EMERGENZA SCUOLA: ALCUNE PROPOSTE PER IL BREVE-LUNGO TERMINE

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Prot. n. 53/2020

Consiglio nazionale

“EMERGENZA SCUOLA: ALCUNE PROPOSTE PER IL BREVE-LUNGO TERMINE”

Tra gli innumerevoli aspetti negativi che l’attuale emergenza presenta ci sono, come spesso accade in tali evenienze, elementi da cui cogliere spunti utili e costruttivi: le principali criticità che si manifestano lasciano infatti intravvedere carenze di sistema sulle quali diventa possibile intervenire con decisione e tempestività. Si tratta, essenzialmente, di definire una mappa da cui desumere con sufficiente precisione gli interventi da porre in essere, non solo per fronteggiare le urgenze più drammatiche, ma anche per progettare soluzioni a problemi ampiamente consolidati che ne compromettono le potenzialità di crescita e di miglioramento.

Ciò vale per tutti i grandi temi in discussione e segnatamente per quelli di grande rilevanza sociale quali ambiente, sanità e formazione.

Per quanto riguarda quest’ultima, in particolare, stanno emergendo con piena evidenza le condizioni di totale inadeguatezza dei nostri edifici scolastici. Costruzioni che nella gran parte dei casi risalgono agli anni ’60-’70, semplici contenitori di spazi tutti uguali, le aule, nei quali celebrare il rito collettivo della lezione frontale. Si tratta, in molti casi, di strutture in condizioni di vario degrado, talvolta con problemi anche seri di sicurezza.

L’esperienza che stiamo vivendo ci insegna che sono necessarie strutture flessibili, polifunzionali e facili da manutenere, dotate dei più aggiornati supporti tecnologici, con ampi spazi per le relazioni, le attività di laboratorio e di gruppo, la lettura, le attività sportive e ludiche.

La riprogettazione degli ambienti di apprendimento in ottica inclusiva ed ecologica deve nascere dalla piena collaborazione tra architetti, professionisti della scuola e rappresentanze del territorio.

D’ altro canto nei pochi casi in cui strutture di questo tipo sono state realizzate, già negli anni ’70 secondo gli standard più innovativi dell’epoca, ma anche in tempi recenti, quasi mai hanno dato luogo in modo duraturo a quella “rivoluzione pedagogica” che consiste, fondamentalmente, nel passaggio da una didattica trasmissiva a una didattica attiva, partecipata e condivisa.

Per raggiungere questo obiettivo storico servono, in pari misura, rinnovati spazi di apprendimento e consolidate competenze pedagogiche e relazionali dei docenti.

Sulla qualità degli spazi di apprendimento e sulla formazione dei docenti dovrebbero pertanto principalmente convergere, sulla base di un progetto possibilmente condiviso da tutte le forze politiche, sforzi e risorse da riservare alla scuola nei prossimi anni.

Attraverso adeguati finanziamenti, anche di carattere retributivo, la formazione dovrebbe, nei fatti, costituire elemento obbligatorio, permanente e strutturale della professionalità docente. Ciò che la legge 107 prevede senza che si siano create le condizioni per l’effettiva realizzazione.

Non sfugge, evidentemente, il dato relativo ai costi sicuramente molto elevati di una simile operazione. Per quanto concerne l’edilizia scolastica bisogna considerare che un massiccio piano di intervento, peraltro già parzialmente finanziato, è unanimemente ritenuto urgente e non più rinviabile, proprio per lo stato avanzato di degrado e i già ricordati problemi di sicurezza di molti edifici scolastici. Si tratterebbe, in definitiva, di restituire gradualmente alla scuola quanto alla stessa sottratto nell’ultimo ventennio con il preciso scopo di assicurare ai nostri ragazzi adeguate condizioni di studio e di relazione e, conseguentemente, l’acquisizione delle competenze necessarie per il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza, innanzitutto, e per la crescita economica e sociale del Paese.

A tal uopo, si auspica che l’amministrazione sappia prevedere uno snellimento dei passaggi burocratici implicati nella progettazione e nella realizzazione di questi interventi, per garantirne una rapida esecutività.

