ORIENTAMENTO 2020: DA UN CIRCOLO VIZIOSO A UN CICLO VIRTUOSO
Contesto socio – economico e titolo di studio dei genitori influenzano le scelte formative dei giovani. Come riconoscere il corso di laurea giusto, prevenire gli abbandoni e rendere le carriere universitarie più brillanti.
[Bologna, 27 aprile 2020] Chi prosegue gli studi, chi li abbandona e perché. L’identikit dello studente italiano ambizioso, desideroso di formarsi al meglio, pronto al sacrificio e con lo sguardo rivolto al mondo del lavoro, è tracciato dal Rapporto 2020 sulla Condizione occupazionale e formativa dei diplomati di scuola secondaria di secondo grado, realizzato da AlmaDiploma e dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea.
L’indagine studia un circolo vizioso per capire come trasformarlo in un ciclo virtuoso. Fotografa le scelte formative e lavorative compiute dai diplomati a un anno e a tre anni dal conseguimento del titolo: oltre 88 mila studenti (circa 47 mila del 2018 e 41 mila del 2016) sono stati contattati per una valutazione dell’esperienza scolastica e delle scelte maturate dopo il diploma.
Si iscrivono all’università soprattutto i liceali. Questo è il primo dato che emerge in modo palese dal rapporto. Gli studenti del 2018 iscritti all’università, dopo un anno dal diploma, sono il 66,9%:il 51,4% ha optato esclusivamente per lo studio, il 15,5% frequenta l’università lavorando.
La quota di diplomati dediti esclusivamente allo studio universitario è nettamente più elevata tra i liceali (66,4%) rispetto ai diplomati del tecnico (38,6%) e del professionale (19,2%).
Erano già convinti tra i banchi della scuola secondaria di secondo grado di voler fare l’università? Sì. Infatti, l’87,0% dei diplomati del 2018 che avevano dichiarato, alla vigilia dell’Esame di Stato, di volersi iscrivere all’università ha successivamente confermato le proprie intenzioni. È però vero che l’8,3% degli studenti ha poi cambiato idea.
La quota di chi ha rivisto le proprie scelte è più consistente tra i diplomati professionali (24,4%) e tecnici (13,3%) rispetto ai liceali dove la quota dei ripensamenti è praticamente irrilevante (5,2%); i primi due profili, infatti, subito dopo il conseguimento del titolo possono contare su maggiori chance lavorative.
Altro aspetto molto importante è il contesto socio-economico e culturale della famiglia che influenza la scelta di proseguire gli studi. Fra i diplomati del 2018 appartenenti a contesti socio-economici più favoriti, infatti, è nettamente più frequente l’iscrizione all’università (75,1% rispetto al 56,7% dei giovani provenienti da famiglie meno favorite). Anche il titolo di studio dei genitori influenza le scelte formative dei giovani: l’82,2% dei diplomati provenienti da famiglie in cui almeno un genitore è laureato ha deciso di iscriversi all’università, rispetto al 66,5% tra i giovani i cui genitori sono in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado e al 51,1% di chi proviene da famiglie dove i genitori non sono diplomati.
Ma a un anno dal titolo per il 15,3% dei diplomati la scelta universitaria non si è dimostrata vincente. Fra i diplomati del 2018 che hanno deciso di continuare gli studi (71,7%), infatti, il 6,6% ha deciso di abbandonare l’università fin dal primo anno. Mentre un ulteriore 8,7% è attualmente iscritto all’università ma ha già cambiato ateneo o corso di laurea. Gli abbandoni coinvolgono il 4,6% dei liceali, il 10,5% dei tecnici e il 13,1% dei diplomati professionali. I cambi di ateneo o corso di laurea riguardano il 9,4% dei liceali, l’8,9% dei professionali e il 7,1% dei tecnici.
