Si tratta di comprendere…

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Non si tratta di ridere o di piangere, si tratta di comprendere…

di Maria Grazia Carnazzola

1. Per iniziare

Ho preso a prestito, per il titolo, una frase dell’Etica di Spinoza; mi pare serva, a mo’ di fil rouge, per provare a capire quello che sta succedendo nel nostro Paese e nella Scuola in particolare.

Pochi giorni fa mi è capitato di leggere, a proposito delle vicende degli ultimi mesi- chiusura delle scuole, scrutini e valutazioni, esami finali del primo e del secondo ciclo di istruzione…. “È impossibile valutare se tale misura abbia o no salvato vite umane. Di sicuro ha accoppato la credibilità del sistema scolastico italiano e lascia presagire un anno scolastico 2020-2021 all’insegna del caos”. Mi auguro che l’autore, al quale chiedo venia per non aver annotato il nome, si sbagli perché perdere la scuola significa perdere il futuro del Paese. Ma qualche dubbio lo nutro anch’io. Le vicende legate alla pandemia Covid-19 hanno contribuito a portare in evidenza i limiti e i problemi del Paese e delle istituzioni, Scuola compresa. L’assoluta mancanza di un Progetto che preveda azioni coerenti e finalizzate con gli scenari che andrebbero disegnati per uno dei pilastri della formazione dei giovani e del futuro del Paese, la Scuola, è sotto gli occhi di tutti. Questa che stiamo vivendo non è una crisi personale, esistenziale, è la crisi di un mondo, di un’epoca e tocca a ciascuno di noi prendere coscienza della situazione e decidere senza differimenti, anche senza aspettare i rimpalli da un DPCM all’altro. Servono coscienze critiche e solo la scuola può andare volutamente, istituzionalmente in questa direzione.

2. L’esame di realtà… e la scuola

Freud riteneva che l’esame di realtà fosse una “tra le grandi funzioni dell’io” che consente di distinguere tra gli stimoli provenienti dal mondo esterno e quelli provenienti dal mondo interno, evitando la confusione tra percezione di eventi ed oggetti esterni e la loro rappresentazione, su cui possono incidere maggiormente credenze o desideri; se i due livelli si sovrappongono abbiamo il fallimento dell’esame di realtà e, nelle situazioni personali, si verificano allucinazioni o deliri. Per la Scuola, in questo momento “esame di realtà” significa avere il coraggio di guardare le cose per come sono, di fare i conti con i fatti.

Sembra che i vari provvedimenti legislativi, le informazioni che arrivano da fonti ufficiali e non, manchino di un preliminare esame di realtà, perciò vi troviamo le affermazioni più disparate e il loro contrario. Si naviga a vista e, forse, sarebbe più utile un portulano. La percezione della realtà: le scuole- docenti, alunni, famiglie, dirigenti- paiono scomparire nella rappresentazione che qualcuno se ne fa nei vari documenti o nell’annuncio dei documenti, ma chi a scuola ci lavora, lo fa sui fatti concreti, sull’essere qui ed ora, non sul “potrebbe essere”.

C’è bisogno che chi è al governo parli chiaro e per tempo; ogni decisione, qualunque essa sia, ricade sui cittadini che non sono sudditi e neppure regnicoli e men che meno automi con una chiavetta sulla schiena.

I cittadini hanno bisogno di sapere per tempo come si svolgeranno le cose, perché su questa ipotesi organizzano il lavoro, la famiglia, pianificano la propria vita. Sembra si sia dimenticato che in ogni evento della realtà, dove la quotidianità fa incontrare il reale con l’ideale avrebbe detto Peirce, c’è un prima e c’è un dopo, c’è un fondamentale e un accessorio. Paradossalmente sappiamo dove potremo andare in vacanza, ma non sappiamo ancora, con assoluta certezza, come si chiuderà questo anno scolastico tormentato e come aprirà il prossimo.

E in tutto questo l’apprendimento sembra scomparso, annullato da innovative “didattiche a distanza”, da tecnologie che sembrano di per sé motivanti, da verifiche che rilevano conoscenze dichiarative quando va bene; e se anche tutto questo si potesse configurare come insegnamento- dove la relazione si riduce agli aspetti tecnico-strumentali- il problema rimane, perchè sappiamo tutti che l’apprendimento non è simmetrico all’insegnamento: risponde ad altre logiche, utilizza strategie che solo in parte possono essere insegnate, non può essere considerato solo un comportamento guidato da regole insegnate, ha bisogno di discussione, di rielaborazione e di riflessione. L’insegnamento a distanza “innovativo”, se l’innovazione diventa sinonimo di tecnologia, che effetti “diversi” produce? Lo verificheremo in sede di scrutinio e di esame, dove gli allievi saranno valutati con gli stessi criteri che si erano costruiti per l’azione di insegnamento/apprendimento in presenza. Non so se questo è scuola, neanche noi adulti reggiamo la formazione a distanza, lo vedo ora nei percorsi con i docenti nell’anno di prova.

