Coronavirus, la ministra Azzolina: “A settembre lezioni metà a scuola e metà a casa”. I sindacati: “No ai doppi turni”

da la Repubblica

La ministra conferma: sì alla maturità in presenza. I problemi da risolvere per garantire la didattica a distanza, le implicazioni sui trasporti per i doppi turni. “Così servono più insegnanti”

 I sindacati della scuola sono già sul piede di guerra in merito alle soluzioni previste dal ministero per la ripresa nelle classi dopo l’emergenza. I doppi turni nella scuola, che dovrebbero essere avviati per il ritorno in aula a settembre sono un nodo su cui ci sarà da lavorare se non si vuole far perdere a bambini e ragazzi un altro anno scolastico. Si prefigura quindi la possibilità che bambini e ragazzi possano occupare le aule in modo alternato tra mattina e pomeriggio, integrata con la didattica a distanza. Ma la ministra Lucia Azzolina ha ribadito durante l’intervista a Maria Latella a Sky TG 24: “Sarà didattica mista, ragazzi in classe e ragazzi collegati a distanza, ma niente doppi turni”

La didattica a distanza

“Ad oggi non è stata regolamentata, lasciando a ogni scuola il compito di organizzarsi ed escludendo di fatto 1 milione e mezzo di studenti”, sprovvisti di connessione e device, sottolinea all’Agenzia Italia Massimilano De Conca, funzionario nazionale Flc Cgil. Alcuni insegnanti, ad esempio, sono costretti a fare videolezione alle 18 perché gli allievi possono usare il pc solo a quell’ora, dopo che lo hanno adoperato i genitori per lavoro. Situazioni che “condizionano inevitabilmente l’apprendimento e la didattica”, e finiscono con il mettere in discussione il diritto alla studio per tutti

Ipotesi doppi turni

Secondo punto sono i doppi turni e le loro implicazioni con il resto dell’organizzazione sociale. Si pensi ai trasporti: come potranno arrivare in classe studenti e docenti, in orari scaglionati, se il trasporto è ridotto fino al 70%? Come si creeranno i piccoli gruppi se la disponibilità di aule e plessi è sempre la stessa? Domande che il sindacato si pone e porterà nell’interlocuzione con il governo. Nella sola Milano, ad esempio, nelle scuole primarie “i bambini hanno un monte di 40 o più ore settimanali, coperto da due insegnanti, ciascuno con 22 ore di servizio. Se le classi si sdoppiano abbiamo bisogno del doppio del personale: è facile”, constata Jessica Merli, segretaria generale della Flc Cgil Milano. E la realtà è che la pandemia non ha fatto che portare alla luce “moltiplicandole all’ennesima potenza, le criticità che il comparto aveva già prima”, dice. Ossia una carenza di organico costante, non solo nel corpo docente, ma anche in quello del personale Ata (gli ex bidelli).

“Servono più insegnanti”

Sulla necessità di assunzione di personale concorda anche la Cisl: il segretario generale di Milano, Massimo Sambruna, raggiunto al telefono, è netto: “O il ministero ci dà organico aggiuntivo sia di docenti che di personale Ata o non si potrà fare la didattica per piccolo gruppi. Siamo già in una situazione di ritardo preoccupante. Il ministro ci dica che scuola prevede per settembre”. Aumentare l’orario di lavoro degli insegnanti non è un’ipotesi considerabile per i sindacati, almeno stanti così le condizioni contrattuali: “Il contratto non si tocca, o va adeguato. Se si aumentano i turni e le ore di lavoro deve essere consequenziale anche lo stipendio”, taglia corto Carlo Giuffrè, segretario generale Uil scuola Lombardia.

Naturalmente una modifica di contratto prevederebbe un provvedimento legislativo di cui non si è sentito parlare. La soluzione più veloce sarebbe l’assunzione per titoli dei precari storici o comunque con almeno tre anni di esperienza, come ribadiscono da più parti le organizzazioni dei lavoratori.

E per i sindacati l’ipotesi di un concorso non è realistica: “La media per espletare un bando è di due anni”, fa presente Giuffrè. Insomma gli insegnanti, attraverso i loro rappresentanti, fanno sapere che “non hanno alcuna opposizione ideologica” nè alla didattica a distanza nè ai doppi turni, chiedono però “coinvolgimento nelle decisioni e una regolamentazione”. Se non “si sblocca la situazione saremo costretti a usare gli strumenti che ci restano, come lo stato di agitazione”, minaccia infine Merli.