Il motivo prevalente del cambiamento di corso o ateneo è legato soprattutto a un’insoddisfazione, rispetto alle aspettative iniziali, per le discipline insegnate: infatti, tra i diplomati del 2018, il 44,0% dichiara che quelle impartite fino a quel momento non sono risultate interessanti, mentre un ulteriore 4,4% ha trovato il corso troppo difficile. L’8,1%, invece, si dichiara insoddisfatto dell’ateneo scelto.
Da leggere in chiave positiva, invece, il dato del 33,5% per il quale il cambiamento di corso o ateneo è legato alla nuova possibilità di accedere al corso di laurea a cui non era riuscito ad accedere in precedenza. Infine, la restante parte ha scelto di cambiare per motivi personali (4,8%) o per altri motivi (4,3%). Per prevenire gli abbandoni e rendere le carriere universitarie più brillanti è, dunque, evidente il ruolo giocato dalle attività di orientamento, soprattutto se ben strutturate. Il percorso AlmaOrièntati (https://www.almalaurea.it/lau/orientamento) è stato ideato da AlmaLaurea proprio con l’obiettivo di rendere disponibile ai giovani uno strumento di ausilio alla scelta universitaria. Le quattro sezioni che compongono il percorso sono state immaginate con l’obiettivo di stimolare una riflessione su molteplici aspetti, quali la conoscenza di sé, il possesso di informazioni sull’università e sul mercato del lavoro, l’offerta formativa universitaria (analizzata a partire dalle materie preferite), le proprie aspirazioni e aspettative sul lavoro ideale. Un approfondimento realizzato sui diplomati del 2017 a un anno dal diploma ha dimostrato che coloroche sono iscritti all’università e hanno seguito il percorso AlmaOrièntati conseguono, a parità di condizioni, un maggior numero di crediti formativi universitari (+1,1) rispetto a coloro che non lo hanno seguito. Tale risultato è significativo in termini statistici e va contestualizzato rispetto al tipo di strumento, che si presta anche per l’auto-compilazione e impegna lo studente per un tempo decisamente limitato.
L’attività di Orientamento è fondamentale già per la scelta del percorso di scuola secondaria di secondo grado, che avviene in un momento molto delicato della vita dello studente. È a questa età che si rischia il circolo vizioso da trasformare in ciclo virtuoso. Molto raramente, infatti, lo studente ha raggiunto a quella età la maturità necessaria per una valutazione pienamente consapevole. La famiglia e gli insegnanti della scuola secondaria di primo grado esercitano dunque un ruolo di fondamentale importanza nella scelta del percorso da compiere.
È, probabilmente, per tali ragioni che alla vigilia del diploma il 55,5% dei diplomati del 2018 dichiara che, potendo tornare indietro, sceglierebbe lo stesso indirizzo/corso nella stessa scuola, mentre il restante 44,3% compierebbe una scelta diversa: il 24,5% dei diplomati cambierebbe sia scuola sia indirizzo, l’11,7% sceglierebbe lo stesso indirizzo ma in un’altra scuola, l’8,1% sceglierebbe un diverso indirizzo nella stessa scuola.
Dopo un anno dal diploma il quadro si modifica leggermente: la quota di intervistati che replicherebbe esattamente il percorso scolastico compiuto sale al 59,8% degli intervistati. Scende pertanto al 39,9% la percentuale di chi varierebbe la propria scelta: in particolare, il 24,8% dei diplomati cambierebbe sia scuola sia indirizzo, il 7,9% sceglierebbe lo stesso indirizzo ma in un’altra scuola, mentre il 7,2% sceglierebbe un diverso indirizzo nella stessa scuola.
I diplomati meno convinti della scelta compiuta a 14 anni risultano quelli degli istituti professionali; tra questi, inoltre, nel corso del primo anno successivo al conseguimento del titolo si acuisce il malcontento rispetto alla scelta compiuta. I diplomati tecnici, e ancora di più i liceali, risultano invece essere tendenzialmente i più appagati dalla scelta compiuta: questo è vero al momento del conseguimento del diploma ma, soprattutto, dopo un anno.
