Gli Esami di Stato all’epoca del Coronavirus

Gli Esami di Stato all’epoca del Coronavirus
Vecchi ricordi di un giovane maturando

di Carlo De Nitti [1]

Ma Paolo e Francesca, quelli io me li ricordo bene
perché, ditemi, chi non si è mai innamorato
di quella del primo banco …
ANTONELLO VENDITTI, Compagno di scuola (1975)

Tutto quello che voglio, pensavo, è solamente amore …
ANTONELLO VENDITTI, Sotto il segno dei pesci (1978)

A Chi c’era…[2]

  1. PREMESSA STORICO – SOCIALE

Ogni anno, in questo periodo, non riesco a non andare con la memoria agli esami di stato di un anno particolarissimo: quello del rapimento (16 marzo) e dell’assassinio/ritrovamento (9 maggio) di Aldo Moro; quello dei due conclavi (quello che elesse pontefice il Patriarca di Venezia Albino Luciani e quello che, dopo poche settimane, elesse l’Arcivescovo di Cracovia, Karol Woityla, che prese il nome di Giovanni Paolo II), ma anche quello dei mondiali di calcio in Argentina. Il 1978: l’anno del mio diploma, conseguito in un istituto superiore della città in cui sono nato, vivo e da quasi trentacinque anni opero nella scuola.

Erano gli “anni di piombo”, che, nell’assassinio di Aldo Moro, raggiungevano il loro climax, il loro momento più alto iniziato già ben prima e che, dopo sarebbero declinati con la sconfitta del terrorismo estremistico, “nero” e “rosso”. Anni di grandi trasformazioni socio-economiche, politiche, di affermazione di diritti anche nella scuola e nell’università con una notevole democratizzazione degli accessi. Si pensi alla legge 910/1969 (liberalizzazione delle iscrizioni all’università e la possibilità di piani di studio personalizzati) ed alla 348/1977 (abolizione del latino dalla scuola media ed obbligatorietà delle educazioni musicale e tecnica), che avevano fatto seguito alla legge 1859/1962 sull’istituzione della scuola media “unica”.

Un anno particolare: i due eserghi non rendono, di certo, compiutamente ragione della vita che i giovani vivevano (personalmente ho una cultura musicale molto “basica”) ma dicono di ansie giovanili che trovavano in quelle parole una loro rappresentazione.

  • GLI ESAMI DI MATURITA’

Era un esame tutt’affatto diverso da quello odierno. Gli esami di maturità, come allora si diceva, erano normati da un decreto legge del 15 febbraio 1969 dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione, on. Fiorentino Sullo (1921 – 2000)[3], che cambiò, in corso d’anno, sulla scia della contestazione sessantottina, l’esame di maturità: ridusse le prove a due scritte (di cui una doveva essere sempre italiano) ed una orale centrata su due discipline, da scegliersi in una rosa di quattro definita dal Ministero: una a scelta del candidato ed una a scelta della commissione, Ben presto si istaurò la prassi di farle scegliere entrambe ai candidati, che le comunicavano alla commissione “ufficiosamente” attraverso il membro interno, l’unico che conoscessero e li conoscesse. Per la prova scritta di italiano, inoltre, il candidato poteva scegliere in una rosa di quattro temi: tre tracce comuni a tutti gli ordini di scuole ed una specifica dell’indirizzo. Doveva essere un esame “sperimentale” e, quindi, provvisorio ma rimase in vigore per ben ventinove anni, fino a quando fu cambiato su proposta del Ministro on. Luigi Berlinguer con la legge 425 del dicembre 1997. La classificazione del voti era in sessantesimi e, quindi, i voti oscillavano tra il minimo 36/60 ed il massimo 60/60.

  • LA MIA <MATURITA’>

Il fatidico lunedì 3 luglio 1978, il Ministero della Pubblica Istruzione (allora era presente l’aggettivo “pubblica” come costitutivo della ratio dell’istruzione), all’epoca tenuto dall’on. Franco Maria Malfatti[4], fece trovare ai maturandi delle tracce di italiano che a posteriori definirei “profetiche”.

