Un anno scolastico finito a distanza

Un anno scolastico finito a distanza

di Rita Manzara Sacellini

La didattica a distanza rappresenta, in questo travagliato periodo, l’unico mezzo possibile per cercare una possibile continuità nel percorso didattico intrapreso all’inizio di questo anno scolastico.

Molti, tuttavia, si interrogano sui possibili elementi di conflittualità tra l’uno e l’altro modo di “fare scuola”, in termini di caratteristiche e principi educativi.

E’ essenziale, a questo proposito, analizzare i fondamenti della comunicazione come elemento basilare della relazione pedagogica tra alunno e docente.

Partiamo dal presupposto che ogni evento comunicativo, oltre ad essere finalizzato alla trasmissione di informazioni, stabilisce un rapporto con l’altro sul piano non verbale. Tale rapporto produce un’influenza reciproca negli interlocutori.

Basti pensare alle distanze mantenute nelle transazioni quotidiane: lo spazio fisico frapposto tra noi e l’altro è un indicatore delle relazione interpersonale, così come la gestualità, non limitata a viso ed occhi ma estesa a tutto il corpo.

Un docente deve imparare ad osservare questi ed altri aspetti relativi alla comunicazione non verbale per trarne informazioni utili non solo per valutare l’efficacia dello specifico intervento didattico ma anche (direi soprattutto) per verificare il clima relazionale in classe e la condizione emotiva di ciascun alunno, 

Quest’ultimo aspetto della comunicazione è fortemente influenzato dalle caratteristiche personali dei soggetti che si mettono in relazione e che si basano su un personale sistema di riferimento (strutturato sul concetto di sé, la propria storia personale, i bisogni affettivi, le capacità cognitive, le motivazioni e aspettative, ecc.).

La comunicazione non risulta, di fatto, realmente efficace (neppure in termini di comprensione dei messaggi) qualora una persona non riesca, al momento opportuno, a decentrarsi dal proprio sistema per entrare in quello del proprio interlocutore.

Queste considerazioni ci fanno riflettere sulla difficoltà a realizzare lezioni a distanza nel corso delle quali il docente possa percepire in modo attendibile l’effettivo grado di  partecipazione e di coinvolgimento di ogni discente.

E’ facile intuire il motivo della difficoltà suddetta: all’atto di “comunicare a distanza” (in particolare nelle prime sperimentazioni di tale sistema) sia il docente sia i ragazzi sono catturati (in una grande percentuale di  casi) dagli aspetti “tecnici” dei mezzi impiegati. Le difficoltà sin qui descritte, per fortuna, tendono ad attenuarsi man mano che si acquisisce dimestichezza e competenza nell’uso degli strumenti. Spesso, tuttavia, anche dopo aver acquisito una certa padronanza, nella comunicazione a distanza l’attenzione è riservata non tanto alla relazione con l’altro/gli altri ma ai contenuti veicolati. Lo scambio di informazioni, in altre parole, tende a prevalere sugli aspetti relazionali, anche se è noto che nella “normale”comunicazione il “peso” del contenuto è relegato al 10% del processo. 

Personalmente ritengo che, con la “didattica a distanza” non si possa raggiungere in alcun caso il livello di relazione consentito dalla comunicazione in presenza . 

L’aspetto peggiore della questione è rappresentato dal fatto che la relazione stessa costituisce (o almeno così dovrebbe essere) un elemento essenziale del percorso formativo.

Questo breve intervento non vuole, in ogni caso, essere inteso come un giudizio negativo sul lavoro svolto con impegno e dedizione da moltissimi docenti in queste lunghe e difficili settimane. 

E’ evidente che, nella situazione attuale, nessuna altra strada poteva considerarsi percorribile. Consideriamo, però, quanto possa essere difficile per i medesimi insegnanti portare a termine la valutazione finale degli alunni rispetto a un percorso così strutturato.

Basti pensare che, a conferma delle criticità sin qui esposte presenti in quest’ultimo periodo nel rapporto tra docenti e alunni, l’operato “a distanza” è stato fino a poco tempo considerato alla stregua di “compito a casa” . Molti Dirigenti scolastici e docenti lo hanno ritenuto soltanto uno degli elementi da prendere in considerazione per il giudizio  finale, che si auspicava basato comunque su una verifica in presenza.

Nel Decreto scuola del 6 aprile 2020, vengono invece indicate come probabili “le modalità, anche telematiche, della valutazione finale degli alunni, ivi compresi gli scrutini finali, in deroga all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62 e all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122”.

E’ richiesto, quindi, un ulteriore sforzo agli insegnanti per effettuare una valutazione del percorso “a distanza” basata sia sul raggiungimento di obiettivi formativi (partecipazione, attenzione, ascolto, interazione con l’altro), sia sulla verifica degli apprendimenti effettivamente maturati. 

Anche in quest’ultimo campo i problemi non mancheranno. Ci si dovrà chiedere, ad esempio, se l’alunno ha svolto il lavoro a distanza autonomamente o con aiuto. Nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati, si dovrà indagare sugli ostacoli che hanno impedito o reso complicato poter seguire le lezioni a distanza (es. mancanza di qualsiasi supporto da parte della famiglia, spazi inadeguati al lavoro e allo studio, ecc.). Ci si dovrà interrogare sul da farsi a fronte di atteggiamenti di demotivazione e disimpegno in merito ai quali la scuola non ha potuto in alcun modo intervenire. 

La questione, questo è certo, non potrà esaurirsi con il “sei per tutti”, anche se – così dicono – non sarà un “sei politico”.