Una nuova didattica per la Cartografia

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Una nuova didattica per la Cartografia

di Emilia Sarno* e Lucia Fischetti[1]

Premessa

Gli uomini hanno cercato da sempre di rappresentare il territorio per avere a disposizione mappe utili per muoversi, per viaggiare, o anche per fare la guerra. I Greci e i Romani hanno, ad esempio, redatto mappe e carte, sia pure con errori, basandosi sugli studi di Tolomeo, cartografo del II secolo d.C. La cartografia medievale ripercorre quella antica ma vi aggiunge anche elementi religiosi volendo rappresentare pure la città celeste. Un vero impulso è dato dalla età moderna e in modo specifico nel XVIII secolo, quando si afferma la geografia geodetica, dal momento che quella dei secoli precedenti è considerata empirica. Grazie alla cartografia geodetica sono state messe a punto carte sempre più evolute. Dunque, un sapere antico, ma quale la definizione di carta geografica?

La carta geografica può essere definita come un disegno di una parte o di tutta la superficie terrestre. In modo più preciso la carta geografica è una rappresentazione ridotta, simbolica e approssimatasu un piano dell’intera superficie terrestre o di una sua parte. 

In virtù di tale definizione, essa non può essere considerata una copia fedele e oggettiva dello spazio non solo per le difficoltà tecniche di rappresentarlo, ma anche perché la produzione cartografica è da porre in relazione alla volontà politica ed ideologica di chi la realizza o di chi la commissiona. Tale relativismo deve indurre a considerare la storicizzazione del linguaggio cartografico: ogni carta o mappa è perfettamente attagliata alla temperie storica che la produce. L’attenzione alla storicizzazione consente di conoscere come ogni gruppo sociale abbia utilizzato e utilizzi tale linguaggio secondo le sue modalità e come la carta ne diventi espressione culturale.  Bisogna, quindi, considerare le ragioni e gli orientamenti di chi la elabora, ma nell’ottica della cultura contemporanea che dà molta importanza alla ricezione e al ruolo del destinatario, è da tener presente anche il fruitore delle carte. 

Appare dunque ben chiaro, da questa breve premessa e dai pochi elementi richiamati, come leggere e interpretare le carte geografiche sia un processo complesso e che richiede una didattica efficace per rendere gli alunni di oggi cittadini consapevoli di un linguaggio così importante e anche sconosciuto. Per questi motivi, si vogliono fornire linee guida per un insegnamento/apprendimento della cartografia nella scuola primaria.

Suggestioni e suggerimenti per la didattica della cartografia

Le carte geografiche ci accompagnano fin dai primi anni di vita e le troviamo non soltanto sui libri di geografia o sugli atlanti, ma anche nei giornali, nelle riviste, in Internet, ecc. Ci aiutano a trovare il luogo o il servizio ricercato, ci accompagnano quando ci spostiamo per brevi percorsi o per lunghi viaggi. Sembra, dunque, ovvio che le competenze, riguardanti le carte geografiche proprio per l’utilità che rivestono nella formazione oltre che nella pratica quotidiana, debbano essere acquisite a partire dai primi anni della scuola, altrimenti si rischia di cadere in forme di analfabetismo spaziale. Esse, inoltre, consentono di ottenere direttamente molte conoscenze, le quali, in quanto acquisite con la propria osservazione, si fissano nella mente assai meglio che leggendo un testo, anche per il valido concorso della memoria visiva. 

La cartografia ha trovato largo consenso nei programmi della scuola elementare italiana, ora denominata Primaria, e nel corso del tempo, è stata considerata una disciplina importante. Nelle Indicazioni Nazionali, emanate dal Ministro Profumo nel 2012, si legge, tra l’altro, che gli alunni devono comprendere e leggere il “linguaggio” della geografia, decodificare i vari simboli presenti nelle carte geografiche, sapersi orientare attraverso punti o sistemi di riferimento e saper utilizzare scale di riduzione. 

Per il suo insegnamento è necessario proporre nuove idee, modelli e strategie sperimentali, per trasmettere i progressi della ricerca e le acquisizioni scientifiche, senza, però abbandonare del tutto le metodologie tradizionali e consolidate, che vanno riviste alla luce delle esigenze degli alunni di oggi. Un ambiente d’apprendimento fondamentale e innovativo per la cartografia è appunto il laboratorio di cartografia.

Premesso che ogni attività che coinvolge direttamente lo studente può definirsi laboratorio, si comprende immediatamente come, nel caso della cartografia, siano facilmente individuabili due ambiti di attività laboratoriali usuali: il primo rappresentato dal contatto con l’esterno, la cosiddetta attività sul territorio, dalle visite guidate alle attività di orienteering, alle interviste ecc.; il secondo rappresentato dalle operazioni che si possono attuare al chiuso, all’interno delle strutture  scolastiche. 

Al primo filone appartengono l’osservazione diretta e l’uscita breve.