Scelsi di svolgere la traccia di storia, incentrata sull’influenza del movimento operaio sulla storia e la società italiana. Era, quello in carica, un governo nato proprio contestualmente al rapimento di Aldo Moro, con il sostegno importante del PCI, dopo molti decenni in cui questo era stato all’opposizione ed, all’epoca, rappresentava quasi un terzo degli italiani. Ricordo che conclusi il tema dicendo che l’aver assegnato una traccia siffatta era la riprova dell’influenza del movimento operaio nelle vicende italiane.

Invero molto interessante anche la traccia di letteratura sull’ermetismo: Ungaretti, Quasimodo e Montale. Quest’ultimo, nominato nel 1967 a senatore a vita da parte del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, e “fresco” di assegnazione del Premio Nobel nel 1975. All’epoca, non tutte le classi avevano la possibilità di “arrivare” a Montale, forse a causa di un crocianesimo ancora abbastanza diffuso nelle scuole…

Davvero profetica la traccia di cultura generale sulle prime elezioni a suffragio diretto del Parlamento europeo che si sarebbero tenute nell’anno seguente (il 10 giugno 1979, una settimana dopo le elezioni politiche: il “battesimo del voto” dei neodiplomati…).

All’orale decisi di portare come prima materia, quella scelta da me, filosofia; come seconda mi fu “assegnata” scienze, che, all’epoca, all’ultimo anno di scuola superiore era declinata nella geografia astronomica: di quell’orale non ricordo nel dettaglio cosa mi fu chiesto e come risposi, ma credo di non essere andato male (a quel tempo si accedeva agli orali senza conoscere il voto degli scritti) visto il voto conclusivo che mi fu attribuito.

  • GLI ESAMI FINISCONO?

Di quell’esame permane in me nitida memoria, nonostante gli oltre quaranta anni trascorsi da quella estate, iniziata, come allora succedeva, nella seconda metà di luglio: orali sostenuti il giorno 17 luglio, un lunedì, data oggi improponibile a studenti e professori e visita di leva presso la Capitaneria di porto di Bari il giorno 21, il venerdì successivo.

Tutti gli altri esami che ho sostenuto dopo quello – universitari e concorsuali di varia tipologia – non ne hanno mai scalfito il suo carattere paradigmatico, archetipico: una sorta di “debutto”, di ingresso nel mondo dei “grandi”[5], in cui si andava avanti soltanto, assumendosi le proprie responsabilità nelle scelte che si poteva compiere, finalmente, in autonomia.

Concludere gli esami di maturità era il voltare pagina nella vita, era il chiudere un capitolo, di cui sarebbe rimasta in tutti indelebile memoria, quale substrato per aprirne altri: studi/lavoro (nel mio caso sapevo con assoluta precisione che avrei proseguito gli studi ed in quale direzione si sarebbero orientati), maggiore età appena acquisita o da acquisire (nel caso mio qualche mese dopo), patente di guida da acquisire con conseguente autonomia negli spostamenti (personalmente, l’avrei presa circa nove anni dopo). Il concludere gli esami era – per me come per tutti – un momento di catarsi, un punto di non-ritorno, la svolta…

La conclusione dell’ultimo anno di scuola secondaria di secondo grado non è solo una semplice “fine” come quelle sperimentate in precedenza: non è un “arrivederci” a tre mesi dopo ma un “addio” che non riguarda solo gli adolescenti ma anche gli insegnanti e, mi sia consentito, “indirettamente” pure i dirigenti scolastici …[6]

Come si fa quindi a non essere d’accordo con coloro i quali auspicano che, in condizioni di assoluta sicurezza per tutti, desiderano che i maturandi possano vivere l’esame di Stato nella loro scuola, tra i loro compagni e con i loro professori, che li hanno visti crescere per cinque /tre anni?