A un anno dal diploma il 15,5% dei diplomati del 2018 frequenta l’università lavorando, il 20,3% lavora senza proseguire gli studi. A questi si aggiunge il 51,4% che, come già visto all’inizio, ha optato esclusivamente per lo studio. La restante quota, infine, si divide tra chi è alla ricerca attiva di un impiego (7,2%) e chi invece, per motivi vari (tra cui formazione non universitaria, motivi personali o l’attesa di chiamata per un lavoro già trovato), non cerca un lavoro (5,6%). A un anno, la percentuale di occupati è più elevata per i diplomati professionali (55,4%) e tecnici (44,3%), mentre tocca il minimo tra i liceali (26,3%).
A tre anni dal diploma, lavora, senza contemporaneamente studiare, il 25,7% dei diplomati del 2016, il 20,3% studia e lavora; resta elevata, e pari al 46,5%, la quota di diplomati che risulta iscritto a un corso di laurea. È alla ricerca attiva di un lavoro il 4,9% mentre non cerca lavoro il 2,7%. Anche a tre anni, la quota di occupati è più elevata della media per i diplomati professionali (66,5%) e tecnici (58,3%), mentre tocca il minimo tra i liceali (34,3%).
L’indagine rileva, infine, un altro dato molto interessante per gli “Studenti 4.0”. A un anno dal titolo, tra i diplomati del 2018, il 18,9% di quanti hanno svolto l’alternanza scuola-lavoro (ora percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) è stato successivamente richiamato dall’azienda in cui ha svolto tale attività. Sono soprattutto i diplomati tecnici (27,4%) e professionali (32,6%) ad aver ricevuto una successiva proposta di collaborazione dall’azienda.
Inoltre, tra quanti hanno svolto attività di alternanza scuola-lavoro durante gli studi e risultano occupati a un anno dal diploma, il 32,5% dichiara di lavorare nell’azienda presso cui ha svolto tale esperienza (è il 32,9% tra i tecnici e il 32,0% tra i professionali).A un anno dal diploma è più diffuso il lavoro non standard (prevalentemente a tempo determinato), mentre a tre anni è più diffuso il contratto a tempo indeterminato. Tra i diplomati del 2018 che, a un anno dal diploma, risultano impegnati esclusivamente in un’attività lavorativa, la tipologia di attività più diffusa risulta essere il lavoro non standard, che coinvolge il 38,6% degli occupati (in particolare si
tratta di contratti alle dipendenze a tempo determinato, che interessano il 29,0% degli occupati).
La quota di assunti con contratti formativi è del 30,0%, mentre i contratti a tempo indeterminato riguardano il 15,9%. Degna di nota è la quota, pari al 6,7%, di chi non ha un contratto regolare.
A tre anni dal diploma, tra i diplomati del 2016 dediti solamente al lavoro, i contratti a tempo indeterminato sono la tipologia di lavoro più diffusa e riguardano il 31,7% dei diplomati occupati. Elevata anche la quota di contratti non standard (28,0%) e quella relativa ai contratti formativi (26,8%); la quota di coloro che lavorano senza alcun contratto è pari al 3,0%.
Il lavoro a tempo pieno coinvolge il 46,0% degli occupati a un anno: tale quota sale al 62,6% tra i tecnici e al 63,3% tra i professionali, mentre cala considerevolmente fino al 20,3% tra i liceali (fortemente impegnati negli studi universitari). A tre anni dal diploma il lavoro a tempo pieno è pari al 50,0%; ancora una volta più diffuso fra tecnici (69,8%) e i professionali (67,8%), rispetto ai liceali (22,1%).
A un anno dal diploma la retribuzione media è superiore a 1.100 euro; sale a oltre 1.250 euro a tre anni. I diplomati del 2018 che lavorano a tempo pieno (senza essere contemporaneamente impegnati nello studio universitario) guadagnano in media, a un anno dal diploma, 1.125 euro mensili netti. A tre anni dal conseguimento del titolo la retribuzione mensile netta, dei diplomati del 2016, è pari in media a 1.262 euro.
