M. Corona, I misteri della montagna

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Corona tra le sue montagne

di Antonio Stanca

  Anche personaggio televisivo è diventato da qualche tempo Mauro Corona, lo scrittore trentino che a settant’anni continua a vivere ad Erto (Pordenone) nella Valle del Vajont. In questi luoghi ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza. Qui era venuto con la madre e l’altro fratello dopo che i genitori si erano separati. Qui si era formato quel suo carattere sempre rivolto a cercare la libertà, l’indipendenza, l’autonomia, a vederle identificate con gli elementi della natura ed a voler stabilire con questi un rapporto, un contatto continuo. Le montagne del Trentino, la loro esistenza, il loro isolamento, la loro imponenza, hanno rappresentato per Corona quel senso di libertà, d’indipendenza. Tra esse è vissuto. Del loro contatto si è nutrita la sua vita, si sono alimentati gli impulsi, gli istinti che sempre lo hanno contrassegnato. Sono stati quelli che gli hanno fatto abbandonare le aule scolastiche poiché limitato, contenuto vedeva da esse il suo bisogno di ampiezza, il suo desiderio d’infinito. 

   Aveva cominciato ad impegnarsi nella scultura, lo aveva fatto nella bottega del nonno, nei legni scolpiti aveva espresso le aspirazioni, le urgenze che lo agitavano. Nel 1975, a venticinque anni, aveva tenuto la prima mostra a Longarone. In quel periodo aveva pure compiuto le prime scalate: sia nell’opera sia nella vita voleva stare con quella natura, voleva avere quel rapporto che sentiva come la nota distintiva del suo carattere, il richiamo maggiore del suo spirito. Di esso avrebbe informato anche la sua opera narrativa, cominciata con favole e racconti e continuata con romanzi. Molti riconoscimenti gli hanno procurato questi. Sempre impegnati si sono mostrati a recuperare, tramite la rappresentazione di una vita improntata allo scambio, alla comunicazione con la natura, quei principi, quei valori che erano stati propri di quella vita, di quei tempi, di quando più della materia valeva lo spirito, più del corpo l’anima, più dell’azione il pensiero, più della realtà l’idea. Quell’epoca era finita, altra vita, altri tempi erano sopravvenuti e il disastro del 1963, quando era crollata la diga del Vajont, era stato per Corona il segno di quella fine. Era avvenuto dove lui cresceva e nella disgrazia aveva visto la fine dei tempi buoni e in questa quella della sua adolescenza. Di quei tempi, di quei luoghi, di quegli ambienti, dei loro modi, dei loro valori, dei loro principi aveva fatto il suo pensiero dominante, al loro recupero avrebbe proceduto una volta diventato adulto e scrittore. Non ci sarà romanzo che non sia interessato a questo problema, che non tenda a riprendere, ricostruire quanto è stato, quanto è finito, ad esprimere la nostalgia che per esso ha provato e prova Corona, il dolore che da quella perdita gli è derivato.

   Anche questa recente Edizione Speciale Mondadori de I misteri della montagna, un romanzo del 2015, offre la possibilità di constatare come lo scrittore abbia vissuto il problema fino ad età matura, come non se ne sia mai liberato. Anche quest’opera, che si compone di tre quaderni scritti in tempi precedenti la loro pubblicazione, procede al recupero del passato, dell’infanzia dei tre fratelli protagonisti, della vita loro e di altri trascorsa tra i monti, i boschi, le acque, gli animali, le luci, i colori, i suoni dei posti che erano stati del Corona. Uno dei fratelli, quello medio, morirà prematuramente ma sarà tramite il maggiore, il Cercatore, che Corona avvierà quell’operazione di scoperta, di rivelazione di quanto si cela tra le montagne, dei “misteri” che queste nascondono.

   Lo scrittore si trasferirà nella figura del Cercatore e ripercorrerà tutta la propria vita passata a contatto con la natura. La voce narrante sarà la sua, sarà quella che dirà di tante, tantissime cose, che svelerà gli infiniti segreti che fanno parte della storia delle montagne. Essi riguardano il passato e il presente, le persone e le cose, la vita e la morte, la gioia e il dolore, il bene e il male, l’anima e il corpo, la realtà e l’immaginazione: il loro è un tempo, un luogo infinito e infiniti sono gli aspetti che possono assumere, i modi attraverso i quali possono manifestarsi. Un universo senza limiti è quello contenuto dalle montagne e di esso, osserva Corona, ancora poco si è detto mentre di altri universi, quelli dei deserti, dei mari, dei ghiacciai, tanto si sa. Anche uno scopo d’informazione, d’istruzione si propongono, quindi, le sue opere, anche a salvaguardare quanto le montagne racchiudono esse tendono e lo vogliono fare prima che di quella vita scompaiano le tracce. Ad essere abbandonate o trasformate in impianti di diverso genere sembrano destinate. Anche un’esortazione vuol essere, pertanto, l’opera del Corona a scongiurare questo pericolo, a valutare l’importanza delle montagne, ad impedire la loro distruzione.

   Non si può negare quanto suggestiva, affascinante risulti la sua scrittura, come riesca essa ad attirare, coinvolgere il lettore, a fare della vita dei monti uno spettacolo al quale diventa difficile rinunciare.