Poter compiere scelte di vita, quali quelle che si effettuano dopo il diploma insieme e con il sostegno di chi ha contribuito a farli crescere per cinque anni come i professori ed il gruppo dei pari con cui si sono condivisi tanti momenti di vita (i momenti di scuola sono momenti di vita tout court) è certamente molto più securizzante che farle nella privata solitudine della propria casa, seppure in collegamento telematico con … il mondo intero, com’è possibile attualmente con le TIC.

In quei giorni, in quell’esame converge il “portato” di un intero percorso di studi e di vita di un gruppo, una comunità in cui si sono combinate ed incrociate “storie di vita”: una classe (tre sostantivi, tutti collettivi) con i suoi insegnanti, insomma. Qualcosa di unico, indelebile, che si situa nei “cassetti” delle memoria e che riemerge, magari, in circostanze particolari, come questa, per esempio …

Come dimenticare di aver studiato insieme, aiutandosi reciprocamente, anche superando le distanze cittadine a piedi o con l’aiuto dei bus urbani ?

Come non ricordare, approssimandosi i sessanta, quando cercammo, invano, di mettere in scena la pièce teatrale Natale in casa Cupiello di Eduardo de Filippo?

Come dimenticare gli anni in cui una mia compagna di classe – da dirigente scolastico dovrei dire che è una frode – imitava in modo perfetto la firma del vice preside per la giustificazione delle assenze di studenti di ogni classe, quando “marinavano” la scuola?

Come dimenticare, ad esempio, di aver rinunciato a vedere la partita inaugurale del campionato mondiale di calcio in un’Italia ammutolita da un gol lampo francese, poi “rinfrancata” dal pareggio di Roberto Bettega ed, infine, “risorta” con il gol vincente di Renato Zaccarelli ed il conseguente boato del palazzo in cui abitavo e dei circostanti?

Come non ricordare di aver raggiunto in autostop con altri due miei compagni (l’idea, ovviamente, non fu mia) il ristorante in cui fu realizzato il pranzo di fine anno, ubicato all’estrema periferia di via Giovanni Amendola, in una zona solo parecchi anni dopo densamente urbanizzata?

Come… tanto, tanto altro… di quell’anno:

i film (Ecce bombo, L’albero degli zoccoli, Ciao maschio! Un mercoledì da leoni, etc.);

la musica (Sotto il segno dei pesci, Una donna per amico, Stayng’ alive, Figli delle stelle);

il calcio (nel campionato 1977/78 la morte sul campo di calcio di Renato Curi, durante una partita Perugia – Juventus).

  • TRA “IO” E “NOI” VERSO IL MONDO ADULTO

Senza gli Esami di Stato in presenza verrebbe meno un rito di iniziazione all’età adulta, un passaggio in cui il Noi della comunità/società interagisce con l’io. Un’aula non può essere sostituita da un personal computer o da un cellulare dalla malferma connettività. La connessione deve essere reale ed interpersonale. Ogni persona può vivere soltanto in una dimensione plurale, nella dimensione del “Noi”, che la legittima, come insegnava già Aristotele. Oggi, nella società che dalla fine del XX secolo, è stata definita prima “postmoderna” (Jean François Lyotard) e “complessa” (Edgar Morin), divenendo poi “liquida” (Zygmut Bauman) lo stigma precedentemente delineato è entrato in crisi ed è venuto meno: è crollato. La dimensione del Noi non ha quasi più senso nel tempo in cui ci tocca di vivere, come ci insegnava qualche anno fa Vincenzo Paglia[7].

Se, come scuola, priviamo gli adolescenti di questo forte momento di integrazione sociale che sono gli esami, vissuti come affermazione dell’io all’interno di un Noi fraternamente solidale, gli avremo sottratto qualcosa di molto importante, di costitutivo della loro personalità di giovani che vanno verso l’adultità.