E ancora, un’alleanza pedagogico-politica per la costruzione di un patto sociale che realizzi il progetto per il futuro delle giovani generazioni è possibile? Se la priorità della politica è la tenuta del Governo, le vicende del Consiglio dei Ministri ultime ma non solo, la dicono lunga sulla considerazione di cui gode la scuola. Del resto non è una cosa nuova. Terenzio Mamiani, nel discorso al Senato del 9 giugno 1873, ebbe a dire “Mi ricordo che il conte di Cavour compiacevasi di dirmi che, quando vedeva la corrente politica un poco veemente, metteva sempre su qualcuno per proporre una legge sulla P.I. Allora i partiti si scindevano e battagliavano per molti giorni e la politica riposava”. Tutto bene, dunque.

Si potrebbe obiettare che siamo in un contesto di “urgenza”, ma anche in contesti di urgenza bisognerebbe mantenere la lucidità per chiedersi qual è l’oggetto della norma, delle azioni di governo: se è il contenuto delle disposizioni o è l’allievo. Altrimenti non si capisce dove stia l’aspetto di “cura” dell’insegnamento, su cui si pongono cospicui investimenti. Se le due sfere si dissociano, non sappiamo quale sarà il prezzo da pagare.

I quattro pilastri dell’apprendimento, ricorda Dehaene sono l’attenzione, l’impegno attivo, il segnale di errore e di sorpresa, il consolidamento. Come questi aspetti possono essere accolti e gestiti nell’istruzione a distanza o con modalità mista, per i piccoli e per i grandi, bisognerà prefigurarlo. Questo è uno dei passaggi che andrà affrontato. Per tempo e con coerente chiarezza.

3. Gli esami e lo specifico della Scuola

Confesso la mia difficoltà a pensare un mondo senza scuola, dove la scuola non è più motivo di interesse o di preoccupazione. Ma anche a pensare a una scuola senza standard di organizzazione, di gestione, di promozione umana. Una scuola finzione frutto di una politica finzione e di una scienza finzione che ha di fatto escluso dalle attività gli allievi delle fasce di utenza più fragili per motivi sociali, economici, personali. La vita dei milioni di bambini e di ragazzi non sarà una finzione. C’è una comunicazione, o meglio un’informazione, che non fa bene a nessuno: quella che mischia dichiarazioni di intenzioni con brogliacci e bozze di atti ed esternazioni varie. Prendiamo ad esempio l’esame di Stato a conclusione della scuola superiore. Abbiamo ascoltato discorsi che hanno fatto un pasticcio tra intenzioni, pratiche consolidate, innovazioni che non innovano e aspetti di prevenzione e di sicurezza: di fatto, se leggiamo l’OM.n.16/16.5.2020 e la confrontiamo con l’OM. n. 205/2019 vediamo che in gran parte si sovrappongono per come disciplinano la conduzione del colloquio e la sua strutturazione, come testimonia anche la griglia di valutazione della prova orale, all.B al documento del 16 maggio u.s.

Se un esame non è qualcosa di astratto di cui si racconterà, ma è un passaggio importante nella vita di tutti, come anche il Ministro ha sostenuto, dovrebbe essere ricordato anche per la serietà e la fondatezza dello svolgersi, delle regole da rispettare in relazione alle finalità e non solo ai mezzi e agli strumenti utilizzati. Saranno probabilmente proprio i ragazzi che sosterranno l’esame con questa modalità a non andarne particolarmente fieri. Lo scenario disegnato per l’esame di Stato deve essere conosciuto e compreso per potersi posizionare dentro il quadro/contesto/ modalità dello svolgimento.

4. Per concludere
Penso che la cultura, che è cosa diversa dalla mezza cultura veicolata dai media, passi in modo sistematico solo attraverso la scuola e le discipline di insegnamento che dovrebbero condurre a ragionare in modo rigoroso, “scientifico”, perchè non si confondano le conseguenze con lo scopo. La crisi, ad esempio, non è il Covid-19, ma sono le risposte che abbiamo dato, non è la malattia ma sono le decisioni che sono state prese per fronteggiarla.

È evidente che l’urgenza delle decisioni può portare a scelte che, quando si può riflettere con calma, appaiono illogiche e controproducenti. Una riflessione sulla differenza tra panico e paura dovremmo farla tutti. Ecco allora la necessità di investire su un progetto che permetta di capitalizzare questa esperienza. La scuola in questo momento è fragilissima, ma può contribuire a sostenere la Comunità promuovendo competenze di cittadinanza che si fondano sulla condivisione: questa è resilienza. La distanza fisica in questo momento è necessaria, ma non necessariamente deve diventare distanziamento sociale. Le consuetudini sociali invecchiano, i processi formativi invecchiano e vanno rivivificati con rispetto per la libertà, l’intelligenza e la democrazia che, prima di essere un sistema di governo è la possibilità di affidarsi a persone che godono di credibilità e di reputazione. La scuola, dicevo, in questo momento è fragile, sono riemersi tutti insieme i tanti problemi non risolti: il precariato, i concorsi, la meritocrazia, l’autonomia…

Per affrontarli e “mettere ordine”, servono persone che, al di là dei pregi personali, abbiano i requisiti, gli strumenti, lo spessore e- anche qui- la reputazione necessari.