

di Dino Castiglioni

Non esistono modelli precostituiti tali da farci comprendere come riprogrammare le nostre vite, convivendo con un virus dal quale gli unici strumenti a disposizione che abbiamo per difenderci sono quelli delle quotidiane raccomandazioni che riceviamo. Diventa pertanto un fattore culturale reinterpretare i rapporti, siano essi sociali, politici o economici da applicare alla quotidianità. Nei luoghi di lavoro, nei negozi, nelle aule didattiche, nei teatri come nei cinema o nei trasporti, se il distanziamento sociale sarà la discriminante fondamentale per non trasmettere il contagio, ogni azione, ogni comportamento dovrà essere improntato a ciò.

E come saranno organizzati i vari spazi fisici che caratterizzano la nostra vita? Non possiamo realisticamente pensare ad una revisione architettonica nella costruzione di luoghi che tengano conto di queste nuove esigenze. Certamente diventa opportuno e doveroso acquisire consapevolezza che tutto un modello su cui erano state impostate le regole sociali va radicalmente reinterpretato.

Dovremmo essere in grado di cogliere le opportunità che ne derivano: investire in smart warking o in didattica digitale, se da una parte riduce la mobilità quotidiana, dall’altro può rappresentare una diversa qualità della vita, complessivamente intesa; valgano per tutte le immagini pervenute in questi giorni relative all’abbassamento del livello delle polveri sottili o della ritrovata limpidezza dei mari.

Significa favorire l’utilizzo di tecnologie meglio rispondenti a queste nuove esigenze relative al rapporto di lavoro (finora il telelavoro, pur previsto contrattualmente, ha rappresentato una quota limitata di destinatari, essendo considerato un’eccezione), e alla didattica a distanza: andrà reintepretato il ruolo del docente in termini di competenze digitali e pedagogiche, cambierà il concetto di relazione Stato/Cittadino. Il Presidente del Consiglio ha ipotizzato l’inserimento di uno specifico articolo nella Costituzione relativo al diritto di ognuno all’accesso a Internet. Si tratterebbe di un notevole salto di qualità che valorizzerebbe l’idea di semplificazione e deburocratizzazione che tanta fatica fa ad emergere nel nostro Paese. Una battuta che per qualche periodo circolava degli Uffici della Pubblica Amministrazione, al tempo in cui si stava avviando la “decertificazione” era quella di procedere a fare fotoocopie di tutti i documenti che poi avrebbero dovuto essere digitalizzati… E’ un pensiero radicato nella nostra cultura: ognuno di noi reclama per sè la semplificazione, non oltre!

Anni fa, nel suo “l’altruismo e la morale”, Francesco Alberoni trattava del rapporto tra Stato e cittadino. Fin da allora, siamo nei primi anni ’90, in alcuni Paesi era consentito prendere a prestito i libri necessari allo studio o alla ricerca, senza alcun limite temporale. In Italia era permesso un libro per volta da restituire entro un periodo massimo di 10/15 giorni… il rapporto fiduciario era diverso: da noi il prestito era concepito come “concessione”. Di qui la spersonalizzazione da parte del cittadino nei confronti della cosa pubblica, il senso di estraneità, il non sentirsi responsabile della cura di qualcosa che non appartiene direttamente. Per evitare che si danneggi, il nostro patrimonio artistico, ne deteniamo il 70% del pianeta, viene tenuto sotto chiave; non siamo riusciti a valorizzarlo e farlo diventare fonte intelligente di sviluppo economico: l’idea di protezione che abbiamo è quella di non metterlo a disposizione. Preservarlo per consegnarlo alle future generazioni. Bauli che non dovranno mai essere aperti.

E’ giunto forse il momento che la scuola adotti in misura generalizzata e diffusa modalità profondamente innovative a partire dai suoi fondamentali; cosa si intende oggi “fare scuola”, che tipo di preparazione può essere utile al docente per un’azione didattica diversa da quelle ordinariamente utilizzate? Come strutturare gli Organi Collegiali, sempre che questi, così come li conosciamo, riescano ancora a dare le risposte adeguate?

Si prefigura un modello nuovo del rapporto docente/discente, presente al momento in alcune realtà con risultati estremamente positivi, quali ad esempio il servizio Scuola in Ospedale, dove può capitare che a volte il contatto con l’allievo avvenga esclusivamente per via telematica. Cambierà in prospettiva il concetto di “disciplina” e il voto di comportamento assumerà una valenza completamente nuova: non sarà più il docente che richiamerà al rispetto delle regole, ma queste diventeranno insite nel nuovo modello relazionale, favorendo nello studente una maggiore consapevolezza dell’essere responsabile della propria educazione.

Reintepretare e rifondare modelli didattici vuol dire che il modello formativo potrebbe trovare nelle Università un primo punto di riferimento; il docente sarà chiamato a possedere competenze pedagogico didattiche differenti dalle attuali, per tutti gli ordini e gradi di istruzione. La gestione del tempo scuola non sarà più come la precedente, non essendo ipotizzabile richiedere tempo e attenzione davanti da un pc in misura simile a quelli di una classe.

Per non lasciare nessuno indietro e per favorire una diffusione adeguata del nuovo modello didattico, si potrebbero ipotizzare specifici accordi a livello locale tra istituzioni scolastiche e reti radio e Tv del territorio. Questo perchè la velocità di connessione non è omogenea in diverse zone del nostro Paese e i mezzi di comunicazione potrebbero diventare un ottimo veicolo di trasmissione educativo/didattica, con tempi e modalità da concordare.

La classe attraverso cui tutti siamo passati è stata sostituita da uno schermo collocato al proprio domicilio. Quali rapporti educativo/didattici, oltre che personali si possono realizzare con questo nuovo modello? Il sistema scolastico del nostro Paese ha una sua particolare fisionomia, scandito da specifiche procedure, che vanno dall’avvio dell’anno scolastico sino alla sua conclusione: collegio docenti, attività di programmazione, lezioni, verifiche, consigli di classe, udienze individuali e collegiali. Per molti finora le innovazioni introdotte, quali ad esempio la didattica digitale o l’utilizzo del registro elettronico, rappresentavano qualcosa che si affiancava all’ordinario, l’eccezione più che la regola.

Oggi tutto questo assume una caratteristica diversa: ognuno è chiamato ad operare una personale rivoluzione culturale con l’obiettivo di garantire qualità nella formazione attraverso processi innovativi e completamente differenti da quelli finora conosciuti. E tale azione andrà estesa a tutte le specificità attraverso le quali l’attività didattica si esplicita, particolarmente quella dedicata ai DSA, ai Bisogni Educativi Speciali, all’integrazione scolastica, agli stranieri.

Significa progettare e programmare un modello pedagogico che tenga conto delle migliori esperienze finora adottate in diverse realtà, quali ad esempio quelle facenti parte del progetto “Avanguardie Educative” o della già citata Scuola in Ospedale.

Siamo immersi in uno scenario dove ciò che inizialmente era considerato eccezione è destinato a diventare norma e ad incidere profondamente nei comportamenti quotidiani. Ecco perchè è importante predisporsi e predisporre azioni che tengano conto di questo, agendo perchè la ricchezza economica del Paese possa riprendere il suo cammino regolare attraverso idee e comportamenti innovativi. Dobbiamo considerare come realizzare attività educative fin dalla scuola dell’infanzia, costruire nuove regole comportamentali e di relazione, educare diversamente alla cura di sè e al rispetto degli altri.

Una sfida che fondamentalmente diventa una opportunità.