Precari, il Governo non molla: mancano i soldi, no alle assunzioni automatiche

da Tecnica della Scuola

Precari, il Governo non molla: mancano i soldi, no alle assunzioni automatiche
di A.G.
Mentre sembra slittare l’accordo quadro per definire nuove regole, la Funzione Pubblica apre al riconoscimento del servizio non di ruolo per i concorsi: pronto un emendamento nella legge di stabilità. Finalmente dati realistici sui supplenti della scuola: 135mila. Oltre la metà di tutti quelli del pubblico impiego.
Per i precari della pubblica amministrazione sembra aprirsi qualche spiraglio: nel secondo incontro sul tavolo sul precariato tenuto il 28 novembre presso il ministero della Funzione Pubblica, alla presenza dei sindacati, dai rappresentanti del Governo sono stati finalmente diffusi dei dati decisamente più corposi e realistici, rispetto a quelli emessi qualche giorno fa e contestati dalla Cgil, sul personale non di ruolo oggi in servizio con un contratto di tipo statale: si tratta di circa 250 mila lavoratori. Un numero altissimo, che prevede, come minimo, una misura “tampone”.
Una misura che si tradurrà in una proroga in grado di superare le scadenze immediate dei contratti precari, con una norma che verrà inserita nella legge di stabilità. A riferirlo Antonio Naddeo, capo dipartimento del ministero della Funzione Pubblica. Certo, non tutti i contratti (come quelli della scuola) sono in scadenza a dicembre, ma una buona fetta si concludono a fine anno e la soluzione “tampone” prevederebbe una proroga fino al 31 luglio del 2013. In questo modo ci sarebbe il tempo necessario per un accordo quadro definitivo sul tema. Una cosa, comunque, è certa: si parla di proroga dei contratti e non di assunzioni a titolo definitivo. Il Governo è stato chiaro: i soldi non ci sono. Questi i numeri ufficiali sul fenomeno del lavoro flessibile, secondo gli ultimi conti della Ragioneria Generale dello Stato, forniti oggi da Naddeo: i precari sono 135 mila nella scuola, 14.800 nello Stato (di questi 3.600 solo per i vigili del fuoco), in Sanità 35.194, in regioni e enti locali 52.098 mentre nelle regioni a statuto speciale sono 12.760. Con la proroga, riferisce Naddeo, “non abbiamo più la ghigliottina per definire l’accordo quadro”. La misura, secondo quanto riferiscono i sindacati, dovrebbe essere sul tavolo del Cdm venerdì 30 novembre e formalizzata eventualmente ai sindacati in un nuovo incontro convocato per lunedì 3 dicembre. Sempre attraverso un emendamento alla legge di stabilità, si starebbe inoltre studiando un’altra misura in grado di permettere nei concorsi pubblici di valutare l’anzianità di servizio come lavoratore precario. Per la Cgil è “un risultato positivo e utile frutto della nostra iniziativa. In attesa di leggere il testo della ‘proroga’ e dell’accordo quadro – dice Michele Gentile, responsabile Settori pubblici della Cgil Nazionale – salutiamo questo come un risultato positivo e utile, frutto della nostra iniziativa, che permette di costruire un percorso che per quanto ci riguarda prevede la stabilità dei precari della Pa”.
Critica, invece, la Usb Scuola, presente al tavolo attraverso l’USB P.I.: il sindacato di base ha spiegato di aver “dato il suo assenso alla proposta di proroga per i contratti in scadenza a patto che questa riguardi tutti i precari per i quali ci sono difficoltà di rinnovo. Assolutamente insufficiente è apparsa invece l’ipotesi di riconoscimento nei concorsi pubblici del servizio prestato. Per l’USB P.I. il precariato è un problema politico e necessità di una soluzione politica, pertanto l’accordo quadro all’ARAN non è in grado di dare reali risposte ai lavoratori precari della P.A”.
Per L’USB P.I. l’obiettivo da raggiungere è solo uno: i precari del pubblico impiego sono “lavoratori essenziali per il funzionamento delle Amministrazioni e per l’erogazione dei servizi ai cittadini e che l’unica soluzione definitiva al problema può essere soltanto la stabilizzazione”. Che però da questo Governo non potrà certo arrivare. E nemmeno dai successivi, probabilmente, vista la difficile situazione economica in cui versa il Paese.