I diplomati sono generalmente soddisfatti del lavoro svolto. La soddisfazione registrata per il lavoro è in generale abbastanza elevata (media pari a 8,7, su una scala 1-10, per i diplomati del 2018 a un anno e a 7,3 per quelli del 2016 a tre anni).
I DIPLOMATI E LO STUDIO
A un anno dal diploma, il 66,9% dei diplomati del 2018 prosegue la propria formazione ed è iscritto a un corso di laurea (il 51,4% ha optato esclusivamente per lo studio, il 15,5% frequenta l’università lavorando); il 20,3% lavora senza proseguire gli studi. La restante quota, infine, si divide tra chi è alla ricerca attiva di un impiego (7,2%) e chi invece, per motivi vari (tra cui formazione non universitaria, motivi personali o l’attesa di chiamata per un lavoro già trovato), non cerca un lavoro (5,6%).
A tre anni dal diploma resta elevata, e pari al 66,8%, la quota di diplomati del 2016 che risulta iscritto a un corso di laurea: si dedica esclusivamente agli studi il 46,5% degli intervistati, mentre è impegnato contemporaneamente nello studio e nel lavoro il 20,3%. È dedito esclusivamente al lavoro il 25,7%; limitata dunque la restante parte, composta dal 4,9% di chi è alla ricerca attiva di un impiego e dal 2,7% di chi non cerca lavoro.
Studio o lavoro: le motivazioni della scelta
Tra chi prosegue gli studi con l’iscrizione all’università, la principale motivazione alla base di tale scelta è legata a componenti di natura lavorativa (62,9%): il 44,6% dei diplomati del 2018 intende infatti migliorare le opportunità di trovare lavoro, il 17,6% ritiene che la laurea sia necessaria per trovare lavoro (solo lo 0,7% dichiara di essersi iscritto non avendo trovato alcun impiego). Il 35,9% è spinto invece dal desiderio di potenziare la propria formazione culturale.
La tendenza è confermata all’interno di tutti i tipi di diploma. In particolare, il 49,7% dei diplomati tecnicidichiara di essersi iscritto per migliorare le possibilità di trovare lavoro; è il 43,0% per i liceali e 36,7% per i professionali. Per i liceali, più di altri, l’iscrizione all’università viene vissuta come una necessità per accedere al mercato del lavoro (21,7%; è pari all’8,2% per i tecnici e al 13,0% per i professionali). Infine, la prosecuzione degli studi è dettata dal desiderio di migliorare la propria formazione per il 43,6% dei professionali, rispetto al 38,8% dei tecnici e al 34,2% dei liceali.
Fra i diplomati del 2018 che hanno invece terminato con il diploma la propria formazione, il 27,3% indica, come motivo principale della non prosecuzione, la difficoltà di conciliare studio e lavoro. Un ulteriore 27,3% dichiara invece di non essere interessato a proseguire la formazione, mentre il 14,0% è interessato a un altro tipo di formazione. Infine, il 10,3% lamenta motivi economici. Questa tendenza è confermata fra i diplomati tecnici e professionali, anche se con diversa incidenza, mentre tra i liceali si rileva anche una difficoltà all’ingresso all’università: più nel dettaglio, il 16,7% non ha proseguito gli studi perché il corso era a numero chiuso e non è rientrato fra gli ammessi (tale quota scende al 6,1% tra i tecnici e al 5,0% tra i professionali).
Chi ha un voto di diploma più alto prosegue gli studi L’analisi della condizione lavorativa per voto di diploma conferma che i diplomati che conseguono il titolo con una votazione più modesta tendono a presentarsi direttamente sul mercato del lavoro, senza proseguire ulteriormente la formazione. A un anno dal titolo, infatti, risulta esclusivamente impegnato in attività lavorative il 14,8% dei diplomati del 2018 con voto alto e il 26,4% di quelli con voto basso (differenziale pari a 11,6 punti percentuali). Tra i diplomati del 2016, a tre anni dal diploma le quote di quanti lavorano solamente sono rispettivamente 19,5% e 32,3% (differenziale di 12,8 punti percentuali). Se l’impegno in un’attività lavorativa pare essere caratteristica peculiare dei diplomati con voto più modesto, la prosecuzione degli studi è, all’opposto, una scelta che coinvolge soprattutto i diplomati più brillanti: indipendentemente dalla condizione lavorativa, infatti, risultano iscritti
all’università nella misura del 75,9% (rispetto al 57,1% di quelli con voto basso).
