Da notare nella polemica
di Antonio Stanca
Molto interessante è lo studio condotto da Luigi De Blasi, docente di Storia e Filosofia presso il Liceo Scientifico “ G. C. Vanini” di Casarano (Lecce), nell’ampio saggio dal titolo Test e Testati, pubblicato di recente dalla rivista “Telematica Nuova Didattica”, diretta da Riccardo Sirello, vice direttore Lia Ciciliot. Il lavoro è preceduto da un’attenta premessa del Dirigente Scolastico dello stesso Istituto, professor Sergio Pagliara, responsabile regionale dell’Associazione Nazionale Presidi. In essa si evidenzia, in maniera molto appropriata, come il De Blasi esprima delle giuste considerazioni circa il metodo del test ormai diffusamente usato per le valutazioni, le verifiche nelle scuole, nelle università, nei concorsi, e come le sue riflessioni siano un contributo da notare nella polemica in corso tra chi al metodo è favorevole e chi è contrario.
Il saggio discute un problema sul quale ci si dovrebbe soffermare prima che diventi difficile se non impossibile farlo. Prima, cioè, che la valutazione tramite test in ambito scolastico, universitario e nella fase preliminare dei concorsi per docenti, diventi una norma improrogabile, inamovibile, si dovrebbero considerare i pericoli che essa comporta. Ampie e varie sono a questo proposito le argomentazioni del De Blasi e ricche di riferimenti ad opere di studiosi moderni di notevole importanza nel campo della didattica. Un invito vuole essere quello del saggista a pensare come l’attuale forma di valutazione per mezzo del test, tendente a sostituire quella delle tradizionali prove scritte ed orali, sia molto limitativa. Con essa si chiedono risposte “univoche”, “chiuse”, che sono circoscritte entro limiti di spazio, di tempo e non permettono a chi viene esaminato di esprimere al completo le sue conoscenze. E’ obbligato egli a ridurle, condensarle, adattarle ad una delle risposte proposte ed a farlo in un certo tempo. Pertanto chi per rispondere ha bisogno di riflettere è esposto al rischio di un risultato negativo. Invece le forme di verifica precedenti, compiti scritti e interrogazioni, davano la possibilità allo studente o docente di mostrare l’intera sua preparazione, di soffermarsi su di essa, correggerla, ampliarla. Avveniva soprattutto con gli studenti, ai quali serve in particolar modo, quel rapporto di scambio, si creava quella corrispondenza tra esaminando ed esaminatore, si avviava quell’interazione che è necessaria al ripensamento, accrescimento, completamento propri di ogni conoscenza. Era possibile tutto questo perché l’esaminando non aveva timore che il tempo a sua disposizione finisse, non era costretto a scegliere tra risposte fissate e in uno spazio contenuto, poteva dire o scrivere quanto sapeva circa l’argomento richiesto, poteva migliorare nelle risposte. Oltre che rispondere poteva imparare!
Per questi motivi il De Blasi, nel saggio, propone che si recuperi tale metodo, che non lo si consideri completamente superato in nome dell’altro, che si rifletta sui danni che ne possono derivare. Per l’alunno o docente esaminato che non riesce ad essere veloce sostenere delle prove con il metodo del test risulta difficile e può succedere che non le superi. E spesso questi candidati sono più preparati degli altri poiché più riflessivi, più scrupolosi e perciò meno veloci. Non i migliori, quindi, superano tali esami ma coloro che per essi si esercitano, coloro che più degli altri imparano a muoversi in fretta.
Col suo studio il De Blasi non vuole essere risolutivo, definitivo circa quanto da lui sostenuto, vuole soltanto invitare a soffermarsi sull’argomento, a cercare delle possibilità di integrazione, combinazione tra vecchio e nuovo sistema, esorta a ritenere importante il problema.
Chiara e scorrevole è l’esposizione, a volte riprende gli aspetti principali del tema trattato al fine di chiarirli in ogni loro elemento, di documentarli tramite citazioni di brani tratti da importanti opere di moderni studiosi di didattica.
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