La fraternità ha, per forza di cose, una dimensione plurale: essa sconfigge il monoteismo dell’io che mina anche la libertà e l’uguaglianza. Poiché tessere la convivenza umana è il compito grave e urgentissimo che, all’epoca del Coronavirus, tutti, come società e come scuola, abbiamo davanti. Quest’ultima è uno dei luoghi dove il “noi” nasce e vive, un luogo “u-topico”, il principale, in cui questo processo accade e accadrà. Gli esami per via telematica sarebbero un’occasione persa per un’intera comunità educante …


[1] CARLO DE NITTI (Bari 1960) opera da quasi trentacinque anni nella scuola pugliese: dal 2007, è dirigente scolastico, dopo avere insegnato per ventuno anni,

[2] A chi c’era … ad esempio, la mia classe: Marcella, Giuditta, Giusy, Maria, Anna, Giuseppe (per tutti Joe), Anna, Lucia, Moira, Carlo, Lello, Francisco, Ottavio, Lucia, Antonio (detto Gugù), Mariella, Antonietta, Palmiro, Patrizia, Antonello, Donatella, Giorgio, Pietro. In ordine alfabetico di cognome, qui, come allora, a scuola e con i diminutivi dell’epoca …

I nostri professori: Domenico Pulice (Italiano e Storia), Anna Maria Biancolillo Stefanì (Filosofia e pedagogia), Marisa Frazzetto Petrizzelli (Latino), Maria Ciampolillo (Matematica e fisica), Felice Sasso (Esercitazioni di tirocinio), Felice Vita (Scienze naturali, chimica e geografia), Antonella Martino (Disegno e storia dell’arte), Elena Vigliano (Musica e canto corale), Marcello Brescia (Educazione fisica), Nicola Bonerba (Religione). Senza dimenticare il preside, prof. Vincenzo De Gregorio (nato nello stesso paese di Francesco De Sanctis, Morra irpina) e del temutissimo vice preside, il prof. Antonio de Feo, stimato docente di matematica e fisica, ed i docenti avuti negli anni precedenti, i proff. Caterina Caligiuri (filosofia) Pasqua Violante (lettere), Vito Adessa (francese),  Carlo Minenna (Italiano), Luigi Bilancia (matematica e fisica), Angela Ninni (scienze naturali, chimica e geografia), Antonio Pezzetta (latino), Apollonia Di Terlizzi (francese), Apollonia Massari (Disegno e storia dell’arte), Michele Maurelli (ed. fisica). Tralascio, ovviamente, soprannomi ed appellativi di cui, pure, ho memoria certa …

Per non far mancare nulla, la Commissione d’esame: il Presidente, prof. Rodolfo Striccoli, dell’Università degli studi di Bari, ed i Commissari, proff. Pasquale Barbangelo (lettere), Maria Cingolani (filosofia), Francesco Pellegrino (Scienze), Francesco Lavolpe (matematica), Felice Vita (membro interno).

A chi c’era … in altre classi (Gianluca, Carlo, Enzo, Aldo, il gruppo di ed. fisica maschile, etc.) e, leggendo, si riconosce in queste righe!!!

[3] Era il primo dei governi presieduti dall’on. Mariano Rumor (1915 – 1990).

[4] Era il Governo Andreotti IV.

[5] Invero, sono partecipe di una generazione di italiani che ha sostenuto esami scolastici anche in seconda elementare (fine primo ciclo), nel 1968, in quinta elementare (licenza elementare), nel 1971, ed in terza media, nel 1974, prima degli esami di cosiddetta “maturità”. Non a caso, erano chiamati in questo modo…

[6] Quest’anno si diplomeranno, nell’IISS che ho l’onore di dirigere, i/le ragazz* che sono arrivat* nelle classi prime l’anno in cui sono arrivato io, nel settembre 2015.

[7] VINCENZO PAGLIA, Il crollo del Noi, Roma – Bari 2017, Laterza.