Analogamente, a tre anni la decisione di dedicarsi allo studio è più diffusa tra chi ha conseguito una votazione maggiore: è pari al 74,8% rispetto al 58,2% dei colleghi meno “bravi”. È naturale che entrino in gioco, nelle scelte maturate dai diplomati, diverse propensioni, inclinazioni e opportunità formative legate, tra l’altro, ai risultati scolastici raggiunti.
I DIPLOMATI E IL LAVORO
A un anno lavora il 35,8%, a tre anni il 46,0%
A un anno dal conseguimento del titolo risulta occupato il 35,8% dei diplomati del 2018: il 20,3% ha preferito inserirsi direttamente nel mercato del lavoro e il 15,5% ha scelto di frequentare l’università lavorando. Come era naturale attendersi, la percentuale di occupati è più elevata per i diplomati professionali (55,4%) e tecnici (44,3%), mentre tocca il minimo tra i liceali (26,3%).
A tre anni dal titolo sono occupati il 46,0% dei diplomati del 2016: il 25,7% è dedito esclusivamente al lavoro, mentre il 20,3% è impegnato sia nello studio che nel lavoro. Tra i diplomati del 2016, la quota di occupati è più elevata della media per i diplomati professionali (66,5%) e tecnici (58,3%), mentre tocca il minimo tra i liceali (34,3%).
A un anno dal diploma, il tasso di disoccupazione è pari, complessivamente, al 16,0% e non varia sensibilmente per tipo di diploma. Nel dettaglio, è pari al 15,2% tra i diplomati tecnici, al 16,4% tra i diplomati professionali, al 16,7% tra i liceali.
Il tasso di disoccupazione, a tre anni dal titolo, è pari, complessivamente, al 12,7%, oscillando tra l’11,4% dei diplomati tecnici e il 14,1% dei liceali.
La maggioranza dei diplomati lavora nel settore privato, in particolare nei servizi. L’attività nel settore pubblico è poco diffusa tra i diplomati di scuola secondaria di secondo grado: complessivamente, a un anno dal diploma dichiara infatti di lavorarvi il 10,2% degli occupati. La stragrande maggioranza (84,3%) dei diplomati è invece assorbita dal settore privato; residuale la quota (4,3%) di chi lavora nel non profit.
Il 74,4% degli occupati, a un anno dal diploma, è inserito in un’azienda che opera nel settore dei servizi (in particolare del commercio, 35,6%); il 19,2% lavora invece nell’industria (in particolare quella metalmeccanica, 7,5%), mentre è decisamente contenuta la quota di chi lavora nell’agricoltura (2,8%). Il quadro qui delineato risulta confermato anche a tre anni dal diploma.
Le competenze apprese durante la scuola non sempre sono utilizzate al massimo nel lavoro. A un anno dal termine degli studi, il 20,7% degli occupati dichiara di utilizzare le competenze acquisite durante il percorso di studi in misura elevata, mentre per il 41,5% l’utilizzo è ridotto; ne deriva che il 37,1% ritiene di non sfruttare per nulla le conoscenze apprese nel corso della scuola secondaria di secondo grado. In particolare, sono i diplomati liceali a non utilizzare ciò che hanno appreso a scuola (44,4%, rispetto al 33,9% dei diplomati tecnici e al 28,2% dei professionali); coloro che decidono infatti di inserirsi nel mercato del lavoro hanno condizioni occupazionali molto particolari e nella maggioranza dei casi intraprendono questa strada solo come forma di sostegno al percorso di studi che stanno portando avanti.
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