L’osservazione diretta, attraverso l’uscita didattica in situ, resta un metodo di insegnamento e di apprendimento fondamentale e di altissimo valore formativo nell’ambito dei progetti di lavoro geografico, tanto che sia le Indicazioni per il curricolo del 2007 sia le Indicazioni Nazionali per il curricolo del 2012 invitano a promuovere attività didattiche senza mai abbandonare l’aggancio globale con l’esperienza, punto di partenza per la trasformazione simbolica della realtà. Essa si inserisce nel piano di lavoro scolastico come una lezione vera e propria, che ha come obiettivo fondamentale orientare gli studenti allo studio del territorio. L’uscita didattica influisce positivamente sull’apprendimento, perché, con un metodo d’insegnamento che prevede esperienze di questo tipo, le conoscenze vengono assimilate più facilmente dall’allievo, che può imparare cose nuove in modo divertente. 

Al secondo filone appartengono quei laboratori, svolti nella scuola, che utilizzano attività ludiche o collegati all’uso delle nuove tecnologie. 

Utilizzare il gioco come modalità per imparare costituisce una risorsa importante e al tempo stesso divertente, esso infatti è in grado di associare levità e impegno, perché il gioco non è un esercizio fine a se stesso, ma consente il coinvolgimento partecipato dell’allievo, rendendo interessante un sapere da apprendere in prima persona. Il gioco, inoltre, permette di affrontare la realtà da più punti di vista, per cui si pone come momento metaforico per eccellenza e diventa una pratica comunicativa privilegiata. La didattica ludica può essere particolarmente utile in cartografia, per far acquisire al bambino concetti piuttosto ostici e lontani dalla sua esperienza quotidiana, si pensi ad esempio ai punti cardinali e alle coordinate geografiche[2]

Figura 1 Creazione di un reticolato geografico rudimentale su un palloncino (fonte: la foto è di Lucia Fischetti)

La creazione di un reticolato rudimentale su oggetti sferici può favorire l’acquisizione di conoscenze importanti non solo a scuola, ma anche nella vita, altrettanto vale per i giochi come quello della battaglia navale, dove le navi possono essere sostituite da quadretti identificati con l’indicazione della latitudine e della longitudine. Si può pensare anche a qualche gioco da fare in palestra che richiederà oltre alla conoscenza delle coordinate geografiche e dei punti cardinali anche spostamenti e movimento dei bambini, con l’applicazione pratica di tali concetti, che così non appariranno  solo conoscenze teoriche. Si avrà, così, un apprendimento orientato alla scoperta attiva, attraverso un totale coinvolgimento del corpo e si ovvierà, “almeno in parte, al rischio che anche la didattica contemporanea faccia apparire al bambino la geografia come un sapere distante dal campo della propria esperienza e dalla possibilità di una rielaborazione personale e creativa delle conoscenze”[3]. Il bambino avrà modo così di muoversi e divertirsi, di esprimere in tutta libertà e spontaneità la propria identità e personalità, ma anche di apprendere e verificare concretamente quanto appreso. Il gioco infatti non è fine a se stesso ma stimola le facoltà cognitive, motorie e relazionali e lo aiuta a ragionare sulle strategie e sui processi logici messi in atto, gli insegna il rispetto delle regole diventando lo strumento di una didattica efficace e motivante.

Figura 2 Esperienza ludica in palestra sulle coordinate geografiche

(Fonte: la foto è di Lucia Fischetti)

Una parte delle attività laboratoriali di cartografia deve anche necessariamente prevedere la possibilità della connessione ad internet. Come sottolineato dal MIUR (2012) nelle Indicazioni per il curricolo, tra i traguardi da raggiungere al termine della scuola primaria, con specifico riferimento alla geografia, compare l’acquisizione delle competenze che consentono di ricavare informazioni geografiche da una pluralità di fonti (cartografiche e satellitari, digitali, fotografiche, artistico-letterarie). 

Appare, pertanto, evidente la necessità di una didattica, che, pur rimanendo radicata attorno alle fonti e alle metodologie tradizionali, risulti orientata verso le nuove tecnologie, in modo da introdurre elementi di novità capaci di trasmettere valore aggiunto sia dal punto di vista formativo sia a livello professionale. Oltre alle informazioni da trarre da internet, l’utilizzo dell’atlante digitale può consentire l’esplorazione virtuale di luoghi ed ambienti.

Dunque, sicuramente la lezione sul campo, la didattica ludica e le nuove tecnologie sono di grande aiuto per l’insegnamento/apprendimento della cartografia. Tuttavia, si vuole richiamare in questa sefe 

 il modello basato sull’EAS, ossia la didattica per Episodi di Apprendimento Situato, che va ad arricchire il panorama delle metodologie, per chi si approccia all’insegnamento delle classi “generazione web”. 

