Concorso scuola 2020, dalla Lega al Pd perché sono tutti allergici

da Corriere della Sera

Gianna Fregonara e Orsola RIva

Un anno ci hanno messo ad arrivare in Gazzetta Ufficiale, ma neanche il tempo che fossero banditi e hanno già tutti contro. Parliamo dei concorsi per la scuola che nel giro di un triennio dovrebbero portare in cattedra 62 mila nuovi prof e maestri. Dicono no i sindacati, in scontro frontale con la ministra Azzolina. Dicono no Lega e Fratelli d’Italia, che si sono fin da subito autoeletti a paladini dei diritti di decine di migliaia di lavoratori precari (e altrettanti elettori) delusi dal governo. Ma ora è una parte importante della maggioranza che vorrebbe affondare le decisioni del governo: dicono no anche il Pd e Leu, che martedì sera hanno presentato un emendamento al decreto scuola in cui, appellandosi all’emergenza sanitaria, chiedono l’assunzione in blocco dei supplenti bypassando il concorso. E già che ci sono – per non farsi superare a sinistra dai partiti d’opposizione – raddoppiano i posti a disposizione da subito (40 mila anziché 24 mila).

E davvero in questo caso gli si potrebbe anche dare ragione se non fosse che l’unico concorso di quelli banditi che si terrà in tempi brevi, quello straordinario per precari con almeno tre anni di servizio in classe, è più simile a una sanatoria che a una prova per meriti. E tuttavia, per il fronte del no, nemmeno così s’ha da fare. Perché, nella corsa al ribasso, c’è un’opzione ancora meno selettiva della prova a crocette: il concorso per titoli, che metterebbe in fila i vincitori in base al voto di laurea e agli anni di servizio premiando di fatto più la perseveranza che ogni altra virtù. E’ questa, almeno, la formula escogitata nell’emendamento che sarà discusso nei prossimi giorni in Commissione Cultura al Senato. E pazienza se la Costituzione prescrive che per accedere a un ruolo pubblico si debba passare per il concorso. In fondo negli ultimi trent’anni sono state più le sanatorie dei concorsi – ultima la cosiddetta Buona Scuola di Renzi che ha stabilizzato in massa 55 mila precari cosiddetti storici: nuova linfa per le scuole, si disse allora, peccato che di prof di matematica alle medie di cui c’è cronica mancanza soprattutto al Nord se ne videro in tutta Italia solo 9. Se non si sono quasi mai fatti in tempi normali, perché cominciare coi concorsi proprio ora che c’è l’emergenza coronavirus?

In realtà, dietro l’inedito asse Pd-Lega, ci sono evidenti differenze di vedute. Il Carroccio, con un proprio emendamento presentato già nei giorni scorsi dal senatore Mario Pittoni, agita lo spettro del coronavirus per chiedere una moratoria dei concorsi fino al 2022 – tutti anche quelli ordinari con prove preselettive, scritti, orali e tutto ciò che rende un concorso più credibile. Mentre l’emendamento della maggioranza se la prende solo col concorso straordinario sulla cui fattibilità nel mese di agosto aveva già espresso forti dubbi anche il sottosegretario all’Istruzione Peppe De Cristofaro (Leu). Dubbi condivisi anche da due deputate grilline: Virginia Villani della Commissione Cultura e Rina De Lorenzo (Commissione Lavoro).

Ma l’idea che l’alternativa sia ricominciare daccapo, tornando alla casella di partenza e ricontrattando tutti i termini dei concorsi, appare bizzarra. Per non parlare delle possibili ripercussioni politiche di un provvedimento proposto da due partiti di governo che passasse con i voti dell’opposizione. Tra l’altro la battaglia di principio si scontra con la realtà: cancellare il concorso straordinario optando all’ultimo minuto per una graduatoria per titoli significherebbe ripartire da zero (c’è voluto più di un anno!) per preparare i bandi, con il paradossale esito di allontanare ancor di più l’assunzione di quei 24 mila lavoratori senza i quali le scuole in questi anni non avrebbero potuto funzionare. Farli entrare di ruolo in autunno – se si riuscirà a fare la prova a scaglioni e per piccoli gruppi quest’estate – non sarebbe che una goccia nel mare rispetto alla cifra record di 200 mila supplenti già prevista per settembre, ma comunque un sollievo per le scuole alle prese con il complicato rebus della riapertura in tempi di emergenza sanitaria.