Per l’emergenza sanitaria rischia di chiudere il 30% delle scuole paritarie cattoliche

da Il Sole 24 Ore

di Andrea Perrone, Marco Miccinesi, Marco Allena e Marco Grumo *

Per l’emergenza sanitaria rischia di chiudere il 30% delle scuole paritarie cattoliche. La necessità di ricollocare circa 300.000 studenti e sostenere oltre 40.000 lavoratori disoccupati può comportare sino a 5 miliardi di spesa pubblica. Questo, in sintesi, l’allarme lanciato sulla stampa da gestori e analisti di politiche scolastiche. Non sono mancate, al riguardo, le iniziative della politica. Tutti gli emendamenti proposti in sede di conversione del Decreto Cura Italia, tuttavia, sono stati respinti o superati dal ricorso al voto di fiducia.

C’è spazio, però, per provare a ragionare. Si consideri la chiusura delle scuole per l’infanzia conseguente al lock-down. I provvedimenti del Governo hanno comportato l’interruzione del servizio, senza molte alternative. Ci si sarebbe, quindi, aspettati che le scuole fossero trattate come le altre imprese, con riguardo, per esempio, alla garanzia pubblica sul finanziamento bancario.

Di per sé, i decreti del Governo assicurano questa parità di trattamento: la garanzia è accordata alle imprese, secondo la nozione europea, e, quindi, a «ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica». Il diavolo, però, è nei dettagli. Il modulo per accedere alla garanzia predisposto dal Mise richiede l’iscrizione al registro delle imprese, mentre la gran parte degli enti gestori di paritarie sono iscritti solo nel Rea, sicché le banche non danno seguito alla pratica. Non sarebbe, quindi, ragionevole che il Mise modificasse il modulo di accesso, così da eliminare una palese disparità di trattamento?

Negli altri ordini di scuole il tema riguarda il futuro. Il calo atteso del Pil mette a rischio i ricavi delle scuole, essendo verosimile che molte famiglie di classe media non potranno permettersi la retta. Il problema è degli enti gestori delle scuole, ma anche dello Stato, che dovrà ricollocare gli studenti delle paritarie nelle scuole statali. Può essere utile, infatti, ricordare che, per lo Stato, il costo medio annuo di uno studente delle paritarie è di 500 euro, mentre è di 6.500 euro per uno studente della scuola pubblica. Di qui un rilevante aumento della spesa pubblica, destinato ad aggravare un debito pubblico già alto e ancor più in ascesa dopo l’emergenza sanitaria.

È, quindi, sensato “saturare” le paritarie. Si è proposto, a tal fine, di consentire la detrazione delle rette. L’idea è interessante, ma lascia aperto un problema finanziario: secondo le regole tributarie ordinarie, le famiglie pagano oggi e possono detrarre solo un anno dopo. Meglio, quindi, consentire una detrazione a valere sul periodo di imposta di esborso, mediante un atto notorio o un’autodichiarazione che attesti l’avvenuto pagamento. Un regalo ai ricchi? No, se si seguono adeguate regole di proporzionalità, per cui la detrazione scende all’aumentare del reddito familiare e sale al crescere del numero di figli. A meno di non pensare a un sistema più moderno: un bonus da spendere per la scuola paritaria, di importo pari al costo standard per studente, calcolato secondo criteri di efficienza e sostenibilità.

  • Cesen – Centro studi sugli enti ecclesiastici – Università Cattolica del Sacro Cuore