Tale approccio è stato teorizzato da Pier Cesare Rivoltella, docente alla Cattolica di Milano e autore di Fare didattica con gli EAS. Episodi di apprendimento situati (2013) in cui spiega i fondamenti epistemologici e costruttivi della “nuova” didattica.  Egli definisce l’EAS come “una porzione di azione didattica, un’unità minima di cui consta l’agire didattico dell’insegnante in contesto”[4].

Articolato in tre fasi, la prima è definita fase preparatoria: tramite un brainstorming l’insegnante introduce i bambini ad una nuova attività stimolando la loro curiosità e accertandosi che siano pronti ad affrontare l’argomento.

È una vera e propria consegna che viene fornita alla classe (di solito in modalità flipped, da svolgere a casa) con lo scopo di favorire il recupero, rinforzare i prerequisiti, focalizzare l’attenzione sull’oggetto didattico e familiarizzare con il lessico che verrà utilizzato. Tale consegna può consistere in un video da guardare che richiami gli elementi essenziali delle carte geografiche o ne approfondisca il tema. Il video può contenere ad intervalli regolari, delle domande su quanto visto e ascoltato fino a quel momento per verificare che gli argomenti siano stati compresi. Grazie al video l’EAS conquista i bambini sin da subito, presentando contemporaneamente differenti modelli di comunicazione, uditiva e visiva, utilizzando diversi registri (testo, suono, immagini) che permettono di aumentare l’accessibilità e la profondità della comprensione, di organizzare le conoscenze rafforzandone la memorizzazione. 

La seconda, fase operatoria, è dedicata oltre che al lavoro collettivo della classe e al controllo operato dall’insegnante, alla trasformazione delle conoscenze acquisite in competenze, la classe svolge una microattività individuale o di gruppo nella quale, ad esempio, produce un collage delle principali informazioni necessarie per decodificare una mappa. Per il lavoro collettivo si può utilizzare il compito di realtà: la realizzazione di una carta geografica di un luogo conosciuto sulla base dei dati e delle informazioni fornite dai singoli bambini ad altri, permetterà di utilizzare conoscenze e abilità già acquisite e di trasferirle in contesti e ambiti diversi da quelli resi familiari dalla pratica didattica. I bambini potranno essere divisi a coppie e uno descriverà verbalmente l’ambiente proposto, mentre l’altro stenderà la carta sulla base dei dati e delle informazioni. Questa nuova prospettiva dell’insegnamento si lega a un modo di vedere il lavoro del maestro e il ruolo dell’alunno con le rispettive competenze completamente diverso da quello canonico, ma legato all’idea dell’imparare dall’esperienza.

La terza fase, definita ristrutturativa, dedicata all’autovalutazione degli alunni e alla valutazione dell’insegnante, permette ai bambini e agli insegnanti di riflettere e ripensare il lavoro svolto attraverso la compilazione di una griglia da parte dei bambini e di una rubrica valutativa da parte dell’insegnante: gli alunni possono rivedere il proprio percorso per capire che cosa hanno imparato e quali incertezze permangano; la valutazione dell’insegnante, invece, consente il riesame critico del progetto educativo-didattico nonché l’accertamento della validità e dell’efficacia delle strategie messe in atto per il conseguimento degli obiettivi prefissati. In particolare l’autovalutazione degli alunni riveste un ruolo centrale in quest’attività che attribuisce un ruolo primario a chi impara ed è centrata sullo studente e sul suo apprendimento piuttosto che sulla disciplina e sul suo insegnamento.

Si può pensare di inserire l’EAS al termine di un percorso sulla carta geografica e utilizzarlo per recuperare e rinforzare i contenuti già posseduti, mettendo insieme innovazione tecnologica e centralità dell’insegnante: l’insegnante sarà una risorsa, avrà un ruolo propositivo e di negoziatore, mentre il discente metterà in gioco autonomia e responsabilità, diventando parte attiva del processo di apprendimento. In tal modo, la cartografia diventa una scoperta interessante per gli alunni e non certamente un sapere ostico e astratto.

Attività di questo tipo, inoltre, favoriscono anche la collaborazione tra compagni, l’acquisizione di competenze comunicative, il miglioramento delle capacità di ascolto ed intervento nelle discussioni, ma soprattutto potenziano, in tutti gli alunni, la motivazione all’apprendimento e il desiderio di proseguire con esperienze analoghe. 

* Dipartimento di Scienze Giuridiche ed Economiche, Università Telematica Pegaso email: emilia.sarno@unipegaso.it


[1] Il primo paragrafo è da attribuirsi ad Emilia Sarno, il secondo a Lucia Fischetti

[2] Cfr. Sarno E., Didattiche della geografia, Psiche e Aurora, Frosinone, 2015.

[3] Cfr. Giorda C., La geografia nella scuola primaria. Contenuti, strumenti, didattica, Carocci, Roma, 2006, p. 98.  

[4] Rivoltella P. C., Garavaglia A.; Ferrari S.; Carenzio A.; Bricchetto E.; Petti L.; Triacca S., Fare didattica con gli EAS. Episodi di Apprendimento Situato, La Scuola, Brescia, 2013, p. 52