Scuola, i sindacati bocciano l’intesa “A settembre 200mila precari”

da la Repubblica

Corrado Zunino

L’accordo della notte piace a pochi nella scuola, e a nessun sindacato. Mette in chiaro un dubbio che fin qui era corso di istituto in istituto: a metà settembre si aprirà l’anno scolastico 2020-2021 con un quarto dei docenti precari. Duecentomila, almeno. Sarebbe un primato. L’accordo ne aggiunge alla quota attuale altri 32 mila.

Dice Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil: «Ci troveremo di fronte a una nuova stagione con oltre duecentomila cattedre scoperte, l’avvicendamento di supplenti, nuove difficoltà per famiglie e alunni. L’accordo raggiunto non snellisce la procedura perché sostituisce il quiz a crocette all’ingresso con una prova scritta all’uscita a cui poi seguiranno formazione e prova orale selettiva. Il risultato è che i tempi del concorso si allungheranno quando il Paese ha bisogno di un sistema che sia davvero in grado di recuperare il debito maturato nei confronti degli studenti. Senza tutti i docenti in cattedra a settembre, l’avvio scolastico sarà in salita».

Cinquemila precari resteranno tali, però in cattedra, in Lombardia. Tremila in Friuli. Sono i primi calcoli del sindacato. I trentaduemila in tutta Italia, per questo primo concorso straordinario, saranno a disposizione dal primo settembre, direttamente prelevati dalle Graduatorie di istituto. Resteranno, tuttavia, ancora supplenti e dovranno, quando la situazione clinica lo renderà possibile, affrontare una selezione in uscita con un testo scritto, quindi iniziare l’anno di formazione e concludere tutto la prossima estate con una prova orale (colloquio che, comunque, in passato ha promosso il 99,81 per cento dei candidati).

Non ci sono ancora le carte su questo percorso, bisogna fidarsi della versione narrata in videoconferenza dal premier Conte domenica sera alle 23. «Potranno essere assunti con retrodatazione», dice ora la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che ha visto il presidente del Consiglio cambiare posizione nell’arco di tre giorni portandola a cedere sul “concorso in estate e a crocette”. Ora Matteo Orfini, deputato del Pd, le ricorda che il compromesso notturno non è ancora legge: «Alla ministra suggerirei di passare al Senato, il presunto accordo è lontano dall’essere raggiunto. Ma proprio molto lontanto ». Gli stessi firmatari dell’emendamento- tagliola di Pd e Leu chiedono certezze sui tempi e la difficoltà della prova scritta. Servono 24 ore per togliere questa mina dai rapporti di maggioranza e l’intero Decreto scuola andrà approvato entro il 7 giugno.

Dicevamo i sindacati. «Ancora una volta la politica sta decidendo senza valutare la fattibilità», dice Maddalena Gissi, segretaria della Cisl scuola: «Oggi è più che mai evidente che la scuola è parte di una scacchiera politica e degli equilibri di partito, non certo il centro delle scelte per il futuro di questo Paese». Più esplicito Pino Turi, Uil: «È stata la notte dei lunghi coltelli, siamo pronti a scioperare. Così stiamo alimentando il precariato. Il prossimo anno ci saranno trentamila pensionamenti e le trentaduemila assunzioni sono spalmate, ricordo, su tre stagioni».

I social portano vento a queste critiche. Sotto i profili della ministra — sottoposta, tra l’altro, ad attacchi sessisti da parte di docenti — e del capogruppo al Senato del Pd, Andrea Marcucci, i precari commentano delusi: «Una soluzione democristiana… Senza un canale abilitante in uscita che conduca al ruolo le cose peggioreranno…».

Il comitato di esperti per la ripartenza a settembre, in queste ore, sta rifinendo il lavoro da consegnare alla ministra dell’Istruzione. Prevede la possibilità dell’ora di lezione trasformata in 45 minuti. La task force indica la necessità di insegnamenti in classe dall’infanzia alla terza media. Per le superiori si ripartirà con classi divise in gruppi che alterneranno didattica a distanza a quella in presenza. Ancora, lezioni nei parchi e nei giardini, oratori messi in sicurezza. «Molto sarà nelle mani dei dirigenti scolastici sui territori», dice Amanda Ferrario, componente della task force e preside a Busto Arsizio: «Serviranno accordi con le società di trasporto pubblico, gli enti locali e il Terzo settore».