Passione educativa ai tempi della didattica a distanza

da Tuttoscuola

Credo che la pratica dell’insegnamento abbia subito una metamorfosi quando la didattica a distanza è entrata nella Scuola e l’ha inglobata, consentendo solo in questo modo che gli attori si incontrassero sull’unica scena concessa dalla rete: essa è dovuta diventare “Didattica di prossimità” (cit. Sergio Messina, Presidente AID). In questa particolare connotazione ha imposto un cambiamento di framework, aprendo i docenti a nuove, svariate possibilità di coinvolgimento del singolo studente attraverso azioni più mirate e strutturate.Molti colleghi indicano la didattica a distanza come un surrogato della didattica in presenza, senza tener conto del cambiamento al quale ho appena accennato, che sicuramente è una grande sfida personale e professionale.

Non sono qui a difendere strenuamente la DAD, perché quello che da sempre mi ha caratterizzata è la capacità di entrare in relazione anche con una sola occhiata, di smascherare timori, freni, pregi e potenzialità dei miei allievi nell’ottica della valorizzazione; ma, potendo ora comunicare e insegnare solo ed esclusivamente attraverso un supporto informatico, ho pensato bene di far “di necessità virtù”. Certo, la relazione è importante, è quanto immediatamente mi è mancato ed è mancato a tutti gli attori della Scuola.

Mi è immediatamente mancato incontrare i loro sguardi, sedare con la richiesta di attenzione il chiacchierio diffuso al minimo abbassamento di tensione che la lezione partecipata produce. Mi è mancato correre velocemente per le scale per non arrivare tardi al suono della campanella che segna il cambio dell’ora, carica dei libri e dei pensieri che avrebbero occupato loro e me in quelle mattinate appassionate. E’ proprio vero che quando si svolge un lavoro con passione non se ne sente la fatica, anzi, ci si sente ricchi di tutto quello che, nel caso degli insegnanti, la relazione didattica porta con sé.

Mancando la relazione de visu ho sentito dunque in me l’imperativo categorico di compensare quella distanza con una presenza ancora più essenziale, profonda, partecipe, empatica. Ho proposto loro quello che “non ho mai avuto il tempo” di progettare e pianificare, contenuti e forme di un’acquisizione che vede il concorso di più competenze e che ne crea di nuove, orientate all’apprendimento permanente. La didattica a distanza ha imposto di puntare, oltre che sulle conoscenze, sulle competenze umane, civiche, informatiche e comunicative a trecentosessanta gradi, rendendo i nostri alunni ancora più liberi di esprimersi per tutto quello che sono e che sanno. E i saperi disciplinari? Essi rimangono sempre presupposti imprescindibili. Sto procedendo in maniera storico-critica con gli argomenti della Letteratura del Triennio, dando agli allievi la possibilità, dopo lo studio, di propormi chiavi interpretative molto personalizzate. Mi sono arrivati video straordinari sul rapporto tra epos, cantari e poema cavalleresco, un argomento che forse, svolto in classe, sarebbe stato meno appassionante. Abbiamo messo al centro dei nostri colloqui a distanza Firenze, salotto d’incontro tra il giovane Leopardi e il già affermato scrittore Manzoni, leggendo epistole nelle quali l’uno parlava dell’altro, affrontando un piano umano degli autori che in classe a volte è “offuscato” dalla grandezza delle loro opere. Non ho mica tagliato il programma, anzi! L’ho riadeguato alle esigenze del momento, arricchendolo con contributi inediti, quelli dei miei allievi, esiti dei miei costanti tentativi di incoraggiamento dell’attitudine indagatrice, orientata su problemi che dalla storia della letteratura diventano fondamentali della nostra stessa condizione e del nostro tempo. Ho fatto appello all’ ars cogitandi (la quale include il buon uso della logica, della deduzione, dell’induzione), che è l’arte dell’argomentazione e della discussione, forse ancor più che in presenza (“Meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”). Certo, sono fortunata: ho classi che seguo da tre e quattro anni, con le quali la relazione era già solida (quindi la relazione è “intrinseca”, rimane il pezzo forte!). Ma ho anche una classe prima, dove svolgo ben tre materie. Devo dire che nel loro caso addirittura ho avuto esiti inaspettati: in un contesto alquanto variegato a livello di scolarizzazione e maturità sono stata stupita dalla capacità di autoregolamentazione e di efficienza di alcuni; altri si sono confermati nei loro atteggiamenti di interesse e disinteresse parziali così come in presenza. Allora mi sono chiesta: ma davvero ti interessa il Programma? O questo è solo un pretesto per poter continuare una relazione formativa ed educativa, soprattutto in questo momento? Credo che avere una “cornice di senso” sia quello che può permetterci di allargare l’ambiente di apprendimento e di relazione oltre ogni confine. “Ciò evidentemente non può essere inscritto in un programma, ciò può essere animato solo da un entusiasmo educativo” (Edgar Morin, La testa ben fatta).

* Professoressa dell’“IISS P. Calamandrei” di Sesto Fiorentino (FI)