Una riflessione a parte, in questa delicata fase in cui la didattica a distanza è stata l’unica risposta possibile alla necessità insopprimibile di “fare scuola”, attiene alle risorse tecnologiche e informatiche delle nostre scuole e alle competenze digitali dei docenti. Abbiamo assistito a risposte entusiasmanti e piene di creatività da parte di molti docenti e dirigenti scolastici che non solo hanno consentito di non interrompere il rapporto tra gli alunni e la loro scuola (cosa, di per sé, di grande importanza) ma hanno altresì, in molte situazioni, dato luogo a proposte didattiche di indubbia efficacia e fortemente innovative.

E’ peraltro emerso, in piena e a volte drammatica evidenza, ciò di cui già si aveva ampia consapevolezza: da un lato la disparità, a volte anche rilevante, tra ordini di scuola, scuole di territori diversi e anche scuole dello stesso territorio, in termini di dotazioni e di competenze digitali; dall’altro il divario, se possibile ancora più ampio, tra i diversi contesti sociali e famigliari in cui gli alunni si sono trovati ad operare.

Fermo restando che la didattica a distanza è cosa “altra” rispetto alla didattica in presenza, rispetto alla quale mai potrà porsi in forma sostitutiva, ancora di più si evince l’importanza dei linguaggi digitali come strumento della quotidianità didattica, importanza che diventa ancora più evidente nelle fasi di eccezionalità come quella attuale.

Le carenze di dotazioni in alcune situazioni e di competenze tra i docenti in altre (gli insegnanti italiani risultano tra gli ultimi in Europa nelle competenze digitali) stanno incrementando la divaricazione, già intollerabile, tra le diverse zone del Paese e le varie fasce della popolazione scolastica, in genere a ulteriore svantaggio di quelle già maggiormente svantaggiate.

Appare pertanto necessario dare seguito immediato alle misure già avviate con il DPCM dello scorso 17 marzo per dotare tutte le scuole e tutti gli alunni, nessuno escluso, dei supporti digitali utili a sostenere la didattica a distanza, verificando l’adeguatezza delle reti presenti e predisponendo i finanziamenti per la loro manutenzione e la gratuità dei programmi.

Contestualmente risulta altrettanto prioritario promuovere azioni di potenziamento del piano nazionale di formazione digitale avviato dopo l’entrata in vigore della Legge 107/2015, raggiungendo, nessuno escluso, tutti quegli insegnanti che ancora ne risultano sprovvisti, ricorrendo anche a moduli formativi per piccoli gruppi, estremamente operativi, specifici per ordine di scuola ed età degli allievi.

Si fa un gran parlare di scuola in questi giorni, tra le sue molteplici funzioni di ordine sociale e culturale quella che, sulla stampa e nei media, emerge con maggiore insistenza e preoccupazione è relativa alla cosiddetta “assistenza custodiale”: dove lasciare i figli minori, con le scuole chiuse, nella prospettiva di una ripresa più o meno generalizzata dell’attività lavorativa. Si tratta ovviamente di un serio problema sociale che richiede risposte soddisfacenti e tempestive.

Ciò che deve maggiormente preoccupare è tuttavia l’enorme perdita di opportunità formative subita dai nostri alunni, soprattutto più piccoli, in questi lunghi mesi di isolamento familiare. E’ mancata la relazione con i pari e con gli insegnanti, il confronto e il gioco di gruppo, la condivisione delle regole, oltre che, ovviamente, la partecipazione diretta ai percorsi di insegnamento/apprendimento programmati dalla scuola.

Si tratta di perdite gravi che non sarà possibile recuperare se non parzialmente. Proprio per questo appare necessaria una sollecita ripresa dell’attività scolastica, anche nell’ultimo scorcio di questo anno scolastico, se e dove le condizioni sanitarie lo rendessero possibile.

Appare infatti evidente che la ripresa non potrà avvenire alle stesse condizioni di prima: sarà necessario riconsiderare spazi e tempi per evitare situazioni di affollamento, rompere l’unità classe e quindi superare la lezione frontale a favore di attività di gruppo e laboratoriali, considerare l’apporto della didattica a distanza, valorizzare gli spazi esterni e le opportunità formative offerte dal territorio.

“Per creare buone relazioni è fondamentale essere un piccolo gruppo……..le metodologie innovative possono essere praticate con un numero ridotto”. Così in una lettera aperta, Mario Lodi tra i firmatari, diffusa in un convegno ANDIS a Vicchio del Mugello a 40 anni da “Lettera a una professoressa”.

