Prima la scuola pubblica

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da la Repubblica

Corrado Augias

Solo pochi giorni fa abbiamo pianto la perdita del professor Franco Cordero, carattere aspro, vasta sapienza, grande mente illuminata. Caratteristiche che determinarono, negli anni Sessanta, il suo allontanamento dall’università Cattolica di Milano: le sue idee non si conciliavano con i dogmi della Chiesa. Non è il solo caso.

Anche il filosofo Emanuele Severino – scomparso nel gennaio scorso – venne cacciato pochi anni dopo Cordero, processato dall’ex Sant’Uffizio che sentenziò l’insanabile opposizione tra il suo pensiero e il cristianesimo. Stessa sorte ha avuto Luigi Lombardi Vallauri, filosofo del diritto con cattedra a Firenze e all’Università del Sacro Cuore.

Nel 1996, dopo vent’anni d’insegnamento venne espulso dall’ateneo cattolico. Il ricorso al Consiglio di Stato venne rigettato con la motivazione che i giudici non potevano sindacare, a norma di Concordato, la decisione della Chiesa. La lesione del suo diritto venne invece riconosciuta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che condannò l’Italia per aver violato la libertà d’espressione di un insegnante e il suo diritto a un giusto processo.

Richiamo i precedenti perché s’è di nuovo affacciata la vecchia questione delle scuole paritarie che, dopo il flagello del Covid 19, chiedono l’aiuto finanziario dello Stato. Più precisamente chiedono detrazioni fiscali per pagare le costose rette delle scuole paritarie (in maggioranza cattoliche) mentre le scuole pubbliche sono giustamente semi-gratuite.

Parliamo di scuole medie, sia chiaro, non di università. I precedenti citati calzano però ugualmente per una ragione stabilita in Costituzione all’articolo 33 che detta: «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Un professore di storia in un liceo che, in buona e informata coscienza, insegnasse che Gesù aveva quattro fratelli e alcune sorelle, come scritto nei vangeli, rischierebbe il licenziamento perché il dogma vuole Gesù figlio unigenito.

Ecco un ostacolo a considerare le scuole paritarie in linea con il dettato costituzionale che disegna la laicità della Repubblica. La richiesta di un finanziamento pubblico permanente si scontra però anche con un altro comma del medesimo articolo: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». La legge, nel fissare diritti ed obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, garantisce piena libertà ed un trattamento definito “equipollente” per gli alunni.

Equipollente significa: “Di egual valore ed efficacia” (Devoto-Oli), altro non c’è.

Nei fatti la norma “senza oneri per lo Stato” non ha quasi mai trovato completa attuazione.

In un modo o in un altro vari governi sono intervenuti ad esempio per aiutare scuole paritarie in difficoltà o per finanziare la creazione di istituti privati dove mancava una scuola pubblica. È in base a questi precedenti si torna ora ad avanzare la richiesta di un finanziamento statale. Una valutazione equilibrata deve riconoscere che, nella pioggia di aiuti del “decretone” a partite Iva, avvocati, artigiani e varie altre categorie, possano rientrare anche le scuole paritarie. Il provvedimento ha stanziato per la scuola la somma complessiva di 1,5 miliardi (a fronte dei 3 gettati nella fornace Alitalia) la maggior parte legittimamente destinata alle scuole di Stato. Gli istituti paritari, se organizzati seriamente, possono svolgere un’azione benemerita ma l’aiuto dello Stato non può che avere carattere temporaneo. Il che è molto diverso dal tentativo di cogliere la drammatica situazione sanitaria per strappare un riconoscimento permanente. Le norme della Costituzione, soprattutto quando riguardano principi di fondo, possono essere interpretate in maniera benevolmente estensiva ma in nessun caso possono essere ignorate.