LA CRISI COVID-19 OCCASIONE PER COSTRUIRE L’ISTRUZIONE DEL FUTURO

da Il Sole 24 Ore

di Giovanni Brugnoli*

Caro Direttore,

la crisi COVID-19 ci ha privato di molti luoghi. Uno di questi è la scuola che, improvvisamente, si è diventato un luogo invisibile per milioni di studenti, genitori, educatori. Questa situazione può essere l’occasione per riflettere sul futuro dell’insegnamento e sull’educazione che sono le ragioni per cui l’umanità da sempre costruisce per i giovani quei luoghi che chiamiamo scuola. In questa prospettiva propongo tre spunti di riflessione: sulla lavagna, sulla coscienza e sulla cittadinanza.

La lavagna è divenuta invisibile. Così, abbiamo scoperto che serviva il PC ma, il 10% dei ragazzi, fra 6 e 17 anni, non ne dispone, così come accade a 34 famiglie su 100. Che fare allora: tornare in classe a scrivere con il gesso sull’ardesia, o piuttosto, impegnarsi in un grande progetto che consenta alla scuola italiana di usare, quantomeno, anche, gli schermi dei tablet? Il dubbio non è privo di fondamento dal momento che abbiamo scoperto quanto sia profondo, anche da questo punto di vista, il gap tra nord e sud e l’accesso alla didattica online, specie nei piccoli comuni. Eppure ci sarebbero 130 milioni, circa, tra fondi del “Cura Italia” e PON, destinati proprio per fornire, a famiglie e scuole, PC, tablet e connettività. Sarà una prima toppa all’emergenza, non basterà, certo, ma si potrebbe inserire in un piano nazionale con più risorse, di più lungo respiro che potrebbe giovarsi dei fondi strutturali europei per le aree obiettivo convergenza. Le Regioni italiane, in particolare quelle in condizioni di svantaggio, considerando la peculiarità dei propri territori, potrebbero giocare un ruolo importante nel rafforzamento delle infrastrutture digitali dei territori e nell’assicurare la più ampia dotazione tecnologica delle famiglie per consentire a tutti, non solo in questa fase emergenziale, il più diffuso esercizio del diritto allo studio. Non voglio pensare, neppure per un minuto, che si rinunci a dare alla scuola questa opportunità di futuro. Senza nulla togliere agli insegnamenti in presenza che restano fondamentali, però, insegnare e apprendere con questa nuove modalità, apre nuove frontiere all’intelligenza e accresce le potenzialità dei nostri giovani nell’uso delle tecnologie digitali. Riflettiamo sui rischi cui va incontro una scuola che esclude l’apprendimento proprio dal mondo preferito dei “nativi digitali” che, incontrovertibilmente è nella “infosfera” delle applicazioni che stanno sugli smatphone, di cui, mi pare, siano ben equipaggiati.

Ma riempire case e aule di supporti digitali è condizione necessaria ma non sufficiente per innovare il sistema scolastico. Non si procede guardando allo specchio retrovisore: le tecnologie attuali vanno pensate e usate con mani e ingegni nuovi. La scuola del futuro è allora una scuola in cui la DAD, didattica a distanza evoluta, attivi percorsi di apprendimento personalizzati, che valorizzino le attitudini dei giovani e accompagnino il loro talento. Una scuola in cui ridefinire radicalmente spazi e curriculi, puntando anche sulle competenze non-cognitive – empatia, proattività, creatività – che saranno fondamentali in un mondo in cui le macchine avranno bisogno di più, e non di meno, umanità, che è, certamente, intelligenza ma anche e, soprattutto, coscienza di sé, degli altri e del mondo, dominio dei propri sentimenti. Formare le coscienze dei giovani è un compito di straordinaria importanza e responsabilità.

La scuola di oggi non può essere un’isola. Deve essere, invece, un grande laboratorio per imparare a conoscere e a conoscersi. Un posto in cui si ricevono le chiavi di lettura per capire il mondo, per viverlo, senza essere contaminati, verrebbe da dire. Dobbiamo avere, continuare ad avere, una scuola e una Università eccellente ma dobbiamo anche avere, con la medesima qualità e dignità, percorsi professionalizzanti di altissimo livello. Per questo penso che la scuola debba contaminarsi anche con le eccellenze economiche e produttive dei territori, perché è nel nostro DNA: siamo la seconda potenza industriale d’Europa, con radici manifatturiere che abbiamo il dovere di rafforzare. Serve dare, anche, questo destino agli sforzi di chi opera per formare intelligenze e coscienze nelle scuole. Non è assolutamente fuori contesto in un Paese che fonda la cittadinanza sul lavoro. Serve,una seconda gamba. Serve, proprio in questo momento, progettare con insegnati, presidi, professori una scuola in cui laboratori e tecnologie abilitanti esaltino scienza e tecnologia, senza precludersi l’apporto derivate dalla capacità formativa delle imprese, che potranno così condividere il loro know-how di punte avanzate della quarta rivoluzione industriale: finestre spalancate in tempo reale sul cambiamento. La nostra manifattura, spina dorsale di questo Paese, ha bisogno, oggi più che mai, di Università eccellenti ma è giunto il momento di consolidare, a partire dai nostri istituti tecnici e dagli ITS, un sistema professionalizzante di alto livello come accade in Germania e in Svizzera.

La scuola deve essere fucina delle migliori energie dell’Italia. Rinnovandola, abbiamo l’occasione di innovare profondamente il nostro Paese. Un’occasione imperdibile, decisiva. Non sprechiamola, anche perché, non ce lo possiamo permettere.

*Vicepresidente di Confindustria per il capitale umano