L’impegno è quello di ritrovare, nelle mutate condizioni metodologiche e didattiche le priorità della scuola che, per definizione non può che essere inclusiva, attenta alla diverse necessità degli stili e dei ritmi di apprendimento/ insegnamento che talvolta richiedono rallentamento come hanno spiegato Don Lorenzo Milani, citando le caratteristiche di una cultura contadina lenta, e più tardi il pedagogista Gianfranco Zavalloni che nel suo libro del 2008 “La pedagogia della lumaca” valorizza, tra l’altro, il “… necessario rallentamento mirato e profondo delle metodologie didattiche”.

Fondamentale sarà la revisione del rapporto quantitativo docenti- alunni, superando una volta per tutte il fenomeno del sovraffollamento che ancora penalizza molte delle nostre scuole, tenendo realmente conto degli spazi e procedendo a una revisione contestuale dei criteri per il dimensionamento e per l’assegnazione del personale ATA che considerino il numero ridotto di classi e i problemi connessi alle necessità di sanificazione, vigilanza e prolungata apertura degli edifici.

Attingere, inoltre, alle più significative esperienze pedagogiche in materia di inclusione, potrebbe rappresentare la chiave di volta per concepire diversamente il fare scuola, superando le tradizionali categorie ( BES, DSA) in cui spesso si imbrigliano le specificità di ognuno, valorizzando invece strategie diversificate di apprendimento che promuovano, anche nell’ambito della didattica a distanza, la cooperazione e la capacità di imparare “con e dagli altri” più che mai necessarie in questo momento.

Si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione pedagogica che, laddove scuole ed enti locali fossero disponibili e le condizioni sanitarie lo consentissero, potrebbe costituire già in conclusione di questo anno scolastico e per un numero circoscritto di alunni (coloro, ad esempio, che non hanno fruito della didattica a distanza e necessitano di una più urgente e intensa azione di recupero) un’importante forma di sperimentazione in vista della ripresa generalizzata a settembre.

Le nuove e del tutto inedite condizioni in cui le scuole si troveranno ad operare sia nel prossimo futuro sia in prospettiva più ampia, impongono a tutto il personale della scuola l’impegno massimo nella capacità di prefigurare e realizzare soluzioni innovative e, più in generale, di rinnovare profondamente la propria professionalità; ai dirigenti scolastici, in particolare, faranno capo nuove e ancora più ampie responsabilità. Tutto ciò non potrà non comportare opportuni riconoscimenti e garanzie.

Va inoltre sottolineato che una situazione così particolare e in veloce mutamento si può affrontare solo con l’esercizio pieno dell’autonomia scolastica e, quindi, con il drastico e definitivo ridimensionamento della burocrazia ministeriale e il significativo potenziamento delle strutture di supporto dell’autonomia stessa (middle management, reti di scuole, assistenza legale, ecc).

La ricerca di soluzioni non scontate e in molti casi innovative non può prescindere da un confronto costante con le associazioni professionali della scuola che ne vivono quotidianamente difficoltà e complessità e con le organizzazioni sindacali, per quanto di competenza.

Nell’immediato occorre che sia rapidamente approvato uno strumento che consenta alle autonomie scolastiche di decidere l’organizzazione del lavoro per i docenti e il personale ATA, superando l’attuale rigida scansione degli orari e garantendo adeguamento e stabilizzazione degli organici, ferme restando le indicazioni nazionali vigenti e i livelli essenziali di prestazione.

Al tempo stesso dovrebbero essere sviluppati, diffusi e monitorati a livello nazionale gli elementi essenziali della didattica e della valutazione per competenze, superando l’attuale sistema di classificazione ancora strutturalmente collegato al voto decimale.

Su questi temi l’ANDIS ha già dato nei documenti del Direttivo nazionale e nella recente audizione al Senato, specifici contributi di merito.

La tragedia del coronavirus sta mettendo a dura prova la tenuta e le capacità di resilienza della nostra società e della nostra scuola. Leggere le criticità con intelligenza e coraggio potrà aiutarci non solo ad uscirne più rapidamente ma, forse, anche con una società e una scuola migliori.

Videoconferenza, 14 maggio 2020